CAPITOLO 1

4 1 0
                                    

La quiete prima
della tempesta.

Nora..

«il tè era ottimo» affermò Axel al cameriere che passava a riprendere le tazze.

«concordo. L'aroma del Fiore è magnifico» continuò Clara. «non è così, Nora?» caddi dalle nuvole.

«ah? Sisì, veramente buono» sorrisi al ragazzo che riprendeva la tazza ormai vuota, e lui accennò un po' di rossore.

Dopo che se ne andò, mi beccai una grossa sgridata da Clara:
«ma perché ti crei tutti i tuoi mondi immaginari tra le nuvole!? Non puoi stare attenta!? In più hai fatto colpo sul cameriere figo!»

Axel ridacchiava sotto i baffi che non aveva.

«ma che ti ridi?» «HEY!» scoppiammo in una risata generale

«signorine, signorino, a voi il totale.» il cameriere mi fece l'occhiolino. Presi lo scontrino appoggiato sul vassoio, e in grande c'era scritto "offerto dalla casa". Io ringraziai con un sorriso timido e così anche Clara, mentre Axel voleva pagare lo stesso ma il ragazzo non glielo concesse.

***

«ma tu sei scemo. Ma puoi dire al cameriere figo che ci ha offerto il thè, che vuoi pagare lo stesso?»
Erano passati un paio di minuti che eravamo usciti dalla bottega e anche da un paio di minuti che Clara continuava a sgridare il povero Axel, mentre continuavamo a camminare insieme. «scusami? Vi volevo offrire il thé! Lo avreste avuto comunque gratis» si difese «sì, lo so! Ma offerto dal cameriere figo è meglio!» passammo davanti alle altalene vuote, mi ero incanta, fermandomi in mezzo al viale.
«Nora tu con chi concordi?» Mi chiesero all'unisono, e io caddi dalle nuvole.

«eh?»

«DAI NORA!» cantarono come in un coro. «ma può essere mai che ti perdi sempre? Ora mi tocca sgridare pure a te» non ascoltai una cefala di quello che mi disse dopo, ero troppo presa nel pensare a quelle altalene.

Chissà che cosa stava facendo...

«ma almeno l'ha stai ascoltando?» mi sussurrò Axel «figurati, ho perso il filo» gli risposi sempre sussurrando.

«Eccola! È lei!» dei ragazzi a cavallo mi puntarono, e mi galopparono fino da me. «Nora Fill. O meglio: Nora Gate... deve venire con noi.»
«assolutamente no, -m'imposi- io sono Nora Fill, ma non so chi sia Nora Gate. Mi dispiace.» risposi scontenta. «mi dica di più... Non costringerci a usare la forza.» Un ragazzo saltò giù da cavallo, avvicinandosi fin troppo.

Era affascinante.
Avrà avuto poco più della mia età, i capelli neri portati in dietro, mentre un boccolo ribelle ricadeva sull'occhio smeraldo. Una cicatrice sullo zigomo faceva diventare il viso ancora più affilato di quanto lo era già. L'armatura aveva inciso la stessa scritta del mio stiletto, c'erano anche lì delle rifiniture azzurre per ricordare il Fiore, una guardia reale.

«Cosa volete dalla mia Nora» il cuore fece un salto mortale all'indietro.

«Innanzitutto lei chi è? Nora deve compiere la sua missione.» Axel e Clara mi guardarono interrogativi. Ma si ritrovarono solo una Nora ancora più confusa di loro. Non sapevo minimamente di che cosa stavano parlando.

«Signorina, la prego di seguirci. Glielo ripeto per l'ultima volta, seguici, o faremo del male ai vostri amici.» deglutì, seguire loro o negare ancora? Scelsi la prima scelta, loro erano fin troppo importanti.

Scansai Axel da davanti a me e arrivai davanti al cavallo del cavaliere, mi girai verso i miei amici preoccupati ma gli feci l'occhiolino. «Non preoccupatevi per me, starò bene. Ci rivedremo. Ah, Axel... da quanto hai deciso che fossi "tua"?» ridacchiai e lui divenne rosso. «Dai, su, facciamola veloce, che poi io voglio rivedere quel cameriere figo» dissi con menefreghismo. Clara era arrabbiata, molto, aggiungerei. Non se lo sarebbe mai aspettato che mi sarei fatta catturare così. Difatti non successe quello che tutti si aspettavano. Neanche io l'avevo sospettato.

Il cavaliere affascinante si avvicinò di nuovo al suo cavallo. Mi sorrise, mettendo in mostra due fossette che spuntavano alla fine della bocca.
«Sono grato che non ci ha fatto usare la violenza, Nora Gate. Ora andremo al palazzo reale.» sorrisi anche io, ma in modo così falso, che anche Axel se ne accorse, e forse era riuscito a collegare il motivo. «certo, ma posso sapere il motivo devo essere portata al palazzo reale?» la mia mano percorse un sentiero che sapevo a memoria, giungendo alla gamba destra.

Mio padre pensava proprio a tutto.

La spaccatura era perfetta, lo stiletto era lì, pronto per essere preso.

«Mi dispiace cara, questi giochetti non funzionano con noi.» disse un'altra guardia, era una ragazza, aveva dei bellissimi capelli biondi e gli occhi trasmettevano sicurezza. Tese la mano, presi lo stiletto glielo misi sopra al palmo ma non lo appoggiai. Mi guardai intorno, Clara era dispiaciuta e Axel sembrava deluso. Strinsi il manico, chiusi gli occhi, pensando a cosa potessi fare, ma allo stesso tempo una luce azzurrina si intromise nell'incisione del manico.

«ma che cazzo..?» sussurrò Axel, e io aprì gli occhi di colpo. Le guardie si allontanarono di poco spaventate «per fortuna che sono guardie reali...» bisbigliai, guardando la lama incisa, tutta la piazza si girò verso di noi, eravamo al centro dell'attenzione di tutti. Io ero al centro fra tutti.

Qualcuno sussurrava cose incomprensibili, altri guardavano sbalorditi la scena. Lo stiletto aveva una forza tutta sua, sembrava trasportarmi dove voleva lui, anzi, non sembrava, lo stava facendo. Se lo mollavo -sempre se mi sarei staccata- cadevo a terra facendomi molto male, contando che le strade erano fatte da pietre. In poco tempo ero sotto casa mia, lo stiletto continuava a puntarmi cibo e acqua, capì che probabilmente dovevo scappare e raccogliere provviste. Presi una borsa, ci misi di tutto: acqua, cibo, anche una lente!

Lo stiletto riprese a tirare, mi portò di nuovo fuori dove c'erano le guardie e i miei amici.

«MA NON É PRESTO PER SUCCEDERE!?» sentì chiedere dalla ragazza bionda all'altra guardia «SUCCEDERE COSA?» chiesi girandomi per guardarli, ma pian piano diventavano delle formiche. Loro erano a cavallo, a cavallo, come facevano a non raggiungermi? Dovevano essere più veloci di me, anche se stavo essendo trascinata da uno stiletto, che tutt'ora, a sentire questa frase, è assurdo.
No, non mi stava più trascinando. I miei piedi non toccavano più terra, per questo non mi raggiungevano, stavo a pochi centimetri da terra, abbastanza per non farmi toccare terra anche se puntavo il piede. Mi portò nel bosco vicino alle montagne di clouds; i rami mi graffiavano il mio viso, strappavano il mio vestito, avevo paura, fin troppa paura. Arrivai a una piazza tra gli alberi, a quel punto lo stiletto si fermò perdendo quell'azzurro dell'incisione facendomi cadere di culo a terra, guardai il mio vestito, la gonna che toccava terra quasi non esisteva più mi arrivava poco più su delle ginocchia, la spaccatura si teneva visibile e le maniche di velluto blu avevano qualche apertura. Rimisi lo stiletto nel suo posto.

«Nora?»

E la volete sapere una cosa divertente? Nessuno era lì con me.

Il Fiore Che Ci UnisceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora