Capitolo 10

21 4 0
                                    

CAPITOLO 10

E come ogni lunedì da poco più di un mese, Jungkook si ritrovava nell'ufficio di quella donna che lo aiutava a scavare dentro di sé sempre più affondo di quanto la sua mente gli permettesse. Il silenzio, da un paio di sedute a quel momento, era stato sostituito da poche frasi di botta e risposta che avevano portato il ragazzo ferito a condurre un lungo esame su stesso.

Era un manuale: parlava fin quando gli conveniva, fin quando il dolore non diventava insopportabile, era allora che evitava le domande della dottoressa, e lei lo aveva capito.

Il piede destro di Jungkook iniziò a tamburellare sul pavimento, a ritmo di esso si muovevano anche se sue mani: i gomiti poggiati sulle ginocchia che portavano le sue mani ad essere chiuse l'una sull'altra. Una carezza che cercava di regalarsi.

"Non evitare la domanda Jungkook." Lo osservò lei.

"Non la sto evitando, solo non voglio rispondere." Fece spallucce lui.

"Cosa provi quando pensi a lei?" Provò un'altra volta la dottoressa.

"Tristezza." Ammise con sconforto. Non poteva più scappare.

"Perché?" Indagò lei.

"Lei si aspetta un uomo." La sua voce iniziò a tremare mentre il suo sguardo si era spostato sulla finestra, al di là dei palazzi circostanti.

"E tu non lo sei?" Continuò lei scavando ancora più a fondo.

"Non dopo quanto è successo." Gli occhi lucidi e un nodo in gola, aveva deciso di non nascondersi più. "No, decisamente non lo sono più." Ammise più sé stesso, come se si stesse riconoscendo. "E lei se ne accorgerebbe."

"Hai paura che possa vedere la tua sofferenza?" Osò lei.

"Ovvio che la vedrebbe." Rispose ovvio. "È mia madre. Non voglio travolgerla con i miei problemi." Ammise sofferente.

"Quanto tempo è che non la vedi?"

"Due anni circa, settimana più, settimana meno." Si posizionò comodo nei suoi tormenti. "Non sa niente di quello che è successo. Mi crede ancora fuori per lavoro. In missione di salvataggio." Rise amaramente passandosi una mano sul volto, come per cancellare ogni turbamento. "Di tanto in tanto le mando delle cartoline, giusto per farle capire che sto bene." La più grande delle bigie che potesse dire.

"Perciò le menti?"

"Potrei fare altrimenti?" Domandò ripercorrendo ogni sua decisione nei confronti della madre in quell'ultimo anno. "Non posso di certo andare da lei e dirle -oh, mamma, guarda ora sto bene, fisicamente parlando. Si, mi hanno quasi ucciso, ma sto bene, beh, continuo ad avere incubi che mi impediscono di dormire, ma sto bene." La voce sicura che lo aveva accompagnato fino a quel momento era ceduta alle lacrime.

"Non credi debba essere lei a decidere se volerti accompagnare o meno in questo tuo percorso di guarigione?" Al contrario di Jungkook, la donna davanti a lui, non aveva lasciato trapelare alcuna emozione se non mantenendo un tono dolce.

"Guarigione? Sento che mi sto scavando la fossa..." Ammise lui quasi provando a trattenere il respiro per non lasciarsi completamente andare.

"Ammettere di avere un problema è il primo passo per superarlo." Presa parola di conforto la donna. "E tu quel passo lo hai fatto quando mi hai ricontattata." Gli sorrise.

"Dovrei andare da lei?" Quasi una voce dentro di lui lo aveva spinto a far uscire quelle parole. Non sapeva di volerlo.

"Tu cosa vuoi?" Lo aiutò ad interrogarsi.

"Andrò da mia madre!" Esclamò mettendosi seduto dritto. Come un lampo di fulmine che aveva attraversato i suoi occhi colmi di lacrime. "Ma non posso andare da solo, non reggerei." Si asciugò quelle righe di tristezza che si erano posate sulle sue guance.

Healing #jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora