🌹 3. Baby, me ne vado 🌹

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"Il buio...può essere
precursore della luce?"
#chiara_artemozioni

Sono sola anche oggi in un paesino sperduto a qualche chilometro da Torino ed è la giornata perfetta per essere single... ma che diamine! È la festa degli innamorati, come fa ad esserlo?

Questa mattina mi sono svegliata con fatica, ancora amareggiata dalla sua totale assenza nella mia vita. Sono due giorni che non mi scrive o chiama e... mi manca!

La vibrazione che avevo sentito ieri era una banale notifica di Instagram. Ci sono rimasta male quando me ne sono accorta e all'improvviso la mia gioia è svanita.

È sparito e non so nemmeno dove sia. Chissà se sta bene almeno.

A quanto pare gli uomini sono tutti uguali, avrei dovuto saperlo. Mi ero ripromessa di tenerlo a distanza dopo l'esperienza prettamente negativa con Alberto e invece eccomi di nuovo a pensare ad un uomo, triste e amareggiata perché non si fa più sentire e oggi è pure San Valentino.

Afferro un paio di pantaloni lunghi e aderenti. Li indosso, mentre mi fermo a contemplare fuori dalla finestra la giornata fredda e uggiosa che mi si prospetta.

Tutto mi sembra l'esatto opposto di un anno fa.

Un San Valentino tramutato in un improvviso e inaspettato cataclisma, appena un mese dopo il mio fidanzamento con Alberto, un sì che avrebbe dovuto cambiarmi la vita in meglio e invece fu il precursore della fine.

La mia vita sembrava dannatamente felice e perfetta, eppure quella mattina c'era qualcosa che stonava. Avevamo appena finito la colazione e come sempre lui si era diretto in camera a cambiarsi mentre io ero rimasta in cucina a sbrigare alcune faccende. Avevo un solo appuntamento a metà mattina, quindi potevo terminare con calma alcune incombenze prima di dovermene andare. Canticchiavo felice mentre lavavo i piatti fantasticando sulla nostra serata insieme, dove mi avrebbe portato a cena? Cosa avremmo fatto?

«Alberto, tutto bene?» chiesi dopo una ventina di minuti, preoccupata di non vederlo ritornare. Mi fermai subito, ammonendomi. Magari mi stava preparando una sorpresa per la festa degli innamorati e io richiamandolo gli stavo solo mettendo fretta. Smisi di colpo e ritornai speranzosa a rammendare la cucina.

Non mi rispose, ma dopo qualche minuto uscì dalla porta, cupo in volto.

Rimase davanti a me per un tempo indefinito con lo sguardo fisso nel vuoto. Cosa stava succedendo? Non capivo.

«Baby, dobbiamo parlare» bofonchiò con difficoltà, rompendo improvvisamente il silenzio nella stanza. Sentii un brivido di freddo percorrermi la schiena e il gelo si impossessò delle mie ossa.

Qualcosa non andava davvero e io non me ne ero accorta. Lo capii in quell'istante e nei successivi, durante il monologo frammentato e sconclusionato che seguì quel preludio. Alberto mi fissava con gli occhi spenti come un autonoma programmato solo ed esclusivamente per elencare le mie innumerevoli mancanze nei suoi confronti.

Ad un certo punto, si interruppe qualche istante per riprendere fiato. Mi guardò nuovamente con i suoi occhi vitrei e sentenziò deciso: «Baby, me ne vado».

Tre parole, semplici e concise, che decretarono la fine della nostra storia, indelebili e taglienti.

Mi portarono a pensare quante volte avevo sentito uscire dalle sue labbra la parola baby dalle sue labbra con calore e amore a contrasto con quell'istante in cui mi era sembrata solo gelida e asettica.

Sentii un dolore acuto al petto, mentre lui aggiungeva qualche considerazione sul suo stato d'animo ripetendo con ostinazione quanto si sentisse sotto pressione per le innumerevoli incombenze di una vita insieme, angustiato dalle mie pretese.

Di cosa stava parlando? Non gli avevo mai chiesto nulla. Cosa stava succedendo?

Nessuna lacrima aveva riservato nel dirmelo. Solo un'insensata voglia di scappare il prima possibile.

Nel suo interminabile monologo era rimasto in piedi con la maniglia della porta in mano e la sua valigia pronta a pochi passi da lui.

Nella foga degli eventi ero rimasta sgomenta e imbambolata a fissarlo per tutto il tempo finché la porta del mio appartamento si era richiusa dietro di lui. Si era volatilizzato.

«Buongiorno signorina, ha bisogno d'altro?»

Cosa? Mi rendo conto solo adesso di essere nella sala della colazione. Sono vestita di tutto punto e davanti a me ho una signora bionda, di mezza età, che mi sorride con gentilezza. Dev'essere una delle cameriere dell'hotel. I suoi occhi azzurro cielo mi ricordano quelli di Alberto, ahimè. Cerco di non distrarmi ancora una volta e abbasso lo sguardo.

Ho una tazza di tè fumante tra le mani, della frutta e un paio di cornetti caldi e lei parlandomi, mi ha riportato al presente all'improvviso. Mi ero persa a pensare a quell'insensato del mio ex ed erano mesi ormai che mi succedeva più.

«No, no. Va bene così» mi affretto a rispondere prima di incamminarmi nella luce soffusa della stanza, nella disperata ricerca di un tavolino libero per sedermi.

Ne individuo uno, proprio di fianco alla finestra.

Appoggio la tazza e mi fermo a contemplare la pioggia. È una giornata uggiosa e vorrei solo ritornarmene a letto sotto le coperte calde, nella speranza che il tempo voli via senza ferirmi ancora una volta.

Il rumore e la regolarità delle gocce d'acqua, che bagnano il vetro, mi cullano e mi riportano all'angoscia che avevo provato quella mattina.

Alberto mi lasciò attonita a fissare la porta. Ero rimasta sola nel mio appartamento, dove avevamo vissuto per ben cinque anni insieme.

Un misto di dolore e rammarico si materializzò in me. Mi crollò il mondo addosso. Le lacrime scendevano a fiotti e non sapevo come fermarle. Mi ritrovai a terra, senza nemmeno accorgermene, con lo strofinaccio dei piatti tra le mani.

Ero inebetita e non sapevo cosa fare.

Il mondo quel giorno, per come lo avevo conosciuto fino a qualche istante prima, si era letteralmente sgretolato in mille pezzi allo stesso modo in cui si era rotto irreversibilmente il mio cuore.

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Angolo autrice:
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Chiara
#chiara_artemozioni

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