Ti aspettavo, Paranoia.

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Certi periodi, quando arrivano, li senti. Li senti e basta.

Ti puntano e non puoi farci niente. Li aspetti.

Il caso vuole che i miei vengano a trovarmi sempre di domenica, nel medesimo posto e accompagnati dalla solita canzone. Si avvicinano lentamente, quasi strisciando.

Quando arrivano, trovandomi io al solito posto e nella mia solita posizione "un-po'-yoga/un-po'-bradipo", mi accorgo sempre di avere il piede destro addormentato. Lo stesso piede che fino a qualche attimo prima penzolava piacevolmente dalla poltrona. Tempo fa pensavo di aver sviluppato una sorta di super potere che mi rendesse capace di prevenirli e contrastarli... Poi, niente. Nessun super potere, solo grosse e grasse cazzate. Super Ænema tarda ad arrivare, ma arriverà. Probabilmente con il peggiore tempismo di sempre.

Mi sembra di vederla. Eccola, è Lei: Paranoia. Presuntuosa e invadente sembra frammentare l'accogliente, seppure cupa, atmosfera di quiete. Si parte, non si sa per dove, ma spero di ritornare presto.

Il mio sguardo è rivolto verso quello che sto lasciando indietro. Non sembra ancora il momento di voltare le spalle alla strada che ho appena percorso. Accendo una sigaretta. Non penso a niente, non voglio. Ascolto Eddie Vedder.

Siamo appena partiti, io e Paranoia. Arriveremo, torneremo, tornerò.

Volubile, emotiva e presuntuosa indole. La mia, la Sua.
Mi viene in mente Stefano Benni: "Bisogna assomigliare alle parole che si dicono. Forse non parola per parola, ma insomma ci siamo capiti".



La viola, la violetta, il vino.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora