Nate
Rientro nel tardo pomeriggio. Ho pranzato con Jeffrey, girovagato ancora per New York, fino al ponte di Brooklyn dove ho scattato alcune foto al tramonto, ho comprato il biglietto di ritorno, sono tornato nell'Upper East Side e ancora non mi perdono di essere scappato davanti a mia madre. Anzi, la decisione di aver comprato il biglietto senza pensarci e senza essere sicuro che Taylor finisca entro domani l'articolo è stata proprio una vigliacca reazione all'immaturità che ho dimostrato andandomene. Come ho potuto essere tanto distaccato? Stava guardando la nostra fotografia, era la prima volta che visitava la mostra? Perché il caso ha voluto che ci entrassi proprio oggi, proprio quando c'era lei! Voglio buttarmi sul letto e addormentarmi fino ad ora di cena, penso mentre infilo la card sul dispositivo di riconoscimento. Quando entro, mi insospettisce il rumore strano che proviene dai miei piedi sul pavimento. Mi accorgo di aver calpestato una busta di carta. Mi inginocchio per afferrarla, incuriosito. È aperta e non ci penso due volte a sfilare il contenuto. Sfoglio il plico e dedico che sia la misteriosa sceneggiatura di Taylor. Kintsugi, aggiustami l'anima, è scritto al centro in corsivo, sulla prima pagina. Conosce la cultura giapponese? Già questo titolo mi incuriosisce. Mi siedo sul divano in pelle, distendo le gambe, mi accendo una sigaretta e inizio a leggere:
May ha sedici anni, non conosce i suoi genitori. È stata adottata da una coppia che non può avere figli, che lotta ogni giorno con il desiderio di amarla davvero e l'impossibilità di riuscirci perché vederla crescere bella, forte, felice ma anche malinconica le ricorda ogni volta il fallimento di non essere diventati genitori biologici. Scappa di casa senza lasciare una lettera, vuole andare incontro alla vita, non sopporta di essere compatita o di compatire quelli che l'hanno accolta in casa loro, perché una cosa è certa... per May quella non è casa sua...
Continuo a leggere senza fermarmi, agganciato dalla storia. Ha un potenziale, Taylor non può sottovalutarlo.
Taylor
Mi faccio coraggio... ma che dico. Non ho sperato altro tutto il giorno, che arrivasse questo momento per stare con Nate. In ascensore, avverto farsi più prepotente il nodo allo stomaco che ho cercato di evitare fino ad ora, ma eccoci alla resa dei conti. Non so se sarà più freddo per il nostro quasi bacio di ieri sera o se sarà scocciato per la sceneggiatura che gli ho lasciato, magari scherzava e non voleva davvero leggerla o forse ha mentito dicendo di essere un uomo di parola perché non voleva che ci restassi male. Per non pensare a come avrebbe reagito e soprattutto per non immaginarmi continuamente le molteplici ipotetiche reazioni al vedermi questa sera, mi sono fatta prendere da un attacco di shopping compulsivo che ora è sparso sotto l'albero. Almeno ho concluso la lista dei regali.
Ci siamo. Sono davanti alla sua porta. Busso e lui, senza farsi troppo desiderare, mi apre con una sigaretta in bocca, il tumbler riempito in una mano... e la sua camicia sbottonata. Non credo che posso entrare. Lui non può accogliermi così, insomma se ieri ci siamo quasi baciati e oggi avesse voluto distogliermi dall'intenzione, seppur remota, che potesse accadere ancora, perché accogliermi così se sapeva che dovevamo vederci per confrontare i nostri lavori? Mi farei offrire volentieri qualsiasi cosa stia bevendo, perché ho un immediato e disperato bisogno di idratare la mia gola fattasi secca davanti alla visione di sua maestà l'irresistibile fotografo bohémien preda e predatore più desiderato e ambito del panorama artistico internazionale ... ma non posso perché non so fino a che punto potrei restare lucida.
"Non entri?" mi chiede facendomi notare che sono rimasta impalata, come un pesce lesso, sulla porta.
"Giusto... sì, entro" rispondo a comando, come mi fossi ricordata improvvisamente di come si compiano gesti elementari - camminare ad esempio.
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È di nuovo Natale a New York
ChickLitTaylor Rivera ama New York e la ama ancora di più a Natale. Nate Hale, fotografo freelance professionista, ha lasciato New York da tempo, la odia e la odia soprattutto a Natale. Ma è costretto a tornarci, ogni anno, quando Jeffrey, direttore del The...