♡︎𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝒐𝒕𝒕𝒂𝒗𝒐♡︎

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𝑬 𝒕𝒖, 𝒂𝒅𝒆𝒔𝒔𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒎𝒊 𝒉𝒂𝒊 𝒗𝒊𝒔𝒕𝒐 𝒗𝒆𝒓𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒆,
𝒓𝒊𝒆𝒔𝒄𝒊 𝒂𝒏𝒄𝒐𝒓𝒂 𝒂 𝒈𝒖𝒂𝒓𝒅𝒂𝒓𝒎𝒊?
-𝑮𝒆𝒐𝒓𝒈𝒆 𝑶𝒓𝒘𝒆𝒍𝒍

«Non ci posso credere» ecco cosa aveva risposto Mercoledì quando lo sceriffo le disse che Tyler non voleva più vederla.

«La sua opinione può anche ficcarsela in quel punto Sceriffo, non mi interessa cosa vuole o non vuole. Mi faccia entrare».

Aveva fatto tutta quella strada e aveva percorso quel corridoio che ammettiamolo, faceva leggermente schifo, per niente?

Ma negli occhi dello -sempre se lo era- specializzando vide nervosismo, incertezza quasi paura.

Sudava freddo e si vedeva lontano un miglio che stampato in faccia aveva un sorriso falso.

Nascondeva qualcosa.
Nulla di buono.

«Insisto» sibilò con gli occhi stretti in due fessure. L'uomo si guardò intorno nervosamente, sotto lo sguardo accusatorio della corvina.

Gli tirò una spallata e -veloce- entrò dentro la cella.

«Tyler?» era steso sul letto su un lato, rispetto a lei era di spalle.

«Mi stai ascoltando?» si avvicinò cautamente, «Ti senti bene?» sentì un mugugno, più un lamento ma nessuna risposta.

«S-scarafaggio?» sussurrò con voce impastata, «Sì, sono io. È tutto okay?» si sedette accanto a lui, «Oi, avanti ti puoi fidare di me» cercò di mostrare un lato più amichevole nei suoi confronti, anche se non era brava con queste cose.

Lentamente si mise seduto e la corvina spalancò gli occhi.

«Non dire niente. Non ne vale la pena» sussurrò posandole una mano sulla guancia, «Invece sì. Non posso stare qui a guardare mentre quelli ti fanno del male» sbottò, «Ormai non ci spero più. Probabilmente non vedrò mai più la luce del Sole, ne della Luna. Almeno non quella vera» la corvina si accigliò, «In che senso quella vera?» domandò confusa.

Lui sforzò un sorriso, anche se le ferite sul viso facevano male.

«Tu sei la mia Luna» sussurrò sotto lo sguardo stupito della ragazza. «Brilli di una luce diversa da quella del Sole, più simile a quella della Luna» «Io non brillo. Sono cupa e macabra, come è il mio solito» lui mantenne il sorriso.

«Sì invece. Brilli di una luce tutta tua, che è difficile da notare, ma esiste. Fidati di me».

«Posso chiederti una cosa?» disse poi, «Sì, dimmi» rispose lei, «Potresti stare con me per un po'?» annuì con un mezzo sorriso.

«Mi hanno detto che non volevi vedermi» lui digrignò i denti, «Pezzi di merda. Hanno torto, hanno cercato una scusa per non farti entrare e vedermi in questo stato. Come loro mi hanno ridotto».

«Non ci riesco a stare qui con le mani in mano. Voglio aiutarti» «Potresti fare una cosa per me, ma non ti piacerà».

E ti pareva oh.

«Ovvero?» chiese scocciata, «Non tornare. Perché quando ci sei tu...mi ricordi quello che non potrò più vivere. Non potrò più viverti. Lo capisci?» la corvina scosse la testa, «Ma mi hai detto che vuoi che io resti qui. Non farmi questo» le accarezzò la guancia con una delicatezza che non gli aveva mai visto usare.

«Scusa se ti ho fatto sperare in qualcosa che non si avvererà mai» disse con gli occhi lucidi, «Ma-» «Mercoledì. Per favore» scandì, «No. Non puoi neanche lontanamente permetterti di fare una cosa del genere. Non è giusto» «Parli di me o ti te?» la ragazza lo guardò con le lacrime agli occhi.

«Parlo di noi» rispose determinata, «È la cosa giusta. So che adesso non puoi rendertene conto ma-» gli tirò uno schiaffo, «Sei uno stronzo» esclamò mentre due lacrime le rigavano il viso.

Si portò la mano alla guancia sospirando, «Vuoi davvero farmi la guerra per qualcosa che non puoi controllare Scarafaggio?» lei lo guardò con tristezza.

E non la tristezza che conosceva lei. Non era quella tristezza che le piaceva, no.

Era qualcosa di diverso.

Il suo cuore e il suo cervello erano in continua lotta per affrontare quel qualcosa che la legava a lui.

Non aveva la minima idea di chi dei due avrebbe vinto, ma di una cosa era assolutamente certa.

Avrebbe fatto male.
Molto male.

«Sono stata zitta» la guardò confuso, «Cosa?»
lei sospirò, «Sono stata zitta. Zitta. Mentre tutto dentro di me faceva a botte, andava in frantumi, esplodeva, fremeva per uscire... sono semplicemente stata zitta. E ormai credo che niente in me si possa più aggiustare. E la colpa, la fottuta colpa...è solo tua».

«Sai, qualcuno diceva: Non esiste prigione peggiore di un pensiero fisso che non va via. Quel qualcuno aveva ragione. È come se fossimo destinati a stare insieme» abbassò lo sguardo, «Ma non possiamo» sussurrò asciugandosi il viso con la manica della felpa.

«Sai ora cosa sto provando?» gli chiese sotto il suo sguardo abbattuto. Scosse la testa.

«Tristezza. Ma non quella tristezza che piace a me, no. È la tristezza di quando sai già come andrà a finire, ma speri ogni volta che il finale possa cambiare» alzò le spalle, «A quanto pare il nostro non cambierà».

«Non ho mai capito se ci fossimo amati sul serio e la cosa mi fa arrabbiare più di quel triste finale» singhiozzò.

«Non lo so. So soltanto che noi due siamo, e saremo per sempre legati. Distruggersi e poi mancarsi. Perdersi ma poi cercarsi. Probabilmente è così che si siamo amati, soltanto che allora non lo sapevamo» rispose scrollando le spalle.

«Nella vita, niente può cancellarsi. Tantomeno, le cose che più ti hanno segnato. Ma qualunque cosa succeda tu sappi che ti porterò sempre con me, anche se il nostro tempo è ormai scaduto» le sorrise tristemente.

«Probabilmente la parte peggiore è quando non si resta amici. Ma nemmeno nemici. Ma soltanto estranei con tanti ricordi in comune».

«Posso?» indicò le catene che gli legavano le braccia e lui annuì leggermente.

In poco tempo fu libero, e finalmente in grado di non guardarla, ma anche toccarla. Respirare il suo profumo, stringerle la mano.

«Vuoi veramente che io me ne vada?» sussurrò, «No. Ma so che devo farlo» asciugò una lacrima che aveva rigato il viso della corvina, «Avanti, sei Mercoledì Addams. E sai una cosa?» le prese il volto fra le mani, sfiorandole le trecce.

«Mercoledì Addams non deve piangere per qualcuno che non merita le sue lacrime. Hai capito?» non rispose, «Mh?» lei annuì piano, anche se non ci credeva -alle sue parole-.

Loro avevano sempre avuto un rapporto strano, e in quel momento se ne resero finalmente conto.

Amore e odio.
Un minuto primo il Paradiso, quello dopo l'Inferno.
Era diventata una routine, una sorta di abitudine.
Ma una cosa era assolutamente certa.

Lei aveva bisogno di lui.
E lui aveva bisogno di lei.

𝑨 𝒐𝒄𝒄𝒉𝒊 𝒄𝒉𝒊𝒖𝒔𝒊 ᵐᵉʳᶜᵒˡᵉᵈⁱ́ˣᵗʸˡᵉʳDove le storie prendono vita. Scoprilo ora