Flashback
Ero in veranda con la nonna in un pomeriggio d'estate, sedute nella panchina a dondolo mentre lei mi acconciava i lunghi capelli neri in una treccia, aveva un tocco delicato e premuroso, ero la sua unica nipote e penso sia per questo che lei teneva così tanto a me.
"Ecco qui Norah, la treccia è finita. Guarda tesoro, ti piace?" Mi chiese alzando davanti al mio viso uno specchio non molto grande, mi guardava sorridendo in attesa di una risposta da parte mia.
"Grazie nonna, è bellissima!" esclamai sorridendo a mia volta guardandomi nello specchio; le mie iridi verde smeraldo spiccavano fra il nero dei capelli, mentre il mio viso era cosparso di lentiggini molto chiare. Mi avvicinai a mia nonna abbracciandola, lei mi accolse fra le sue braccia avvolgendomi e accarezzandomi la schiena dolcemente come solo lei sapeva fare.
"La mamma viene a prendermi dopo cena?" Chiesi alzando lo sguardo su di lei; per essere nonna era abbastanza giovane, non aveva rughe ma solo delle lievi occhiaie, quelle erano di famiglia; i capelli di un castano molto scuro, erano lisci e le arrivavano poco più sopra le spalle, mentre i suoi occhi avevano lo stesso colore dei miei se non più chiari.
"Tesoro la mamma non verrà sta sera, non sta molto bene adesso e ha bisogno di riposarsi." Mi spiegò accarezzandomi il viso, ora il suo sguardo sembra essere pieno di compassione, compassione per una bambina di sei anni.
"Non sta bene? Ti riferisci al segno rosso che ho qui, nonna?" Le chiesi con tono innocente, indicando con la mano un punto preciso sotto il costato, mia nonna però si incupì in viso e mi tolse subito la mano da lì. "Norah ascolta bene le mie parole, tu non dovrai mai dire a nessuno che la mamma ti ha fatto quel segno, intese?" Era la prima volta che la vidi così seria, quindi le promisi che non lo avrei mai detto a nessuno. Sarebbe stato un segreto fra noi.
Tre anni prima
I primi raggi di sole si riflettevano nella mia camera attraverso le tende, la sveglia che stava suonando segnava le cinque del mattino, io mi trovavo avvolta nelle coperte del mio letto mentre guardavo un punto fisso del soffitto, tirai fuori il braccio dalla coperta e lo allungai verso il comodino spegnendo la sveglia. Sarei dovuta andare al lavoro per le nove ma siccome ogni notte la passavo insonne, mettevo sempre la sveglia presto perché stare nel letto se non si riesce a dormire non ha senso e non fa bene al cervello, il letto si usa per dormire e se la tua mente di notte si abitua a stare sveglia non va bene, l'ho sentii dire da un dottore qualche tempo fa'.
Mi alzai indossai le pantofole e misi la vestaglia da notte di seta nera, rifeci il letto e andai in bagno per sciacquarmi il viso e fare la mia solita routine di skin care; presi alcuni prodotti applicandoli sul viso soffermandomi per un momento sul mio riflesso nello specchio... non mi riconoscevo più e continuavo a chiedermi come ci fossi finita in quel baratro senza luce.
Sospirai e proseguii spazzolando i capelli, dopo di chè uscii dal bagno scendendo di sotto in cucina, preparai il caffè e presi il sacchetto dei biscotti; mentre aspettavo che il caffè fosse pronto mi persi come al solito nei miei pensieri senza nemmeno rendermene conto, fu il borbottio di quest'ultimo a risvegliarmi così spensi il fornello e presi la moka afferrandola dal manico, versai il caffè in un tazzina e la portai al tavolo, mi sedetti prendendo un biscotto dal sacchetto tocciandolo poi nel caffè e infine addentarlo.
Era il primo anno in cui vivevo da sola in una casa tutta mia, fu la nonna a insistere per prendermela e se avessi rifiutato ne avrebbe fatto una questione personale, quindi non potei fare altrimenti. Ho vissuto con lei per la maggior parte della mia adolescenza e spesso la vado a trovare, non abita a molta distanza da me e saperla quasi sempre sola a casa non mi piaceva.
Non appena si fecero le sette e mezza sistemai tutto e tornai di sopra per cambiarmi; una volta in camera mi vestii con una felpa grigia e dei cargo scuri poi andai a truccarmi, misi un po' di correttore sotto gli occhi per cercare di contrastare il viola delle mie occhiaia e ci passai poi la cipria.
Quando finì di truccarmi completamente misi il mio giacchetto nero in pelle; in cui infilai telefono e portafoglio all'interno delle tasche, poi uscì di casa chiusi la porta e andai di lato, aprii il garage con il telecomandino apposito ed entrai andando verso la mia moto: una Kawasaki Ninja 650 nera, una volta messo il casco la portai fuori poi richiusi il garage; dopo essere salita e averla accesa partii.Dato che era ancora presto feci il giro più lungo per arrivare nello studio di tatuaggi in cui lavoravo, era ormai primavera e il tempo oggi era particolarmente soleggiato con qualche nuvola innocua; una volta arrivata parcheggiai la moto tolsi il casco e sistemai i capelli, dopodiché scesi dalla moto e con il casco ancora in mano entrai in negozio. Tra i vari colleghi c'erano anche Jason e Arthur i miei due amici, dopo averli salutati andai verso la stanza in cui si trovavano gli armadietti, aprii il mio mettendoci il casco all'interno e nel frattempo Jason mi raggiunse appoggiandosi con la spalla agli armadietti, sentivo il suo sguardo su di me.
"Come stai oggi? Hai dormito?" Mi chiese il ragazzo dai capelli castani e gli occhi verdi, una cosa che accomunava entrambi.
Jason era più alto di me circa una decina di centimetri, di conseguenza dovettti alzare il viso per guardarlo, aveva il corpo cosparso di tatuaggi i capelli corti e al naso portava un piercing; chiusi l'armadietto e mi girai verso di lui "Sto bene Jason non ti preoccupare, e sì ho dormito." mentii ma non avevo voglia di subirmi la solita ramanzina, insomma Jason per me era come un fratello e sapevo che si preoccupava soltanto, ma non sopportavo la compassione altrui. Specialmente nei miei confronti.Lui mi guardò non convinto della mia risposta ma decise di non interferire, e per questo gliene fui davvero grata, se ne andò verso la sua postazione dato che era arrivata una cliente da lui, così feci lo stesso anch'io. Appena arrivai nella mia parte iniziai a sistemare alcune cose finché non arrivò una ragazza per un tatuaggio, la feci accomodare e cominciai le varie procedure per poterle poi fare il tatuaggio.
Amavo il mio lavoro, era un mondo che mi aveva sempre affascinato, quando devo fare un tatuaggio a qualcuno è come se il cliente fosse la tela e io quella che andrà a "pitturargliela"... ogni tatuaggio ha la sua storia e così anche la persona che decide di farselo.
Ho visto clienti di ogni età, persone commuoversi dopo aver fatto un tatuaggio che per loro significava molto, persone piene di emozioni diverse: chi aveva paura per il primo tatuaggio, chi invece non vedeva l'ora e impazziva di gioia o magari scoppiava in lacrime per qualche motivo personale. I tatuaggi non sono solo un mucchio di inchiostro, anzi, per molti sono una sorta di terapia e io li capivo, mi aiutavano a distrarmi riuscendo a curare una parte di me che si era ormai persa.
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𝐴 𝑆𝑖𝑙𝑒𝑛𝑡 𝐿𝑜𝑣𝑒
Romance"Perché chi ama davvero, prova emozioni talmente forti che rischierebbe la vita per te." Esistono due tipi di amori "silenziosi" ed il primo può essere inizialmente dolce, trasformandosi in rude, crudele e tremendamente sbagliato. Può farti del male...