15) Sempre così

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“Manuel, fermati!”
Non lo ascolta.
Dopo l’ultimo messaggio di Alessandro, Manuel ha indossato le scarpe e, dopo aver cercato l’indirizzo del suo studio, è uscito di casa nonostante Simone abbia cercato di fermarlo.

Lo sta seguendo, adesso. Vorrebbe impedirgli di mettersi in mezzo, di fare cazzate, ma non ci è ancora riuscito. È arrabbiato anche con lui, perché gli aveva risposto e aveva dato ad Alessandro il modo di scrivere ancora.

“Cristo santo, ti vuoi fermare?” è sceso dalla macchina, dopo averla parcheggiata malissimo, e cerca di fermarlo ancora.

“Simò lasciami stare. Se sta storia non la chiudi tu, la chiudo io al posto tuo”

Si intrufola nel palazzo appena un signore esce, e sale le scale velocemente. In questo momento non gli interessa nulla, nemmeno che possano esserci dei pazienti in studio.

“Dove sta?” la segretaria all’ingresso lo guarda sconvolta.
“Chi?”
“Alessandro. Dove sta?”
“Il dottore è con un paziente, la prego cortesemente di abbassare il tono della voce”
“No, a me non me ne frega un cazzo della voce. Lo faccia venire di qua”

Dietro di lui Simone, che vorrebbe sparire dalla faccia della terra perché lei lo conosce bene e lo guarda senza capire.

“Simone…”
“Scusa, Ada. Davvero.”

Non c’è bisogno che lei lo chiami, perché Alessandro esce da una stanza e li guarda come fossero pazzi.

“Siete impazziti? Sto lavorando”
“Testa di cazzo, hai finito a rompere i coglioni o te devo sfonnà lo studio?”
“Non è proprio il luogo adatto”
“Lo decido io, quello che è adatto. Devi lascià sta Simone, io non te lo ripeterò una volta in più. Sei na merda, e non ce stai co la testa”
“Possiamo riparlarne in un altro momento?”
“No, non ne parliamo più perché se t’avvicini o anche solo gli scrivi io torno qua e te spacco la faccia. Dopo te devi trovà n’osteopata proprio bravo che te rimette in sesto”
“Ok… adesso, se per favore ve ne andate…”
“Hai capito?”
“Ho capito, adesso ve ne andate però”

Indica ad entrambi l’uscita, proprio dietro di loro.
Simone si trascina Manuel con sé, lo spinge quasi fuori da quello studio, continuando a tirarlo anche giù per le scale.

“Sei rincoglionito?”
Manuel non risponde.

“Oh, Manuel! Sto parlando con te!” alza di più la voce, una volta in strada.
“Che vuoi, Simò? Ho fatto na cosa da ragazzino stupido? Probabile. Però m’ero rotto il cazzo, e visto che tu sei offuscato dall’idea che ti sei fatto di quello e lo giustifichi sempre, l’ho mandato a fanculo al posto tuo”
“L’hai minacciato”
“Me sembra pure poco”
“Complimenti, bel modo per risolvere le cose”

Si allontana, tornando verso la macchina.

“Ah, mo la colpa sarebbe mia?”
Simone non gli risponde nemmeno, sale in macchina e mette in moto, tornando verso casa sua.

Questa volta è Manuel che lo segue, e ricorda perfettamente dove porta quella strada che Simone ha preso. Ricorda ogni dettaglio di quel pezzo senza indicazioni verso villa Balestra, dove era stato tantissime volte in quell’anno.

“Te vuoi fermà?” lo raggiunge, stringendogli un braccio per farlo smettere di camminare.
“Hai fatto una cazzata, ti dovevi fare  i cazzi tuoi”
“Questi so cazzi miei. Oppure pensi che dovevo sta lì a guardare mentre ti fai insultare dal tuo ex che è impazzito e ha iniziato a fare il pazzo stalker?”
“L’avrei risolta io”
“Sì? E come? Rispondendogli ai messaggi?”
“Stai facendo un casino inutile, Manuel…”
“No, tu c’hai il cervello proprio fuso. Va bene, ho sbagliato i modi. Ma non c’ho visto più, non te può trattà così.”

Simone cerca di calmarsi, di allontanare la paura che aveva avuto che Manuel lo picchiasse davvero. Cerca di mettersi nei suoi panni, di accettare il fatto che Alessandro si sia comportato malissimo contro ogni sua aspettativa.

