CAPITOLO 5

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Lei, "una impertinente"
lui, futuro generale.

Keiran...

Non ci credevo.

Ce l'aveva ancora. Non l'aveva buttata o bruciata. L'aveva tenuta stretta, sperando di ritrovarmi e darmi le sue.

Pensavo che dopo quella litigata mi avrebbe rimosso dalla sua vita.

Involontariamente mi trovai a quel giorno di dieci anni fa.

«Dai Nora! E ridi un po'!» disse quel ragazzino che la prendeva sempre in giro. «Federico, smettila» gli disse, «non sto ai tuoi ordini. In più agli ordini di una donna.» mi arrivò il sangue al cervello «ascolta, Federico, perché non te ne vai?» chiese Kallias spazientito, ma io lo ero di più. Tirai un pugno in faccia a Federico. Goccioline iniziavano a cadere dal cielo.

«Keiran! Sei impazzito!?» tenevo la testa china per guardare il ragazzo a terra, mentre Clara cercava di trascinarmi indietro.

«Fottiti» mi disse, spinsi via Clara di poco e con poca forza. Mi misi a cavalcioni su di lui e lo presi dal colletto della maglia sgualcita.

«Non parlare così a Nora. Non azzardarti a dirmi "fottiti" un'altra volta, che poi finisce che raggiungi i tuoi genitori.» ci fu un sussulto generale. Lui abbassò la testa, sussurrò uno "scusa" biascicato e scivolò da sotto di me.

Uno schiocco risuonò per il giardinetto. La mia guancia era diventata rossa.

«Non crederti chissà chi!» Nora mi aveva sdraiato e cercava di colpirmi con l'arma. La terra era già zuppa.

Lei sopra di me, le bloccavo i polsi in modo tale che lo stiletto non trapassasse la mia testa, aveva gli occhi pieni di lacrime e rabbia, i capelli più corti del fiato. «Non crederti chissà chi! Ti odio, ti odio! Keiran, non ti sopporto più! Sei la persona più orribile di questo pianeta!» mi fece male al cuore, quel giorno. «Mi odi? Dimostramelo, Nora. Su forza, mostrami quanto mi odi» le lasciai i polsi, che erano subito ricaduti sulla terra bagnata. «Tu non mi odi.» affermai, lei mi iniziò a tirare pugni sul petto per poi essere portata via da Axel e andare dal nostro gruppo. Fu l'ultimo giorno in cui parlammo.

Mentre la mia mente viaggiava, galoppavo sul cavallo di Atlas, il più veloce, fino ad arrivare alla capitale poco prima dell'alba.

Prima di entrare nel paese mi misi il mantello verde, che mi coprì il capelli e mi oscurò gli occhi.

Per mia fortuna, mi ricordavo perfettamente le strade di paese. La capitale era illuminata dalle casa, da chi se ne usciva per andare a coltivare o andare in fabbrica, altre che rientravano dopo aver fatto serata al pub. Dovevo stare attento. Passai davanti casa di Axel, poi mi fermai qualche metro più avanti, ovvero davanti casa di Clara, misi la lettera nella buca, mi girai ma mi ritrovai una ragazza davanti a me.

«Chi sei?» mi chiese, con le braccia sui fianchi

Aveva gli occhi verdi e i capelli scuri ma non quanto i miei ed erano lisci. Era truccata, ma non troppo, il vestito gonfio verde gli calzava a pennello. Era bellissima, ma non mi fece effetto.

«Ti ho chiesto chi sei.»

«Salve signorina, sono un messaggero, mi hanno detto di venire qui. Ho eseguito gli ordini.»

«Un messaggero con così tante cicatrici?» mi studiò girandomi intorno.

«Non le ha mai viste su qualcuno?» chiesi con tono di sfida.

«Sa una cosa? Mi ricorda proprio un mio amico. Aveva il vostro stesso tono di sfida, per me se vi incontraste vi stareste molto simpatici.» affermò. Salutai e salì in groppa al cavallo, per poi andare verso il parco alla velocità della luce. Lo superai e proseguì un'altro po', arrivando a casa di Nora. Saltai giù dal cavallo proprio sotto l'albero di ciliegio in fiore nel suo giardino, mi arrampicai su esso, aprì la finestra entrando nella camera di Nora.

Era uguale a come me la ricordavo. Mi buttai sulla scrivania, e aprì il cassetto, trovando più o meno una decina di lettere per me, le presi e scesi dall'albero, trovandomi di nuovo la ragazza di prima.

«Che ci fai qui!?» gridai a denti stretti.

«Non lo so, dimmelo tu. Cosa ci fai qui?» era a braccia conserte.

«Dovevo prendere delle lettere» ammisi.

«Dov'è lei?» mi chiese.

«Lei chi?» feci il finto tonto.

«Keiran, hai il cappuccio abbassato, e la cicatrice sul labbro è la conferma che sei tu. Dov'eri finito!?» mi tirai su il cappuccio, sarà caduto quando percorrevo la strada del parco.

«Sta bene.» non dissi niente altro.

Salì sul cavallo.

«Dove vai?»

«Dove sono stato per dieci anni.»

«Vengo con te.»

«No, non puoi. Se sarà necessario ti verrò a prendere.» guardai il cielo, era rosa e arancione. Dovevo partire. «Salutami Axel, buona fortuna in tutto. Ci vediamo.» neanche il tempo di spiccare parola che partì.

***

Era pieno pomeriggio e arrivai alla baita.

Nora si stava allenando con lo stiletto, mentre Atlas gli parlava di qualcosa.

«Non ci posso credere che non vi siete neanche dato un bacio!» esclamò lui.

«Ma è colpa mia scusa? Lui è l'uomo, mica io!» ribatté. Mi iniziai a interessarmi alla conversazione.

«Che c'entra? Visto che sono uomo dovrei fare io il primo passo con Kallias, eppure poco fa mi hai detto che lo doveva fare lui!»

«Perché siete entrambi maschi e tu ti fai mettere i piedi in testa, te l'ho già spiegato, tu verrai portato all'altare, mentre lui ti aspetterà lì.»

È possibile che era perfetta anche quando era sudata? A quanto pare sì.

«Keiran! Ti è arrivata una lettera!» mi gridò Kallias dalla finestra, annuì e entrai sotto gli sguardi di Nora e Atlas.

Presi la lettera sul tavolo.

"13/03/1880

Avete due settimane per trovarla, chiaro? Bene.

Poi tornate immediatamente.

-Generale Coez"

«Fra quanto deciderai di fare la prima mossa?» chiesi dal nulla.

«Non lo so. Tu fra quanto le massacrai le labbra? Eh?» sorrisi, ma non risposi.

Il Fiore Che Ci UnisceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora