Capitolo Nove

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Bakugō Katsuki era nato una primavera di vent'anni prima e da quando aveva memoria era sempre stato un bambino arrabbiato. Lui era arrabbiato con sua madre che gli diceva che non poteva giocare con la spada del padre; lui era arrabbiato con il padre perché gli diceva che non poteva avvicinarsi al nido dei draghi; lui era arrabbiato con i vecchi capi villaggio che deridevano il suo cognome per qualcosa che nessuno ricordava nemmeno più.
Lui era arrabbiato con se stesso perché era piccolo ed inutile.

Poi era cresciuto, era diventato un ragazzo forte e abile, ma la sua rabbia non era diminuita. Quella sensazione di ingiustizia e collera era solo aumentata: era aumentata nei confronti dei genitori che tentavano in tutti i modi di farlo volare basso e rigare dritto; era aumentata nei confronti dei coetanei che lo evitavano solo perché faceva parte di quel clan; era aumentata a dismisura nei confronti di quello stronzo con la cicatrice sull'occhio che lo trattava come la peggio feccia; era aumentata anche verso se stesso perché non riusciva a fare nulla per dimostrare il contrario di ciò che gli veniva detto.

Così Katsuki se ne stava spesso solo, ogni tanto seguito da qualche giovane del villaggio, come Kirishima che voleva fare amicizia con lui, anche se a Bakugō non importava un cazzo di quello strambo dai capelli rossi; altri lo seguivano per tenerlo d'occhio, chi per ordine dei capo villaggio chi sotto ordine della madre che non riusciva a non preoccuparsi per lui. Ma in fin dei conti Mitsuki, quella santa donna, sapeva che il figlio non avrebbe fatto nulla per rovinare il nome di famiglia; forse il ragazzo avrebbe fatto qualche casino, ma nulla in confronto a ciò che era accaduto più di un secolo prima. Eppure Katsuki non riusciva a non chiedersi perché un evento così lontano nel tempo dovesse ancora importare così tanto in quel villaggio, dimenticato da qualsiasi Dio, in quelle montagne di merda; e la cosa che più lo innervosiva era che nessuno si ricordasse con esattezza cosa fosse accaduto e gli unici che lo sapevano non volevano dirglielo.

Bakugō era stato promosso a cacciatore, era riuscito a formare un legame con il suo drago a soli quindici anni e nessuno poteva più negargli il suo posto nella società; nessuno poteva più fingere che il clan Bakugō fosse solo buono a portar rogne. Non che il biondo fosse il primo a compiere strabilianti imprese fra i suoi antenati, ma il dubbio era sempre presente, sempre strisciante fra i popolani; ma a Katsuki non interessava, a lui bastava poter essere libero di fare ciò che voleva e le attenzioni non mancarono di arrivare. Tutti cadevano ai suoi piedi, nessuno era capace di negarsi a lui o di negargli nulla, e il biondo credeva davvero di avere quello stupido branco di idioti fra le sue dita, di poterli rigirare a suo piacimento e di poter ristabilire il nome e la posizione del suo clan con le sue gesta. Lui era il migliore e ne era certo, finché uno stupido folletto non apparve dal nulla.

Ciò che Katsuki vide fu il verde, quello che nemmeno l'estate era in grado di far sbocciare su quelle montagne; quello che vide fu il bianco di due ali sottili che erano in grado di far volare in alto quella creatura magica, un bianco delicato e fine; ma Katsuki vide anche un fuoco dentro quegli occhi così grandi e profondi che lo bloccò e quando il folletto volò via da quello spiazzo in cui era riuscito a imprigionarlo si sentì stranamente solo, nonostante fosse abituato a quella sensazione.
Mai avrebbe creduto possibile di rincontrare quello stesso folletto, quello stupido che lo aveva snobbato e che non sapeva chi lui fosse, ma quel viso lentigginoso, incorniciato da ciuffi verdi ribelli, lo incuriosivano.
Nessuno era in grado di negarsi a lui ed era certo che nemmeno un folletto della grande foresta sarebbe stato da meno, ma le cose non sempre vanno come uno ci si aspetta.

Lo aveva baciato d'impulso, aveva poi deciso che si sarebbe lasciato trasportare dal momento, da quel desiderio che si era acceso e che lo stava consumando dalla sera prima, ma la delicatezza di Izuku era solo una facciata: il verde era forte, non facile da domare e con una forza d'animo che poteva eguagliare quella di Katsuki. E i suoi pensieri ebbero ragione quando vide l'ira nelle sue pozze verde scuro e nella sua voce ferma e austera, degna di un vero Re.

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