🌹 8. Cosa voglio davvero? 🌹

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"La volontà,
la ricerca
della felicità
E la mia continua
contrapposizione."
#chiara_artemozioni

«Scusa», gli dissi, «com'è che ti chiami?» E lo persi per sempre. O riuscii in qualche modo ad attirare la sua attenzione. Non so quale fosse stato il mio intento originario, se mai ne avessi avuto uno, ma sicuramente gli rimasi impressa e me ne resi conto con maggiore certezza nei giorni che seguirono, specialmente la mattina successiva quando arrivò euforico in ufficio. Era al settimo cielo e venne subito a salutarmi.

Lo freddai immediatamente senza volerlo e lo ferii.

Non ci pensai più di tanto in quel momento, ma la sua espressione triste mi rimase impressa tutta la giornata. Non riuscivo a perdonarmi. Continuavo a pensare al suo viso e faticavo a togliermelo dalla testa.

La sua espressione si contrapponeva con quella gioiosa e felice del giorno precedente.

Nemmeno alla mia domanda della sera prima si era rattristato così tanto, anzi mi aveva risposto in modo pacato, seppur decisamente molto sorpreso, con una frase concisa e semplice: «Mi chiamo Riccardo e tu, se non erro, devi essere Camilla». Alla quale decise di aggiungere poco dopo le seguenti parole: «È  stato un piacere passare questa meravigliosa serata con te. Ci vediamo!».

Non lasciò trasparire disagio per avergli chiesto qualcosa di così singolare dopo aver passato l'intera serata con lui. Non lo fece, terminò in modo pacato fissandomi con uno sguardo trasognato e un sorriso sulle labbra che potei apprezzare non appena si tolse la mascherina perché ormai era rimasto da solo in macchina.

Rimasi a fissare imbambolata l'auto schizzare via, domandandomi quale fosse stata la sua reale reazione a quella mia bislacca domanda. Non riuscii a rispondermi. Presi la mia macchina e ritornai in hotel con quella domanda che continuava a ronzarmi nella testa come sta facendo la sua ormai da qualche giorno...e io che mi ostino a non voler trovare una risposta!

Di certo quella sera non aveva dimostrato nemmeno un segno di dispiacere rispondendomi o, almeno, non era così pronunciato come quello della mattina successiva. Mi gelai guardandolo uscire dal mio ufficio e sperai di sbagliarmi, però ebbi l'amara certezza di averlo ferito non appena lo incrociai di nuovo in corridoio: la sua energia positiva se n'era completamente andata lasciando spazio ad un malessere percepibile a chiunque gli passasse vicino. Ero certa fosse stata colpa mia e non riuscivo a perdonarmelo a prescindere da quello che provavo per lui. Non potevo fargli male e non volevo. Mi ero imposta di rimanere single dopo la fine della relazione con Alberto ed ero certa di aver fatto bene a freddarlo, non mi aspettavo però di ferirlo così tanto. Questo mi destabilizzò e non poco. Lui era stato gentile con me tutta la serata, mi aveva accompagnato a cena e mi aveva fatto sentire meno sola in una città che non conoscevo affatto. Non potevo fargli del male, non avevo alcun diritto per farlo eppure volevo a tutti i costi allontanarlo da me e comportandomi in questo modo ci stavo riuscendo, quello che non avevo considerato era quanto male gli avrei provocato.

Entro in camera dell'hotel dopo aver passato l'intero tragitto a rimuginare su di lui, non so ancora cosa gli risponderò ma di certo mi manca. Vorrei fosse qui, vorrei poter parlare con lui e soprattutto vorrei sapere dove si trova. Sta bene?

Perché è così terribilmente difficile avere sue notizie? Ordino una tisana in camera e mi butto sul letto, sprofondando sul piumone colorato che fino a poco fa era perfettamente posizionato come copriletto. È caldo e morbido, una carezza sulle mie guance e un ristoro per la mia stanchezza. Rimango a fissare il soffitto bianco e immacolato su cui hanno posizionato una striscia di Led laterali per regalare quella luce soffusa nella stanza nelle ore serali, quando il sole ormai è tramontato.

Penso di nuovo a lui come avevo fatto quella sera rientrando in hotel, quando mi ero ritrovata a pensare a lungo alle ore passate insieme e, una volta entrata in stanza, mi ero ritrovata con lo sguardo fisso nel vuoto, il pettine in mano e la mente proiettata ai momenti trascorsi con lui.

Ne rimasi stupita quando me ne accorsi, non era affatto da me. Qualcosa stava cambiando e io ne avevo paura. Temevo di rimanere invischiata nel dolore acuto ancora una volta e non volevo rischiare.

La sera ero stata spigliata e solare, mentre la mattina successiva lo avevo freddato in un istante a lavoro. Era convinta fosse il comportamento giusto e continuai nei giorni successivi. Nonostante finissi sempre per chiedergli scusa verso sera, poco prima di uscire dall'ufficio, e andare immancabilmente a cena con lui, alla mattina ero fredda e lo tenevo a dovuta distanza in ufficio, quasi a temere che gli altri potessero intuire qualcosa o che la relazione diventasse diversa da quella di due semplici colleghi che si ritrovavano a cenare insieme per farsi compagnia. Lo salutavo a malapena se lo incrociavo in corridoio e tentavo di evitarlo quando mi cercava. Il mio intento era quello di spegnere ogni suo entusiasmo qualsiasi fosse il motivo per cui lo stavo facendo. Non ci scambiammo nemmeno il numero di cellulare. Non volevo avere un modo per contattarlo qualora mi fosse venuta voglia di farlo. Volevo tenerlo a distanza, mi ero ripromessa di non cascare di nuovo tra le braccia di uomo e ci stavo riuscendo finché lui... non decise per entrambi.

Forse stavo sbagliando tutto e, prima o poi, ne avrei pagato le conseguenze, ma non sapevo nemmeno cosa stavo cercando davvero da lui o da noi. Per il momento ero felice di poter passare delle ore in sua compagnia a cena, piuttosto di rimanere sempre da sola.

Avevo paura di riaprirmi all'amore, era stato duro con me e mi aveva fatto soffrire e non volevo ricaderci di nuovo e, nonostante avessi intuito che qualcosa in me stava cambiando, lo mantenni lontano da me quanto più possibile. Passammo numerose serate insieme e questo mio desiderio iniziò a contrapporsi alla mia volontà di volerlo conoscere di più.

Mi divertivo con lui, ero ritornata a ridere.

Avevo paura in cuor mio e una domanda si materializzò nei miei pensieri: cosa volevo davvero da lui?

Non riuscivo a rispondere. Per quanto mi sforzassi rimanevo sempre appesa e priva di parole, successe lo stesso quando me lo chiese pure lui.

Cosa volevo?

Perché era così dannatamente complesso e sofisticato rispondere?

E adesso cosa voglio? Ancora non lo so.

Bussano alla porta e con gioia vedo che la mia tisana ai frutti rossi è arrivata accompagnata da una buona fetta di tiramisù, esattamente quello che mi ci voleva per iniziare la serata all'insegna della solitudine e dei film d'autore.

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Angolo autrice:
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Chiara
#chiara_artemozioni

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