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La paura di impazzire si insinuava nella mia mente come un serpente velenoso. La melodia, così familiare eppure così distante, mi aveva trascinato in un vortice di emozioni contrastanti. Mi sentivo attratto da quel suono, come se una parte di me lo riconoscesse, ma al tempo stesso mi spaventava l'idea di perdere il contatto con la realtà.

Decisi di affrontare il problema di petto. Uscii dalla mia stanza con determinazione, determinato a scoprire l'origine di quella melodia e a confrontarmi con le mie paure. I corridoi del castello erano silenziosi, avvolti nell'oscurità crepuscolare. Ogni passo echeggiava nel vuoto, mentre mi dirigeva verso la fonte della musica.

Quando finalmente raggiunsi il salone principale, la musica si interruppe di nuovo, lasciandomi con un senso di smarrimento. Guardai intorno, cercando indizi su chi potesse essere stato il misterioso pianista, ma non c'era nessuno in vista. La stanza era deserta, le luci danzavano sulle pareti come fantasmi di un passato dimenticato.

Mi avvicinai al pianoforte, le dita tremanti sulla superficie lucida. Un'ondata di ricordi sfumati mi sommerse, frammenti di una vita che sembrava appartenere a un'altra persona. La melodia risuonava ancora nelle mie orecchie, evocando immagini di giorni perduti e promesse dimenticate.

"Cosa mi succede?" sussurrai all'aria circostante, sperando in una risposta che non arrivò mai. La mia voce sembrava dispersa nell'atmosfera, come se le pareti del castello custodissero segreti troppo profondi per essere rivelati.

Tornai alla mia stanza con il cuore pesante, domandandomi se avrei mai trovato le risposte che tanto desideravo. La figura luminosa nel mio sogno, la melodia misteriosa... tutto sembrava collegato in un intricato labirinto di destini intrecciati.

Mentre mi lasciavo cullare dal sonno, una speranza flebile si accese nel mio cuore. Forse, un giorno, avrei trovato la chiave per sbloccare i segreti del mio passato e scoprire chi ero veramente. Ma per ora, dovevo solo continuare ad affrontare ogni giorno con coraggio e determinazione, nella speranza che alla fine la verità si svelasse.

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In quella notte oscura, quando il castello sembrava avvolto nel mistero più fitto, mi ritrovai a vagare per i corridoi desolati. La luce fioca delle torce danzava sulle pareti di pietra, creando ombre sinistre che sembravano muoversi al mio passaggio.

Fu allora che, in una stanza buia e dimenticata, incontrai una figura che mi fece trattenere il respiro. Una ragazza, avvolta nell'oscurità, si stagliava come un'ombra contro il fondo grigio delle mura. Era seduta ad un pianoforte, mo dava le spalle.

"Chi sei tu?" chiesi, il mio cuore batteva furiosamente nel petto, ma una strana calma mi pervadeva.

Lei si girò: i suoi occhi, luminosi e penetranti, sembravano scrutare l'anima stessa.

La ragazza non risposte, ma si limitò a fissare il vuoto. Il mio cuore batteva furiosamente, ero catturato dal suo viso pallido e triste e al contempo ero inquietato da quell'atmosfera così cupa e gelida.

Ella si avvicinò, la sua figura eterea sfiorava l'oscurità con grazia, attraversò tutta la grande e gelida stanza, lasciandomi paralizzato sull'uscio della porta.

Si sedette sulla finestra, fissando il cielo della sera splendente di stelle. Si voltò e mi guardò: "avvicinati, non lasciarmi da sola" disse dolcemente, restando sempre impassibile.

Io deglutii e lentamente feci come mi disse. Mi giravo intorno man mano che avanzavo: la stanza presentava questo enorme pianoforte bellissimo, dal quale sembravo estremamente attratto. Non c'era molto altro in quella stanza, solo mobili vecchi e qualche lampada dalla luce fioca. Sembrava una specie di stanza abbandonata del castello.

Una volta avvicinatomi a lei, la ragazza incatenò il suo sguardo col mio. I suoi occhi scuri mi penetravano il cuore.

Boccheggiai, non riuscivo a parlare. "I tuoi occhi azzurri mi ricordano del cielo" Disse, e mi si fermò il respiro.

Sospirò. "È triste sentirsi soli, non è vero?" Tornò a fissare le stelle. "Tu hai il viso di un giovane uomo triste e tormentato." Abbassai lo sguardo a quell'affermazione, mi colpì in particolare perché mi rispecchiai in quelle parole.

"Perché... perché mi parli? Philip ha detto che nessuno può farlo, lo ha proibito a tutti, per garantire la mia guarigione!" Chiesi curiosamente, ma ero anche frustrato: tutta quella situazione, per me, era solo più che confusionaria.

Un accenno di un ghigno le si formò su quel viso pallido. "Io non sono un burattino. E poi, francamente, non credo che conti molto ciò che faccio" scosse il capo.

Mi accigliai, interrogativo.

Ella si alzò, mi toccò la spalla. Al suo tocco sussultai. "Sei sicuro che evitare il Mondo ti guarirà?" Mi chiese, quasi schernendomi.

Quella domanda mi provocò una fitta allo stomaco, mi agitò moltissimo. I miei pensieri cominciarono a circolare nella mia mente, circolavano velocemente, lasciandomi con mille dubbi irrisolti, sempre più fitti e intricati.

Prima che me ne potessi accorgere, la ragazza era scomparsa. Era come se si fosse volatilizzata, dispersa nell'oscurità di quella stanza, illuminata debolmente dalle piccole luci fioche di un paio di candele poste sui mobili antichi.

Abbassai lo sguardo, ansante a causa dell'agitazione e dell'ansia che riempivano il mio cuore. "Dove sei finita?"

A MELANCHOLIC MELODYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora