Prologo.

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> Dove minchia pensi di volare via, con queste tue alette del cazzo, mmh?!

Con una stretta potente il giovane folletto venne preso per la caviglia e trascinato verso il basso, verso il giaciglio dove il suo sposo fresco di matrimonio lo attendeva impaziente.

> Tu mi sei stato donato dal tuo popolo di merda, capisci? Sei mio, solo mio, folletto. E ora è il momento di consumare questa felice unione.

Un sorriso sadico si stese sul volto del giovane umano biondo: i capelli appuntiti seppur morbidi; gli occhi rossi e penetranti, come i fiumi di lava che il folletto dai capelli verdi aveva sorvolato per arrivare fin in quelle montagne solitarie; le braccia e il torso ricoperte da lunghi segni neri, indelebili sulla sua pelle, per testimoniare il suo elevato rango fra i suoi simili. Un disegno che era uguale a quello del fatato, il disegno della loro unione indissolubile, alla quale il giovane Izuku non aveva potuto rifiutarsi.

Il folletto, i grandi occhi verdi pieni di paura, deglutì rumorosamente mentre si lasciava cadere su quella specie di letto; i capelli, verdi come il bosco più fitto, erano arruffati a causa di quella piccola colluttazione che i due stavano avendo: l'umano non vedeva l'ora di assaggiare il folletto, dopo averlo desiderato da così tanto tempo; il folletto voleva solo sparire, volare via da quella montagna e tornare a casa, anche se avrebbe voluto dire vivere da reietto.

> T-Ti pre-prego, n-non così! N-Non tirarmi le ali, K-Kacchan.
> Oh, non mi preoccuperei per quelle, fossi in te. Prova a volare via di nuovo e non saranno le tue ali il tuo pensiero più grande.

Izuku chiuse forte gli occhi, mentre Katsuki si portava sopra lui e gli allargava le gambe, allineando il pene duro con la sua entrata calda, pronto a prenderlo per tutta la notte.
A consumarlo come non aveva mai fatto prima.

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