“Me dispiace, Simò. Davvero. Però ho smattato…”
“Ok…”
“No, nun me di OK.”
Sospira, avvicinandosi a lui che guarda altrove.

“Guardami” lo fa, lo guarda.
“Mi dispiace. Volevo proteggerti dalla merda che ti stava buttando addosso. L’ho fatto in modo infantile e primitivo, ma non posso più tornare indietro. Quindi, per favore, torniamo a casa insieme…”

“Adesso sto qua, vado a salutare mio padre e mia nonna”

Manuel annuisce, ma dentro di sé c’è la paura che Simone non possa tornare.
Gli sembra di averlo distante, di non conoscerlo come vorrebbe. Di essersi preso una libertà che non gli apparteneva.

“Poi torno. Aspettami a casa”
“Va bene… ordino due pizze, magari”
“Sì, la pizza va bene…”

Manuel vorrebbe baciarlo, abbracciarlo, dirgli che non l’avrebbe mai fatto, se non l’avesse ritenuto necessario.
Lo lascia andare, però, salutandolo solamente a voce.
Torna a casa e lo aspetta, e aspetta anche il rider per le pizze.

Appena sente suonare scatta in piedi: aveva iniziato a pensare che non sarebbe realmente tornato.

“Ohi…”
“Ciao. Sono in ritardo?”
“No, tranquillo. Le pizze non sono ancora arrivate. Dovrebbero consegnarle a momenti”
“Ok…” lo guarda, cedendo subito dopo ad un abbraccio.
Lo stringe forte, sussurra uno “Scusa” sulla sua spalla su cui ha poggiato il mento.

“Ti ho trattato male, scusa…”
“Non fa niente, c’ho pensato in queste due ore e penso di aver fatto proprio il coglione”
“No… hai esagerato un po’, ma lo so che l’hai fatto solo per me. È che…” si stacca dall’abbraccio, adesso, per poterlo guardare. “È che un comportamento del genere non l’aveva mai avuto, e ho pensato che fosse solo colpa mia, ad avergli tirato fuori tutta quella reazione”

“Tu non fai schifo, Simò. Non te lo può dire. Va bene la rabbia, va bene un vaffanculo, un litigio, va bene tutto… però poi basta.”
“Lo so.  Hai ragione”
“E comunque non gli avrei davvero spaccato lo studio”
“Me lo auguro…” sorride, infilando una mano tra i ricci dei suoi capelli. Lo bacia, prima lentamente e poi con sempre più foga. “È che sei quasi più carino, quando ti incazzi”

“Carino?”
“No, proprio eccitante. Se ci ripenso adesso, quasi salterei la cena”
“Eh, ma la cena adesso la saltiamo. Aspettiamo le pizze, poi le poggiamo e le mangiamo dopo” continuano a baciarsi, tra una parola e un’altra.
E fanno esattamente così: aspettano le pizze, e le lasciano freddare sul tavolo nel cartone perché Simone lo trascina di peso in camera da letto, lo spoglia velocemente e lo lascia cadere sul materasso.

Manuel lo guarda, con l’affanno di chi non ce la fa più, ma lo ferma appena Simone ricade su di lui.

“Non così”
Si sposta, facendo ricadere Simone sul materasso. Sale sopra di lui, a cavalcioni, e non smette nemmeno per un secondo di guardarlo.

“Addirittura?” Simone gli stringe i fianchi, eccitato per quella presa d’iniziativa che non aveva mai avuto prima. 

“Addirittura.” Conferma, alzando il bacino per farsi penetrare. Non interrompe mai il contatto visivo, si muove lento, cerca la sua bocca tantissime volte, talmente tante che Simone si alza con la schiena, restando seduto per stringerlo meglio a sé.
“Vorrei stare sempre così…” è Manuel, a sussurrarlo. Ha il fiatone e si stringe a quel corpo più grande del suo.

“E allora stiamo sempre così”.


Buonasera, volevo avvisarvi del fatto che questo è il penultimo capitolo.
Il prossimo, però, ovvero l'ultimo, sarà più lungo del solito.
Sento di aver concluso il cerchio di questa storia, ma ne ho già in mente un'altra (Con il suggerimento e l'aiuto della mia Cristina ❤️). A domani con l'ultima parte 🙏🏻
A.

(Pensavo fossi) Solo di passaggio ||  Simuel Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora