Capitolo 14

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Capitolo 14

-Certe coincidenze sembrano mettercela tutta per farci credere nel destino. Anonimo

Pensandoci, questa storia è piena di coincidenze... o solo, quando qualcosa o qualcuno è destinato a te, trova il modo di raggiungerti anche quando fai di tutto per evitarlo.

Ora vi racconto di una stupida coincidenza che mise Jungkook come un segugio pronto a mordere il suo osso.

Era ormai pomeriggio inoltrato, Jimin era pronto per andare al lavoro. Era sereno. Ormai la minaccia Joowon si era estinta grazie al suo Hyung, Seokjin, e la sua vita aveva ripreso lo stesso ritmo di sempre. Era in sella sulla sua moto ad aspettare Jungkook il quale aveva cortesemente chiesto un passaggio e, a Jimin, non poteva che far piacere accompagnare il suo vicino e passare anche solo pochi minuti con lui stretto a sé.

"Scusa il ritardo." Si scusò Jungkook indossando il casco che Jimin teneva in mano.

"Non preoccuparti." Lo rassicurò maggiore sorridendo. "Sei pronto?" Chiese in seguito e, dopo averlo visto annuire, partì tutto gas.

Jimin conosceva quel posto, dove doveva accompagnare il ragazzo, infatti, dopo aver parcheggiato e averlo fatto scendere, una figura uscì dal portone di fianco a loro.

"Dottoressa." Salutò togliendosi il casco.

"Jimin." Sorrise la donna, la quale era dovuta scendere al portone dell'edificio per ritirare una posta raccomandata. "Ti trovo bene." Aggiunse.

"Sto più bene." Sorrise ancora. Lei era stata la sua psicologa, Taehyung lo aveva costretto ad andare e non poteva far altro che ringraziarlo. Quella donna lo aveva aiutato a ritrovarsi ed era sicuro che avrebbe anche aiutato Jungkook.

"Vi conoscete?" Si intromise il minore curioso. Come un pettegolo sordo cercava di captare la situazione tra i due.

"Amici di vecchia data." Gli fece l'occhialino Jimin prima di congedarsi e sparire nella strada della città.

"In che senso amici? Vi conoscevate? Come?" Con sguardo curioso Jungkook seguiva la dottoressa dentro lo studio come un cane con una calda bistecca. Voleva sapere. Doveva sapere.

"Quindi lei conosce Jimin?" La dottoressa sì era lasciata sfuggire di quando il ragazzo menzionato fosse stato un suo paziente e a quanto pare il silenzio, venutosi a creare alle altre innumerevoli domande, non era servito. Jungkook continuava imperterrito con la sua curiosità.

"Jungkook, non posso parlarti dei miei pazienti."

"Ma ha anche detto che Jimin non viene più da lei, perciò non è più un suo paziente."

"Non importa. Non posso dirti niente.

"Questo è ingiusto!"

"No, questa è la legge. Ora dimmi: come mai tanto interesse?"

"Chi io? Stavo solo chiedendo..." Si fece piccolo nel suo posto sul divano.

"Facciamo un passo indietro: da quanto lo conosci?" Chiese lei dolcemente.

"Non molto... pochi mesi." Ammise. "All'incirca poco prima di tornare in terapia."

"È stato lui a convincerti a tornare?" Forse Jungkook ancora non ci era arrivato, ma lei aveva studiato e visto casi simili. Sapeva dove andare a parare.

"Quella notte era sul tetto. Era nello stato in cui ero io sul quel tavolo in quella tenda. Avrebbe fatto qualsiasi per non sentire più dolore..." Abbassò lo sguardo sulle sue mani che si accarezzavano dandosi conforto.

"E tu cosa hai pensato in quel momento?"

"Avrei voluto prendere tutto il suo dolore." Ammise abbozzando un sorriso. Come se il suo cuore avesse parlato al posto del cervello.

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