♡︎𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒕𝒐♡︎

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𝑭𝒖𝒎𝒎𝒐 𝒒𝒖𝒆𝒍𝒍𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒏𝒐𝒎 𝒔𝒊 𝒓𝒂𝒄𝒄𝒐𝒏𝒕𝒂
𝒏𝒆 𝒔𝒊 𝒂𝒎𝒎𝒆𝒕𝒕𝒆,
𝒎𝒂 𝒄𝒉𝒆 𝒎𝒂𝒊 𝒔𝒊 𝒅𝒊𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊𝒄𝒂
-𝑭𝒓𝒊𝒅𝒂 𝑲𝒂𝒉𝒍𝒐







«È andata» rispose Mercoledì con lo sguardo basso, quando i suoi genitori le chiesero come era andata la visita al penitenziario.

Mentì spudoratamente, non solo a loro, ma anche -e soprattutto- a sé stessa.

Non era soltanto "andata" era stato un vero e proprio casino.
La sua testa era un vero e proprio casino. Tutto intorno a lei sembrava un casino.

Sospirò, continuando a mangiare -controvoglia- quello che aveva nel piatto.

Sentiva lo sguardo di tutti addosso, ma cercò di ignorarlo.

«Sentite, io vado di sopra. Non ho fame» non aspettò una risposta e si limitò a salire velocemente le scale, diretta in camera sua.

Voleva stare sola.

♡︎♡︎♡︎

«Non sono triste» affermò poggiando un foglio bianco sulla sua macchina da scrivere.

«No cioè, sono sorpresa in verità. Non lo avevo mai visto in quello stato, più che altro non mi sarei mai immaginata che un giorno mi avrebbe rivolto quelle parole così...crudeli. Chiamiamole con il loro nome a questo punto» poggiò il mento su una mano sbuffando.

«Tornarci? Mano, che idee malsane ti fai...» alzò un sopracciglio, «So di avere anche io una mente contorta ma non c'entra. Mi ha fatto del male».

Le aveva fatto male, ma non si era opposta.

Pensò sorpresa di se stessa, essendo consapevole del fatto che in quel momento riusciva a capirsi, a capire che cosa le stesse succedendo.

Era ferita forse?
Le parole che Tyler le aveva rivolto la avevano fatto più male di quello schiaffo.

Di questo era certa.

«Ancora? Dammi una sola ragione per cui io dovrei tornare in quel posto» disse la corvina scocciata.

«Non finire quella frase Mano, non la finire. Lo ho detto anche a lui, non provo più niente nei suoi confronti» non sapeva se stesse mentendo.

Probabilmente sì.
Anzi, sicuramente stava mentendo.
Soltanto che aveva paura ad ammetterlo a se stessa.

Tyler in quel momento era un grande punto interrogativo nella sua mente. Ripensava ad ogni sguardo, ogni sorriso, ogni parola gentile che le aveva rivolto in passato, e poi pensava a come la aveva trattata in quella cella.

Come se fosse davvero un insetto schifoso.
La aveva guardata con strafottenza, con una scintilla di crudeltà negli occhi che mai aveva visto.
Tantomeno, nei suoi.

Il gentile barista che serviva caffè in città era un mostro, tutti ne erano rimasti sconvolti, tutti tranne una persona.

Lo sceriffo Galpin.

Mercoledì aveva sempre visto di cattivo occhio quell'uomo, probabilmente perché odiava la sua famiglia da molto prima che lei nascesse.

Non sapeva però se in quel momento, quando le aveva chiesto di aiutarlo, fosse stato sincero oppure semplicemente disperato.

Probabilmente la seconda. Era la più plausibile alla fine, e lei -per quanto ci provasse- non riusciva a mettersi nei suoi panni. Pensò che infondo nessuno dei due si sarebbe mai perdonato un bel niente.

Alla fine erano legati soltanto da una cosa. Una persona. Una persona che entrambi volevano aiutare, ma come si poteva aiutare qualcuno che non voleva essere aiutato?

La domanda del secolo.
Ma che dire, Mercoledì Addams non si sarebbe sicuramente fatta abbattere da quella situazione.
O forse sì?

Da un lato, credeva che aver messo piede in quella cella fosse stato un vero, grosso, enorme anzi, errore.
Dall'altro pensava che -anche se sembrava impossibile- rivederlo la avrebbe potuta aiutare a capire dove stesse, e soprattutto quale fosse, il problema che aveva Tyler.

All'inizio le faceva strano soltanto l'idea di pronunciare ad alta voce il suo nome, cosa ironica visto che da quando aveva avuto quella maledetta visione non faceva che pensarci a quel volto.

Era stato davvero un bene che quella visione fosse arrivata?
Forse, sarebbe stato meglio rimanere all'oscuro di tutto e godersi il momento?.

Alla fine perché pensò che magari sarebbe stato ancora più doloroso scoprirlo dopo. Oppure no? Non lo sapeva con certezza.

Forse il momento peggiore era stato quando alla centrale di polizia le aveva fatto quella domanda.

«Che cosa vuoi?»

«Solo...farti una domanda».

In quell'istante aveva pensato: che cosa Diavolo avresti da chiedermi? «Hey ciao, per caso sai che sono io il mostro che cerchi?».

Ma mai e poi mai si sarebbe aspettata le parole che seguirono.

«Che cosa si prova?».

«Che cosa si prova a fare cosa?».

«A perdere».

A perdere...

All'inizio non aveva collegato -ovviamente- quelle parole alla battaglia contro Krackston. Ma naturalmente ancora non lo sapeva questo.

Quelle parole la avevano confusa, non sapeva a che cosa si riferisse con "aver perso" anzi, lei aveva perso qualcosa.
Ma non aveva niente a che fare con quello che le era successo dopo.

Aveva perso il ragazzo di cui, inspiegabilmente, si era innamorata.

Però aveva visto la sua espressione, non era cattiva.
Era...triste. Triste per cosa? Questo non poteva saperlo. Le piaceva pensare che un po', soltanto un po', gli dispiacesse consegnarla alla sua padrona.

Tutto era così assurdo.
In quei momenti aveva pensato che era vero, la linea fra bene e male era davvero sottile.

Allora, se si poteva ragionare in quell'ottica,  si poteva pensare anche a quanto fosse sottile la linea fra amore e odio.

Ma il vero dilemma era: quale delle due emozioni prevaleva in lei? E quale delle due prevaleva in lui? Cosa provavano l'uno per l'altra?

Troppe domande, nessuna risposta.

Alla fine probabilmente neanche lo stesso Tyler avrebbe potuto dargliele, quelle risposte.

Forse non era neanche cosciente di tutto quello che aveva fatto, che le aveva fatto più precisamente.

Però, tornare a quel penitenziario magari avrebbe potuto esserle d'aiuto. Magari sarebbe stata in grado di scoprire -almeno un pezzo- della verità, la verità che voleva sentire. Che voleva sapere.

Mi hai mai amata?

𝑨 𝒐𝒄𝒄𝒉𝒊 𝒄𝒉𝒊𝒖𝒔𝒊 ᵐᵉʳᶜᵒˡᵉᵈⁱ́ˣᵗʸˡᵉʳDove le storie prendono vita. Scoprilo ora