8) Decisioni

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Ha resistito altri tre giorni, Manuel. Gli sembra di impazzire, di non riuscire più a portare avanti una farsa troppo grande, di non poter guardare più in faccia quella che dovrebbe diventare sua moglie e con la quale non dovrebbe avere segreti.

Invece lui di segreti sente di averne fin troppi e troppo importanti, per poter continuare a mentire. Ed è vero, tutto quel bene che prova per lei; è vero il fatto che farebbe qualsiasi cosa per vederla felice, perché questa relazione non è mai stata una farsa. L’ha amata, la
ama, ma di quell’amore troppo fragile che alla fine ti accorgi essere un bene immenso, o un amore che potresti dare a un’amica.

Non è come quello che ha provato per Simone, quattro anni prima. Quello che ti logora dentro, che ti fa pensare di impazzire, se non ce l’hai davanti; quello che ti eccita sempre, che ti soddisfa, che ti fa sentire vivo anche in silenzio senza guardarsi.
Quell’amore lui l’ha rifiutato dentro di sé e anche quel giorno sotto casa con Simone che moriva dentro, per quell’abbandono crudo e indimenticabile.

“Vitto, possiamo parlare?” prende coraggio, mentre lei sta scegliendo online un abito per la
cena di Natale.

“Dimmi, amore...” si siede accanto a lei, sul divano, riuscendo stranamente a guardarla negli
occhi. Non sa ancora per quanto, ma al momento ci riesce.

“Ti piace questo?” Vittoria gli mette davanti al viso il suo tablet, e Manuel sorride appena,

annuendo. “Anche secondo me è meraviglioso. Domani vado in negozio e lo provo”

“Sì... ti starà benissimo”

“Anche secondo me, o almeno lo spero. Comunque, dimmi” è totalmente rilassata, e questo pensiero uccide Manuel. Ha la responsabilità di farle fare un tonfo a terra, di farla cadere dalle nuvole, di rovinarle tutto: il Natale, il matrimonio, la vita.

“Ci sono delle cose che devo dirti...” ora guarda a terra, e non può vedere la preoccupazione che adesso arriva sul volto di Vittoria.

“Che è successo, Manu?”

“Me devi promette na cosa, prima. Che m’ascolti, fino alla fine. Poi puoi fare quello che vuoi, anche insultarmi e picchiarmi. Fai quello che vuoi, ma ascoltami se no non ce riesco”

“Chi ti sei scopato, Manuel? La segretaria? O quella del bar?” glielo chiede con la voce che già le trema, e adesso lui alza lo sguardo, scuotendo la testa.

“Nessuno. Non mi sono scopato nessuno, Vittò. Ma perché te sei fissata co quelle due, poi?”

“E allora che è successo?” ignora la domanda, perché ha bisogno di sapere.

“Anni fa, cinque, io ho avuto una storia. Non è stata proprio una storia, in realtà, perché era solo in una camera da letto ed è finita malissimo a causa mia”

Vittoria non risponde, lo lascia parlare ma non per ciò che lui le ha chiesto all’inizio, solo perché non sa cosa dire e non capisce dove voglia arrivare. “Con un ragazzo. Che ho amato, con il tempo l’ho dovuto ammettere almeno a me stesso. L’ho amato tantissimo, ma avevo talmente tanta paura di me, di quello che ero, di quello che mi piaceva, che sono scappato dicendogli che per me non contava niente, e l’ho fatto dopo un anno in cui stavamo insieme ogni giorno a casa sua o a casa mia.”

“Perché non me l’hai mai detto?”

“Perché non c’era niente da dire, era finita troppo male ed ero stato malissimo. Quando ti ho conosciuta soffrivo ancora per tutto, per me, per lui, per noi... e non volevo pensarci più, perché tanto non l’avrei più rivisto.”

Si guarda le mani, se le distrugge mentre cerca di trattenere le lacrime dettate dai sensi di colpa per lei e dai ricordi dolorosi.

“Manu... tranquillo. Non fa niente, se non me l’hai detto. Lo capisco, anche se avrei preferito saperlo prima, ma solo perché pensavo ci dicessimo tutto”

(Pensavo fossi) Solo di passaggio ||  Simuel Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora