CAPITOLO 14

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Quei giorni erano stati piuttosto intensi e pieni di impegni per Simone: oltre alle numerose pratiche da completare per perfezionare il contratto con la sua nuova, prestigiosa squadra, tanti amici e parenti avevano voluto chiamarlo o incontrarlo, per ricevere dalle sue labbra le ultimissime notizie.

Anche il telefono fisso di casa, una specie fossile ormai quasi dimenticata, aveva ripreso vita, come ultima disperata opportunità per coloro che, inutilmente, cercavano uno squillo libero al numero di cellulare del ragazzo o anche dei genitori. Soprattutto zii e parenti più attempati.

Ma nei pochi momenti di tranquillità era tornato a pensare a Sara, e a quelle inattese e sconvolgenti parole. Non aveva mai immaginato neanche lontanamente la possibilità che lei potesse lasciarlo; era una creatura sua, che si era preso e plasmato secondo i suoi desideri. Quello che era successo era inaccettabile, era convinto, lei non era nulla da sola, era lui che faceva brillare quella pietra altrimenti opaca.

Quel mattino si era svegliato in preda a questi pensieri rancorosi, non poteva finire così, pensò, si vestì in fretta mentre le sue convinzioni si rafforzavano, doveva esserci altro sotto, si era distratto e lei ne aveva approfittato.

Guardò il telefono, era in tempo ma doveva sbrigarsi, raccolse lo zaino e uscì da casa senza fare colazione. A rapidi passi giunse sotto casa di Sara in pochi minuti, stava per chiamarla al cellulare quando lei aprì il portone della palazzina; gli sguardi si incrociarono nell'aria sospesa, in una sensazione fortissima di déjà vu.

Un'ondata di emozioni attraversò Sara a quella vista, il flusso prepotente dei ricordi rischiò di travolgerla nonostante nel suo cuore quella fosse una porta oramai chiusa. Nella ridda di sensazioni si chiese anche, per un attimo, se i fatti degli ultimi giorni fossero realmente accaduti, e le furono necessari alcuni istanti per fare ordine nel nuovo contesto, in una circostanza così simile a tante altre ma così diversa.

"Ciao Sara."

"Ciao, che ci fai qua?" Aveva cercato di mantenere un tono neutro, ma forse il timbro delle sue parole aveva assunto una nota poco cordiale e se ne dispiacque.

"Volevo parlarti."

"Dimmi."

"Non riesco a capire cosa ti sta succedendo, non capisco perché siamo in questa situazione, non riesco a darmi spiegazioni, stai vedendo qualcun'altro vero?" disse salendo di tono e aggiungendo una sfumatura livorosa alle ultime parole.

"Ma cosa dici Simone??"

"Eh! Che dico! Come è possibile allora che da un giorno all'altro hai deciso di lasciarmi così? Proprio ora che avevo più bisogno di te!"

Di nuovo quel tono accusatorio che spesso Simone aveva usato con lei, l'ennesimo tentativo di scaricarle addosso ogni responsabilità e di farla sentire in colpa. Le salì un forte senso di nausea, il profumo di Simone - glielo aveva regalato poco dopo essersi messi insieme ed era diventata una fragranza inconfondibile per lei - quelle note di muschio e noce moscata le giunsero con violenza e fu sul punto di vomitare. Ma fu un attimo, chiuse gli occhi per concentrarsi - non poteva, non voleva soccombere ancora una volta - e finalmente trovò il coraggio di replicare, stringendosi con le sue stesse braccia a farsi forza.

"Beh se avevi bisogno di me non me lo hai dimostrato per nulla, come non mi hai mai dato importanza in tutto questo tempo! - srotolò le parole con un'energia che non sapeva di avere - E comunque, non si sta insieme a qualcuno perché ti serve, ma perché si ama."

"Mentre tu invece da tempo pensavi ad altro, giusto? E allora meglio attaccare e incolpare me, no?"

"Simone sei proprio fuori strada, questa conversazione è finita."

Avrei voluto essere speciale (Edizione rivista)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora