12) Mi vuoi?

947 60 20
                                    

“Questa come ti sembra?”

Manuel lo sta contemplando da almeno mezz’ora, da quando Simone si è seduto sul letto a gambe incrociate, con una tuta addosso e il telefono in mano per cercare un appartamento che possa fare al caso suo. Ha anche già mandato tre richieste al suo posto perché Manuel sembrava bloccato, al punto da non riuscire nemmeno a scrivere per chiedere di vedere gli appartamenti che gli erano piaciuti.

“No, questa non mi piace. E poi costa troppo. Comunque magari per oggi basta, vediamo se domani uno di questi tre risponde”

“Manu non puoi cercare case così. Roma è un delirio, sai quanta gente cerca una casa? Devi aprirti più possibilità. Almeno un’altra vediamola”
Cerca ancora, fino a mostrargli un bilocale minuscolo ma carino. Lontano dal centro, perché non potrebbe permettersi diversamente, ma comunque non troppo fuori portata.

“Questa è bella, sì.”
“Mando?”
“Manda” sorride, spostandosi dietro di lui in ginocchio. Lo circonda con le sue braccia e poggia il mento su una sua spalla.
Quel contatto lì fa in modo che Simone si lasci andare indietro con la testa.

“Grazie” sussurra Manuel, lasciandogli un bacio su una guancia.
“Lo faccio solo perché così poi vengo a scroccarti l’affitto” ride.
“Infatti questa cosa sarà scritta nel contratto, come postilla: Simone Balestra è obbligato a dormire in casa di Manuel Ferro almeno sei sere su sette”
“Addirittura? Questo è sequestro”
“Te dispiace?”
“No. Sinceramente no. Però ti volevo fare una domanda…”
“Dimmi”
“Quando finisci di fare la scimmietta, te lo dico…”

Manuel arrossisce ancora e si ammutolisce, come la sera prima mentre lo imboccava con il sushi. Non è ancora riuscito ad entrare nell’ottica secondo cui Simone lo prende solamente in giro e non è minimamente infastidito da lui.
E da un lato Simone lo comprende, perché quattro anni sono tantissimi per perdere quel tipo di confidenza che si era creata tra di loro.

“Scusa”
“Vieni qua” lo tira, facendolo tornare davanti a lui. Lo guarda da vicino e gli sorride, prendendogli le mani tra le sue.

“La smetti di andare in ansia?”
“Non vado in ansia, è che mi viene da fare alcune cose istintivamente ma mi rendo conto dopo che è esagerato”
“Ma esagerato per chi? Per me no, ti prendo solo in giro. Non puoi andare in paranoia per un abbraccio, lo capisci?”
“Sì, è che a volte non so come gestire tutto.”
“Non devi gestire niente, Manuel. Puoi essere totalmente te stesso, con me”

Manuel annuisce, ma ha bisogno di cambiare subito argomento.

“Tu che mi dovevi dire?”
“Volevo capire che intenzioni hai”
“In che senso?”
“Con me. Lo so che adesso siamo entrambi in un momento particolare, è successo tutto di fretta e probabilmente dobbiamo andarci con i piedi di piombo, però ho bisogno di capire se tu ci sei, se hai intenzione di scappare ancora o se hai iniziato a crederci davvero…”

“Io ci credo.” ammette, guardandolo negli occhi. “Ho, forse, solo bisogno di un po’ di tempo, almeno per gridare al mondo intero di me, di te, di noi. Io non sono come te, e di questa cosa mi dispiace tremendamente. Non ho il coraggio che hai tu, e se penso di avere gli occhi puntati addosso vado in panico”

Simone annuisce. Lo sapeva, dentro di sé, che Manuel non fosse davvero pronto. Normalmente si arrabbierebbe, ma con lui adesso non riesce. Cerca di comprenderlo e di assicurargli tutto il tempo di cui ha bisogno.

“Non starò qui a dirti che è sempre facile. A volte sembra che nessuno faccia caso a due ragazzi che girano insieme mano nella mano, ma altre volte succede che certi sguardi ti fanno male. Molto male. Per non parlare dei commenti. Viviamo in un mondo un po’ di merda, io lo so, e non posso dirti che andrebbe sempre bene; però posso dirti che quando ti sentirai pronto io sarò accanto a te a stringerti la mano, e se dovessero esserci quegli sguardi a farti male, te la stringerei ancora di più.”

Manuel lo guarda, vede gli occhi di Simone lucidi nonostante il piccolo sorriso sulle sue labbra; vede l’asperità con cui non è di certo nato, ma con cui ha dovuto fare i conti per forza di cose.

“Riesci davvero ad aspettarmi?”
“Certo, che t’aspetto. A patto che non vai in panico anche in una stanza d’albergo. Con me puoi fare tutto quello che vuoi, puoi essere tutto quello che vuoi. Poi, per il mondo esterno, ci penseremo insieme. Non posso costringerti, e nemmeno lo voglio. Possiamo comunque fare mille cose insieme in giro senza baciarci o tenerci per mano, e comunque in generale non amo mostrare certe cose in pubblico e da quello che ho visto in vacanza nemmeno tu.”

“No, per niente. Però voglio decidere se baciarti o meno in pubblico, se tenerti per mano o meno, e non bloccarmi per l’ansia che mi veda qualcuno. Anche mi venisse voglia una sola volta, vorrei poterlo fare senza problemi”
“Lo farai.”

“Mi odi?”
“Non ti odio. Lo capisco, hai già stravolto abbastanza la tua vita in questi giorni. Un passo alla volta…”

Manuel annuisce, ringraziandolo con lo sguardo senza nemmeno dirglielo.

“Credo di amarti” sussurra. “Realmente. Avevo sul serio il terrore che mi fosse solo rimasto il ricordo di te, la voglia di averti, invece ti guardo e penso solo che ho bisogno di un po’ di tempo per rimettere insieme tanti pezzi, ma che sei quello che voglio.”

“Anch’io ho bisogno di rimettere insieme alcuni pezzi. Ti capisco davvero, non sto dicendo una cazzata. E io non credo di amarti, ti amo e basta. T’ho sempre amato, anche quando ho provato sentimenti per un’altra persona. Non lo so, se si possono amare due persone nello stesso momento, ma è come se avessi messo in pausa, forzatamente, tutto quello che ho provato per te. Ed è tornato tutto a galla, improvvisamente, come se non fosse passato nemmeno un solo giorno”

“Sai che m’ha detto mi madre, stasera?”
“No, cosa?”

“Che ricorda una volta in cui sono tornato a casa, anni fa, e ha pensato che fossi innamorato perché avevo iniziato ad ascoltare canzoni d’amore mentre ero sotto la doccia”

Simone ride solo ad immaginarlo, perché Manuel Ferro che ascolta canzoni d’amore è impensabile per chiunque.

“Che t’ascoltavi?”
“Lascia perde, Simò.”
“No, ora me lo dici”
“Ok, te lo dico. Se me prendi in giro te prendo a sberle”
“Parola di lupetto. Che ascoltavi?” ride come un bambino, con i pugni chiusi sotto il mento e i gomiti poggiati sulle gambe.

“Tiziano Ferro” ammette con un sospiro, coprendosi il viso con le mani.
“Lo sapevo! Sei proprio scontato e prevedibile, Ferro…”
“Hai detto che non m’avresti preso in giro”
“Mi fa ridere immaginarti, ma Tiziano Ferro è una cosa giustissima.”
“Va be, comunque è durato poco”
“E quindi ascoltavi canzoni deprimenti mentre mi pensavi?”
“No, ascoltavo canzoni deprimenti mentre mi ripetevo quanto fossi sbagliato perché ti pensavo.”

Simone si avvicina di più alle sue labbra, ci lascia sopra un bacio delicato e lo guarda senza interrompere il contatto.

“Mi vuoi?”
“In che senso?”
“In ogni senso. Mi vuoi? Vuoi toccarmi, baciarmi, guardarmi…?”
“Sempre…”

“E allora è tutto giusto. Non è sbagliato niente, tantomeno tu”
Lo bacia ancora, questa volta senza smettere. Fa in modo che ricada all’indietro sul materasso, per poterlo sovrastare con il suo corpo.

“Perché anch’io ti voglio. Tantissimo. Mi basta sfiorarti e impazzisco…”

Lo spoglia lentamente, lo bacia di continuo dalla fronte fino a scendere sempre più giù. Ogni parte del suo corpo, sopra i tatuaggi, ovunque.
Manuel è pieno di brividi, ma non di freddo. Impazzisce sotto quei baci, li prende tutti senza dire niente.
Baci caldi, umidi, lenti e quasi asfissianti.
Inizia quasi a preoccuparsi, per quanto sia forte quello che prova. Fisicamente e mentalmente. Non era mai stato così forte, e inizia a pensare che non reggerebbe a sensazioni sempre più grandi; eppure, una cosa così, potrebbe solamente crescere fino ad esplodere completamente.

(Pensavo fossi) Solo di passaggio ||  Simuel Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora