Capitolo 10

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Mi tirai su, la testa mi faceva malissimo. Joe era steso affianco a me e dormiva ancora. Le pareti della stanza d'albergo erano bianche latte, così come le tende e le lenzuola. Mi infilai in doccia e presto capì che non ricordavo nulla della sera prima, se non Joe parlare con Taylor, fu un'immagine che scacciai rapidamente dalla testa. Aspettai che l'acqua si riscaldasse ma continuava a scendere gelida sui miei piedi, aprì il borsone di Joe e mi infilai una larga maglietta e un pantaloncino, scesi rapidamente le larghe scale in velluto e mi lasciai scivolare sul bancone della reception. Non c'era nessuno, così suonai il piccolo campanello posizionato sul ripiano, ma non arrivarono. Continuai a suonarlo ripetutamente, ancora e ancora "suonare tante volte non li farà arrivare" mi voltai di scatto, lui era seduto lì su una poltrona rossa di velluto. Aveva un pesante giaccone e il cappuccio della felpa tirato su. Perché Oliver era a Spokane, sentì i brividi percorrermi la schiena, come tanti aghi che mi punzecchiavano "cosa ci fai qui?" dissi balbettando. Lui si tirò su, strinse la mascella e disse "ti riporto a casa". Si mise in spalla lo zaino e si fermò davanti a me, il suo odore era fresco, come se fosse appena uscito dalla doccia. Mi guardò fissa negli occhi e sentì come se il suo sguardo mi scavò fino alle budella "Oliver, io sono qui con Joe e poi, devo tornare all'università" era furioso, lo sguardo cupo sul suo volto scuriva i suoi soliti occhi brillanti, poi tutto d'un tratto mi ricordai la sera passata "allora va a prendere le tue cose, ti riporto a Vancouver" mi intimò. Aveva fatto 4 ore di strada solo perché era preoccupato per me, perché credeva che avessi bisogno del suo aiuto. Mi ritrovai davanti ad una scelta, potevo risalire in camera e stendermi ancora una volta al fianco di Joe oppure andarmene con Oliver. Lui rimase lì a fissarmi, in attesa di una mia risposta. Fu in quel momento che Joe percorse le scale arrivando nella reception, mi guardò, poi guardò Oliver e scoppiò in una risata
"oh ti fa ridere vero?" sbottò Oliver agitando le mani, aveva la faccia accartocciata. Mi salì l'ansia, il panico, era l'unica cosa che non avrei mai voluto.
"certo che mi fa ridere, lo sapevo che tu eri perso di lei" disse Joe avanzando verso di lui. Volevo che la smettessero, che tacessero, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu rimanere in silenzio in mezzo a loro.
"sono innamorato di lei da quando ho 15 anni, ma tu sei così presuntuoso da credere che tu sia migliore di me" disse Oliver, li guardai il volto diventare rosso fuoco, era come guardare un incendio propagarsi.
"intanto quello che si è scopato nelle ultime settimane sono io" disse Joe, sul suo viso vidi nascere un ghigno, un mezzo sorriso. Guardai Oliver stringere i pugni, gli si serrò la mascella e iniziò a respirare forte. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime e corsi su per le scale lasciandomeli alle spalle, rientrai nella stanza d'albergo sbattendo rumorosamente la porta e crollai in un pianto disperato.

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