Capitolo 2

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La notte non tardava ad arrivare, come malinconia e paure sulla pelle di Jungkook, il quale aveva, già da tempo, deciso di ignorarle. Era iniziato il suo circolo vizioso notturno: muoversi da una stanza all'altra in cerca di pace o di qualcosa che lo potesse far addormentare. Il risultato, di notte in notte, non cambiava. Occhiaie profonde e niente che lo riuscisse a far rilassare abbastanza da esser capace di abbassare le guardie e dormire.

<Ding Dong> il campanello suonò. Di nuovo, non aspettava nessuno se non qualcosa che lo distraesse dalle torture mentali.

"Seokjin hyung, Namjoon hyung!" Sorrise non appena aprì la porta. Era un po' che non li vedeva. Molte volte la giovane coppia lo aveva invitato non solo nel loro appartamento a passare qualche notte con loro, così da non essere sempre solo, ma anche a mangiare qualcosa insieme come erano soliti fare. Certo l'ultima volta che avevano passato del tempo tutti insieme, erano circostanza diverse, loro erano persone diverse.

Un anno può cambiare tanto una persona e loro tre, seppure c'era chi cercava di nasconderlo, erano cambiati tanto. A tal punto che lo specchio non ritraeva più la finta verità che cercavano di portare avanti nonostante le loro numerose ferite.

Qualcuno una volta disse: "Per andare avanti devi lasciar andare il tuo passato. Una parte di te deve morire affinchè il nuovo te possa nascere."

Seokjin ci provava, lo faceva ogni giorno. Si alzava e indossava il suo miglior sorriso. Stava lavorando su sé stesso più che mai per poter tenere stretto quei piccoli pezzetti della sua vita che, lungo il viaggio, aveva perso;

Namjoon era il suo riflesso: camminava lentamente e misurava ogni passo in modo di evitare di far troppo rumore e far sanguinare ancor di più ferite inguaribili;

Infine, Jungkook... lui era il bersaglio di sé stesso. Un anno d'inferno. Questo era il titolo che avrebbe affidato al suo editore per descrivere quei mesi. Era passato un anno, ma ogni qual volta egli chiudeva gli occhi, tornava a quelle maledetti notti come se le stesse vivendo in quel momento. Era rotto, spezzato. La cosa grave? Lo sapeva. La paura di farsi aiutare gli impediva di chiedere aiuto. Era in alto mare, ma comunque a galla, anche se per pochi istanti. E se ricordare lo avesse mandato affondo totalmente? E se raccontare tutto avrebbe fatto soffrire gli altri più di quanto avrebbe potuto soffrire lui? E se quello era il suo destino? Soffrire?

Per poter cambiare una brutta abitudine, bisogna riconoscerla e tante volte, anche riconoscendola, non si ha la forza o il coraggio necessario per abbandonarla.

Bisogna uccidere sé stessi per poter rinascere. Jungkook era già morto dentro e non sapeva come lasciarsi andare, piangere la propria morte per trovare uno spazio di rinascita.

"Cosa ci fate da queste parti a quest'ora?" Chiese sorpreso di vederli bussare alla sua porta.

"Hai mangiato?" Lo ignorò il maggiore facendosi strada nell'appartamento, come fosse casa sua.

C'era ancora puzza di nuovo. Come se in quella casa non vi abitasse nessuno se non un fantasma.

"Non ancora, pensavo di ordinare qualcosa con Just eat!" Gli rispose e se fosse stato pinocchio, il suo naso sarebbe cresciuto così tanto da arrivare al confine con la Cina. Namjoon si era reso conto della bugia del giovane, nello stesso momento in cui egli stava parlando. Aveva questa tenera e curiosa abitudine di grattarsi il retro del capo, abbassando lo sguardo per stringersi nelle spalle. Erano anni che il ragazzo dalle profonde fossette, quale era Namjoon, lo conosceva ed aveva imparato a capirlo, anche nei suoi silenzi.

"Non ne hai più bisogno." Lo informò l'uomo dalle spalle larghe. "Andiamo a cena fuori." A quelle parole il proprietario dell'appartamento, indietreggiò come se potesse sparire dentro quelle mura. Un nodo in pancia e la gola secca. Uscire di casa? Di colpo sentiva mancargli la terra da sotto i piedi.

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