7) Manuel

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[Questa storia mi sta togliendo la vita, ho troppe cose in testa da far succedere, ma non posso correre troppo. Quindi al momento è uscito questo capitolo, ché per quanto Manuel sia un disastro, ricordatevi sempre che io a Manuel voglio un bene infinito in ogni universo e in ogni storia possibile. Però pure a Simone, come fossero miei parenti. E quindi alla fine soffrono entrambi perché sono una masochista folle 😂.
Mi dispiace che non si siano ancora riattivate le notifiche, spero si risolva prima o poi questa cosa. Io comunque posterò come sempre almeno una volta al giorno, quindi se volete sono sempre qui ❤️🦕.
A.]

Il ritorno in azienda da parte di Manuel è stato catastrofico. Il padre di Vittoria, Luigi, lo ha accolto nel suo ufficio con le braccia conserte, seduto dietro la scrivania, con un’aria di rimprovero per quel ritardo post pausa pranzo non previsto.

Lui e Simone erano rimasti per pochissimo tempo in hotel, ma Manuel si era trattenuto un’ora in più perché non riusciva a muoversi. Seduto sul letto, a fissare il vuoto, con il respiro corto e qualche lacrima che gli scendeva sul viso.

“Luigi… che ci fai qua?” Nel mio ufficio, vorrebbe dirgli, ma non glielo dice. Perché Luigi gli risponderebbe che quell’azienda è sua, quel posto è suo, e niente gli appartiene.

“Dov’eri, Manuel?”
“Avevo da fare una cosa”
“E ti sembra un buon motivo per fare un ritardo del genere?”
“Non succede mai, lo sai. Arrivo sempre mezz’ora prima ogni giorno, di solito pranzo qui dentro”
“Dove sei stato?”

Manuel non sa cosa rispondergli, vorrebbe solo dirgli di farsi un grandissimo pacco di cazzi suoi, ma non lo fa. Non oserebbe.

“Te l’ho detto, avevo da fare. Vuoi mettermi un gps, la prossima volta?” non si trattiene a una battuta passivo-aggressiva.

“Sai qual è il problema, Manuel?”
“No. Dimme…” sospira, rassegnato all’idea che quell’uomo non lo sopporta affatto.
“Che mia figlia s’è innamorata de te. Le ho presentato decine di ragazzi negli anni, figli di soci, figli di amici, ma lei no. Lei ha voluto te.”
“Beh, ha buon gusto…”
“Te fa ride, Manuel? Perché a me no”
“Non sto ridendo. Sto sdrammatizzando, perché non so se te ne sei accorto ma questo è il momento in cui tu mi offendi velatamente. Anzi, nemmeno velatamente. E tua figlia è perfino ignara di questo. Se ti sentisse, non ti parlerebbe più. E tu me dovresti ringrazià, che non ho mai provato a mettertela contro”

“Sei tu che dovresti ringrazià ogni giorno de la vita tua pe esse il futuro marito di mia figlia.”
“Evidentemente sei abituato a ringrazià pe così poco, tu”
“Mia figlia non è poco”
“No, tua figlia no. Tutto il contorno che me devo accollà sì, però. E ce vuole coraggio, credime. Ora, se non ti dispiace…” gli indica la porta, mantenendo una calma che solitamente non gli apparterrebbe.

Luigi si alza da quella sedia, facendo il giro della scrivania per avvicinarsi alla porta.

“Ti tengo d’occhio, Manuel…”
“Eh, bravo. Magari a na certa te do un motivo reale pe odiamme”

Prende un grande respiro, appena l’uomo sparisce dalla sua vista.
Crolla, appena non può vederlo, e afferra il suo cellulare per chiamare l’unica persona che in questo momento potrebbe porre fine alla sua disperazione.

Dopo tre squilli a vuoto sorride per quella voce sempre così alta, distratta, ma allo stesso tempo amorevole.

“Ma allora te sei ricordato de avecce na madre!”
“Ehi… scusa, lo so che sono sparito ma il ritorno a lavoro è stato devastante.”
“Come stai?”
“Sto. Infatti te volevo parlà. Possiamo parlà, stasera? Io e te, pizza e birra sul divano…” lo dice con un po’ di magone. In questo momento si sente come un bambino che ha bisogno della sua mamma per tranquillizzarsi, e Anita -sua madre- lo percepisce benissimo.

(Pensavo fossi) Solo di passaggio ||  Simuel Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora