Il sonno, finalmente, iniziò a cullarmi, ma era un riposo intriso di sogni confusi e frammentati. Immagini sfocate si alternavano nella mia mente, ma nulla si cristallizzava in un ricordo chiaro. Nel sonno, sentivo il richiamo di voci lontane, e ombre sfuggenti danzavano nei recessi della mia coscienza.
Ce n'era una però, c'era una figura in particolare che aveva catturato la mia attenzione in quel sogno. Era una figura luminosa intrappolata in una stanza buia. Il suo volto era però sfigurato dalla luce, le sue vesti fluttuavano nel vuoto, mentre una melodia malinconica rimbombava nelle mie orecchie.Mi svegliai di soprassalto, sudato e ansante. La stanza era avvolta nell'oscurità, interrotta solo dalla fioca luce proveniente da una lampada a olio accanto al mio letto. Il dottor Brown, ancora presente, si alzò dalla sua sedia e si avvicinò con uno sguardo preoccupato.
"Come vi sentite, signor Gabriel?" chiese, la sua voce sommessa nell'aria silenziosa.
"Confuso... tutto è così nebuloso. Chi sono? Da dove vengo?" risposi, cercando di afferrare frammenti di memoria che sfuggivano come sabbia tra le dita.
Il dottore si sedette sul bordo del letto, un'espressione compassionevole dipinta sul suo volto rugoso. "L'amnesia può essere un fenomeno temporaneo. Date tempo al vostro cervello per guarire. Magari, con il riposo, la vostra memoria tornerà gradualmente."
Mi strofinai gli occhi, cercando di scacciare la confusione. "Ma chi sono queste persone? Il principe... Philip... non ricordo nulla di loro."
Il dottore tentò di spiegare, "Siete Gabriel, un nobile di corte, e il principe Philip è vostro amico da lungo tempo. La vostra vita è legata al palazzo reale. Spero che la vostra memoria ritorni, signor Gabriel. Nel frattempo, siate paziente."
La notte passò lentamente, interrotta da lampi di lucidità seguiti da momenti di totale smarrimento. Il dottore continuava a sorvegliarmi attentamente, monitorando ogni segno di peggioramento.
Verso l'alba, mentre il chiarore del nuovo giorno si faceva strada attraverso la finestra, il principe Philip fece ritorno nella stanza."Gabriel, come state?" chiese con occhi preoccupati.
"Philip, mi dispiace... non ricordo nulla di te, del palazzo, della mia vita passata," confessai, provando un senso di colpa per l'ansia che vedevo nei suoi occhi.
Philip sorrise debolmente, posando una mano sulla mia spalla. "Non preoccuparti, amico mio. Siamo qui per te. Daremo il tempo necessario alla tua memoria di tornare. Nel frattempo, ti considero ancora il mio caro amico."
"Il dottore non mi ha dato nessuna cura?" Domandai.
"No, bisogna pazientare. Dovrai recuperare la tua memoria da solo, ti sarà vietato interagire con gli altri abitanti di questo castello per alcuni giorni" risposte Philip con il volto triste.
"Fortunatamente il resto della mia famiglia è in viaggio, qui ci sono solo i servi. Sono stati già avvertiti che non dovranno rivolgersi a te in nessun modo" continuò.Sospirai frustrato. "Ma come? Perchè? Non posso parlare con nessuno?"
"No Gabriel. Il dottore dice che devono passare prima diversi giorni, la tua ferita deve chiudersi per bene, devi riprendere le forze. Se ti sforzerai a ricordare con l'aiuto degli altri, rischierai solo di sprecare energie preziose e finirai per impazzire" il principe divenne d'un tratto severo. Ci teneva molto alla mia guarigione.
Io annuii rassegnandomi.
Mentre il giorno avanzava, mi sforzai di adattarmi a questa vita che sembrava estranea, di colmare il vuoto nelle mie memorie con la gentilezza e l'amicizia che mi circondavano. Le parole del dottor Brown risonavano nella mia mente, un richiamo a pazienza e speranza.
Le giornate si susseguirono, eppure ogni momento era permeato da un senso di incompletezza. Passeggiavo per i corridoi del palazzo, osservando volti familiari che mi salutavano affettuosamente con un semplice sguardo, rispettando gli ordini del principe. La mia mente restava un puzzle senza soluzione. Quella strana figura luminosa ogni tanto ricompariva nella mia mente, era l'unica immagine che riuscivo a ricordare. Era così luminosa che quasi mi accecava, ma al contempo era impossibile non guardarla. Mi incuriosiva in modo particolare ma non ne comprendevo la ragione.
Una sera, mentre guardavo il tramonto dal balcone del palazzo, il dottor Brown si unì a me. "Signor Gabriel, il tempo è un alleato prezioso. Le risposte potrebbero emergere quando meno ve lo aspettate."
Guardai oltre l'orizzonte, sentendo la sua saggezza penetrare attraverso il mio stato d'animo nebuloso. "Dottore, quanto tempo passerà prima che io possa riacquistare la mia identità?"
"Non c'è una risposta definita," rispose, "ogni individuo è un universo a sé stante. Continuate a esplorare, a interagire con il vostro passato, e forse troverete chiavi nascoste nelle connessioni che avete dimenticato."
Con quelle parole, mi immergei ancora una volta nel mondo che mi circondava, determinato a sondare i misteri del mio passato.
Il dottor Brown mi lasciò da solo a contemplare l'orizzonte dai toni caldi. Iniziai a giocare con i miei baffi dritti, continuando a rimuginare su quel sogno e quella melodia malinconica. Chiusi gli occhi e sospirai, cercai di sgombrare la mente dai pensieri, quando un dolce suono di un piano forte arrivò alle mie orecchie, facendomi sussultare. Mi girai di scatto, cercando di capire da dove provenisse quella melodia così piacevole, ma quando rientrai nella mia stanza, si interruppe bruscamente.Un magone mi si formò in gola e mi domandai preoccupato: "sto per diventare pazzo?"