Mentre il tempo passava, i miei pensieri si facevano sempre più opprimenti. Seduto su una sedia nella mia stanza, il viso nascosto tra le mani, non riuscivo a liberarmi dall’immagine inquietante dei vestiti insanguinati di Cassandra, la sorella del principe Philip. La rivelazione terribile che mi tormentava mi faceva domandare: perché Philip aveva ucciso sua sorella? Cosa l’aveva spinto a compiere un atto così atroce?
Una forte nausea mi colpì, tanto da portarmi in bagno e rigurgitare dal nervoso, dall'angoscia, sputai i farmaci, uno ad uno e mi accasciai sul pavimento. La mia memoria non era tornata, più passava il tempo e più mi sentivo perso e l'unico elemento che mi riconduceva alla mia vita prima di quell'incidente era la melodia tanto malinconica che suonò Selene per me. Quella melodia mi era familiare ma non abbastanza da farmi ricordare il tutto.
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Ora, mentre mi avvicinavo alla stanza di Philip, la confusione si trasformava in angoscia. Non sapevo di chi fidarmi. Il dottor Brown era un enigma inquietante, le sue parole affascinanti ma cariche di un'oscurità che mi metteva a disagio. Ogni incontro con lui era un ballo sul filo del rasoio, un’alternanza di rassicurazioni e un'aria di minaccia sottesa. Non riuscivo a togliermi di dosso la sensazione che avesse un secondo fine, come se volesse manipolarmi per i suoi scopi.
Dall'altra parte c'era Philip, il principe che una volta consideravo un alleato. Ora, però, il suo nome era intrecciato con l’atto più abominevole: l'omicidio della sorella. La sua eleganza e il suo fascino non potevano nascondere il fatto che era un assassino. La verità che avevo scoperto mi stravolgeva, e ogni pensiero di lui ora era carico di un’ombra minacciosa. Come potevo avvicinarmi a lui per cercare risposte, quando sapevo che era capace di compiere un gesto tanto terribile?
Camminavo con cautela, cercando di mettere ordine nei miei pensieri. Il castello, un tempo un luogo di splendore e regalità, si era trasformato in un labirinto di inganni. Ogni corridoio, ogni stanza, sembrava nascondere segreti letali. E io, in questo intricato gioco di ombre, mi sentivo vulnerabile e perso.
Raggiunsi la porta della stanza di Philip e mi fermai un attimo per riflettere. Dovevo essere astuto, prudente. Le mie parole avrebbero dovuto essere scelte con cura. Non potevo permettere che la mia paura si trasformasse in debolezza. Dovevo affrontarlo con fermezza, ma con cautela, per non dare segno di quello che sapevo.
Un respiro profondo, quindi, e spinsi la porta. L'atmosfera all'interno era densa, il chiarore delle candele danzava sulle pareti, creando ombre che sembravano animate. Philip si voltò verso di me, il suo sguardo calmo ma penetrante. "Gabriel," disse, con un tono che cercava di mascherare una certa sorpresa. "Cosa ti porta qui a quest'ora?"
Ecco, l’istante che avevo temuto e desiderato. La mia mente correva. Avrei dovuto trovare le parole giuste per chiedere, per indagare. “Principe,” iniziai, la voce leggermente tremante, “volevo sapere di Cassandra.”
L’espressione di Philip si indurì per un momento, ma poi tornò a essere quella di sempre, come se avesse indossato una maschera. “Cassandra era una giovane donna coraggiosa. La sua perdita è stata una tragedia per tutti noi,” rispose, ma il suo tono era distante, come se non parlasse di sua sorella, ma di qualcun altro.
Sapevo che dovevo approfondire, ma l'idea di rivelargli che avevo scoperto i vestiti insanguinati di Cassandra mi paralizzava. Avrei potuto essere solo un burattino nelle sue mani, incapace di scoprire la verità. La tensione nell'aria cresceva, e sentivo l'ansia avvolgermi come una coperta pesante. Philip stava studiando il mio viso, cercando di intuire le mie intenzioni.
Annuii soltanto, poi ritornai in camera mia. Il dottor Brown controllò che avessi preso le medicine. Per non destare sospetti, le ingerii e quando se ne andò le vomitai terrorizzato dall'idea che fossero nocive per me, più che curanti.
Ormai ero diventato diffidente.