Capitolo Tre

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Quando raggiungo la cucina insieme al ricciolino, vedo tutti seduti sul divano e per terra, patatine e altri snack vari distribuiti nei tavolini. Sorrido a quella scena e mi vengono i mente i pigiama party che ho vissuto insieme alle mie amiche, il plurale non è necessario da utilizzare dato che il pigiama party svolto é stato solo uno.

<< Ei bellissima, ti ho lasciato un posto libero >> un ragazzo col torso nudo e i capelli castani mi indica un cuscino buttato a terra accanto a lui e io sorriso per la sua disponibilità e per la sua preoccupazione a lasciarmi un posto libero. Vado verso di lui, cercando di non mettermi in mezzo a discorsi già iniziati ma la voce di un altro ragazzo mi ferma.
<< Niv, siediti qua >> il ragazzo che mi ha precedentemente aiutato con le valigie e pochi minuti fa mi ha chiamato in camera si alza dal suo posto sul divano e mi fa cenno di sedermi. Sorrido senza sembrare una pazza psicopatica e mi accomodo al suo precedente posto sussurrandogli un 'grazie' e pensando che c'è qualcuno al mondo ad essere un vero galantuomo e non solo per facciata.

<< Ma sono naturali i capelli? >> la ragazza accanto a me, Sarah, che subito dopo la domanda mi ricorda il suo nome, prende una ciocca dei miei capelli rossi e la intorciglia sul un suo dito.
Annuisco alla sua domanda e sorrido imbarazzata ai suoi occhi sgranati per la mia risposta. << Non avevo mai visto una persona con i capelli rossi dal vivo >> rido alla sua frase, talmente tanto che mi copro la bocca con la mano; Sarah mi segue con la sua risata e dopo pochi secondi tutti gli occhi dei ragazzi sono su di noi. Cerco di prendere fiato dalla risata ma vedendo Sarah rossa in viso riscoppio a ridere e pensandoci non ho mai riso così tanto in vita mia, nemmeno con le mie amiche.

<< Ma che vi prende? >> un rosso (finto) ci indica con una faccia molto perplessa e questa volta io e la ragazza ci calmiamo per poi spiegare tutto ai ragazzi. << Siamo abbinati! >> il ragazzo corre verso di me e mette a confronto una mia ciocca di capelli con i suoi. Il rosso sgargiante dei suoi capelli e il mio rosso-arancio non si assomigliano per niente e per questo lui se ne ritorna al posto con uno sguardo deluso.

<< Da dove vieni Niv? >> a chiederlo é un ragazzo biondino, seduto con la schiena appoggiata al muro, le gambe piegate verso di lui e le braccia a penzoloni. << Sono nata in Irlanda ma sono stata adottata quasi subito da una famiglia italiana e da vent'anni abito a Firenze >> alzo le spalle per questa mia piccola parte di vita
<< Ireland? >> il ragazzo austriaco, entrato con il banco della Celentano, sgrana gli occhi e mi indica. << Irrrlanda >> sorrido alla sua pronuncia e annuisco.

Dopo un momento morto, in cui penso tutti cercavano di capire le domande che ci potevamo fare a vicenda, Mew si gira verso di me e mi pone una domanda tanto basilare quanto difficile.

<< Come hai iniziato a cantare? >>
Sorrido al ricordo di una piccola me che zampettava in casa cantando le canzoni dello zecchino d'oro o di quando imparavo a memoria le sigle dei cartoni animati e ogni volta che iniziavano mutavo la TV per poter cantare io la sigla.
<< Canto fin da quando sono piccola, mia mamma non ne poteva più e mi ha iscritto a una scuola di canto già a sei anni >> mi ricordo quando mi portava ogni volta a piedi in una quella dove c'era un signore sulla sessantina a dare lezioni a me e a qualche altra ragazzina. << Poi per problemi con il professore ho abaddonato lo studio, ma ho sempre cantato in camera mia. All'inizio del liceo hanno abilitato un corso di musica extracurricolare, era solo di mercoledì e durava poche ore, ma me lo facevo andare bene >> tutti sembrano interessati al mio racconto anche se parlo piano non tanto per la paura di dire le parole ma per arrivare il più tardi possibile alla fine del racconto. << Ho studiato quindi per tre anni canto, poi per lo stato di salute in cui mi ritrovavo ho smesso con lo studio, ma ho sempre continuato a canticchiare. >> mi fermo prima che la voce inizi a tremare e che le lacrime escano dagli occhi e mi concentro a sorridere ai ragazzi.

<< Hai sempre cantato in italiano? >> Matthew, la versione maschile di Mew, chiede e io scuoto la testa negativamente. << Canto anche in inglese e se imparo il testo a memoria anche in francese >> sorrido e mi sento lo sguardo di tutti addosso. << Lil, vieni da Napoli giusto? >> chiedo alla ragazza e dopo una sua risposta positiva le chiedo subito se vale la pena andarci, così lei inizia a parlare della città e unisce tutto al suo amore per la musica.

Non pensavo che il racconto della mia vita, anche se indirettamente, fosse successo così presto. Mi sento scombussolata e soprattutto con un magone in gola che non sarà facile farlo passare. Mi alzo dal divano e chiedo scusa solo a Kumo quando gli devo passare d'avanti per poter andare via dalla stanza.

Il porticato di sera forse è ancora più bello che in mattinata. Tutte le lucine e i lampioni sono accessi e nell'aria scorre quel venticello rinfrescante ma per niente fastidioso. Anche se si é a settembre e l'aria potrebbe anche iniziare a diventare più fredda mi ritrovo solo con una maglietta a maniche corte. Mi siedo sul divano, incrociano le gambe a 'mo di farfallina e chiudo gli occhi.

Entrare ad Amici é un sogno che si realizza. Dopo la maturità non ho proseguito gli studi con l'università, ho preferito andare a lavorare. Avere tre lavori non è il massimo, tornare a casa stanca morta ma comunque continuare a lavorare per la casa e per la gente che ci abita. Questa estate durante le poche ferie che ho avuto mi sono imbattuta sul sito di Witty - molto a caso perché mi si era aperta questa schermata dal nulla - e guardando la sezione casting di Amici non ci ho pensato due volte ad iscrivermi. Il tesoro dormiva e non mi ero - a quei tempi - preoccupata a chi lasciarlo non per il periodo del programma, perché le speranze erano pari a zero, ma per i due giorni per fare i provini in sede. Dopo aver mandato l'iscrizione non potevo più tornare indietro e ho dovuto riallacciare i rapporti con mio padre pur di avere un luogo sicuro dove lasciare il tesoro.

<< Tutto bene? >>
mi giro subito e annuisco quando vedo la figura del ragazzo ricciolino appoggiata sullo stipite delle porta. << Sicura? Mi sembri non so...strana >> mi sposto su un lato del divano, lasciando l'altro libero per lui. Lui si accomoda in modo poco aggraziato che quasi devo cercare di trattenere un risolino. << Mi manca la mia famiglia, solo questo >>

<< Sono importanti per te? >>
Lo guardo confusa per avere usato il plurale. << "Sono" chi? >> l'espressione che ho io viene ricambiata da lui << La tua famiglia, la tua famiglia è importante per te? >>
Alzo gli occhi al cielo a quella domanda
<< Ahhh sisi, é importante per me, morirei per loro >> e nel frattempo gli occhietti vispi del mio angioletto mi annebbiano la vista facendomi pensare che é vera la cazzata che dice che una madre e un figlio hanno un legame particolare.

NIVES | AMICI23Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora