CAPITOLO 17

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Paolo si svegliò presto quella domenica mattina, lame di sole basso attraversavano gli avvolgibili della camera da letto. Un lieve contatto sul collo di capelli miele scuro, un leggero sentore di glicine nell'aria, riportarono in superficie il fresco ricordo della sera precedente, quando Altea era entrata per la prima volta in casa sua.

Dopo gli impegni degli ultimi giorni, finalmente avevano potuto ritagliarsi una serata tutta per loro. Avevano cenato lì, ma solo dopo essersi sfiorati, baciati, avvinghiati in schermaglie amorose e ancora abbracciati, scrutati, persi in respiri soffocati.

Guardò il corpo longilineo che si nascondeva sotto le lenzuola leggere, pensò all'intensità di quegli occhi e alla grazia della voce, la compostezza trascinante del sorriso, e sentì che quello poteva davvero, sorprendentemente e irreparabilmente, avvicinarsi alla parola amore. Nella sua limitata esperienza non aveva mai provato una vibrazione così profonda, restò per qualche minuto immobile a contemplare rapito le labbra porpora di Altea, la leggera peluria del viso che si evidenziava controluce.

Si alzò con tutta la cautela possibile, non voleva assolutamente disturbare quel sonno così innocente e puro, a piedi nudi si mosse fino in bagno. Ne uscì dopo pochi minuti per tornare a letto, Altea era in piedi e si stava vestendo.

"Che fai?" chiese con il sorriso che gli si spegneva in volto.

"Vado, credo che sia ora" rispose lei, l'espressione seria attenuata da una increspatura laterale delle labbra appena accennata.

"C'è qualcosa che non va? Ho fatto qualcosa che ti ha disturbato di cui non mi sono reso conto?" Paolo provò a cercare - senza esito - qualche segnale o momento che colpevolmente poteva non avere colto.

"Assolutamente no, solo che è ora che io vada" aggiunse con un tono neutro, senza guardarlo.

Paolo la guardò contraendo le labbra in un gesto di tensione, un brivido doloroso stava salendo dal basso del suo stomaco.

"Davvero non capisco. Pensavo che.."

Altea fece un balzo verso di lui e gli si avvinghiò con gambe e braccia, prese a baciarlo ovunque potesse arrivare in quella posizione poi esplose in un radioso sorriso:

"Stupido! Volevo controllare se saresti stato felice di vedermi andar via! Non riuscirai di certo a liberarti così facilmente di me!"

"Sei una cretina!" le ringhiò contro, non riuscendo tuttavia a mascherare il sorriso di gioia che affiorava sul suo volto.

Caddero sul letto, Paolo rapidamente tolse di mezzo ogni inutile tessuto a coprire il magnifico corpo di Altea, poi si ritrovò tra le sue gambe, spingendo la piena eccitazione in quel calore umido.

"Chi sei tu?" chiese respirando profondo, gli occhi puntati su quelle pupille, socchiuse di languido piacere, e al tempo stupite di quella intimità così intensa e improvvisa.

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Spillo e Chiara furono sorpresi dalle prime luci dell'alba seduti sul marciapiede sul retro della pasticceria Torre Gialla; il laboratorio apriva la domenica di buon mattino per dare ristoro al popolo dei nottambuli, che oramai da anni si davano appuntamento lì prima di andarsene a dormire.

"Comunque mi è andata bene, quel tizio sembrava fuori di testa" stava dicendo Spillo, parlando del tipo losco che si era avvicinato a Chiara a metà serata.

"Ho avuto un po' paura in effetti, era davvero schizzato" aggiunse lei.

"Sì però devi imparare ad allontanare subito gli scemi, sennò poi si scaldano e diventa più complicato."

Avrei voluto essere speciale (Edizione rivista)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora