Capitolo Sei.

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> Apri gli occhietti, Principessa. Muoviti ad alzare il culo, o ti lascio qui.

Katsuki si era svegliato da una notte difficile. Aveva dormito poco e male, e non solo a causa di quelle dannate ali che gli sfioravano i polpacci o perché il folletto, nel sonno, si era girato verso di lui e lo aveva praticamente stritolato; aveva dormito di merda semplicemente perché non riusciva a togliersi dalla mente quell'espressione accaldata del verde, un'espressione che aveva messo a dura prova la forza di volontà del biondo e del suo secondo cervello, quello che aveva fra le gambe.

> A-Aspettami! S-Sono sveglio!

Izuku si alzò in fretta, incespicando fra le pellicce e cadendo sul pavimento freddo.
L'aria del primo mattino era gelida, il rosa dell'aurora colorava il cielo stranamente pulito, e il folletto rabbrividì quando il biondo tirò la tenda e una leggera folata di vento entrò nella casetta. Katsuki alzò gli occhi al cielo, andando però poi verso il letto e prendendo una delle pellicce che ci riposava sopra; con uno dei suoi pugnali fece due squarci e la lanciò al verde.

> Mettiti questa. Così non dovrò sentire i tuoi fottuti denti battere per tutto il mattino.

Le mani sottili del folletto accarezzarono il morbido pelo bianco e grigio; i folletti cercavano di evitare di usare le pelli degli animali, loro dovevano proteggerli e non trarne vantaggio, ma lì, nelle Montagne Solitarie, gli animali erano solo animali, prede e predatori, e gli umani erano, apparentemente, in cima a quella gerarchia.
Indossata la pelliccia però si pose un secondo problema: le sue ali erano bloccate sulla sua schiena. Non avrebbe potuto volare e avrebbe dovuto camminare per tutto il tempo, almeno finché avesse voluto stare al caldo; solo che Izuku non era un gran camminatore, lui era un folletto e, come tale, volava la maggior parte del tempo. Certo, aveva gambe toniche e camminare per qualche ora non lo avrebbe di certo sfiancato, ma aveva come la sensazione che correre dietro a quel biondo dall'aria strafottente sarebbe stato più impegnativo del previsto.
Il verde prese i suoi stivaletti logori, fatti con una pelle di un animale ormai prossimo alla morte, e fece per infilarseli quando una risata, più simile ad uno sbuffo, attirò la sua attenzione; così gli occhi verdi scattarono su quelli rossi e sollevò un sopracciglio, una domanda silente su cosa ci fosse di così divertente.

> Oh niente, mettiti pure quei tuoi cosetti da sfigato. Voglio proprio vedere quanto tempo dureranno in mezzo alle montagne.

E Katsuki rise di nuovo, questa volta in modo più nitido, ma Izuku non rise affatto.

> Ho solo questi. Cosa dovrei fare, venire scalzo? Que-Questa pelliccia mi blocca le ali e-
> Tieni, lagna.

Un paio di scarponi, massicci e rivestiti anche quelli in pelliccia, gli venne lanciato vicino ai piedi. Erano rossi, di un rosso simile a quello degli occhi del biondo e del suo mantello.

> A me vanno piccoli, perciò dovrebbero andarti. Ora muoviti, o puoi scordarti che io risponda alle tue cazzo di domande.
> C-Ci sono! Ci sono!

La sola possibilità che il biondo non lo aiutasse, fece perdere ad Izuku tutta la voglia di litigare; messi gli scarponi, corse fuori dalla casa del biondo e lo rincorse lungo il sentiero.

Erano diretti al nido del villaggio, così aveva detto Katsuki.
I draghi che collaboravano con gli umani non erano molti e non erano nemmeno tenuti a vivere in quello spiazzo che, i vecchi capi villaggio, avevano costruito per loro. Bakugō aveva spiegato così, in modo sbrigativo, il fatto che i draghi non fossero al loro servizio e tantomeno che fossero i loro animali da compagnia.

> Noi e i draghi siamo compagni, siamo predatori che ci sfruttiamo a vicenda per ottenere lo stesso premio. In tempi antichi, combattevamo i draghi: entravamo nei loro nidi e rubavamo loro le uova per evitare che si riproducessero, così come loro distruggevano le nostre case e mangiavano chi fosse così stupido da avvicinarsi. Poi però, per qualche ragione che non ho tempo di ricordare, siamo giunti a questo "accordo": noi sfruttiamo la loro forza per volare e trasportare grosse prede, loro sfruttano noi per ottenere le prede più prelibate, che sono più furbe e tendono a nascondersi da loro.

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