Il mio corpo era pervaso da una sensazione di malessere mentre cercavo di ricordare qualcosa, qualsiasi cosa, legata alla musica. Ma nulla affiorava alla mia mente. Guardai la principessa Cassandra, desiderando ardentemente di poterle dare una risposta soddisfacente, ma ero solo pieno di vuoto e confusione.
"Cassandra, non sono sicuro di poterlo fare," risposi con un filo di voce, mentre cercavo di nascondere la mia crescente disperazione. "Non ricordo di aver mai suonato prima."
La sua espressione di gioia si trasformò in una maschera di preoccupazione. "Oh, Gabriel, spero davvero che voi possiate recuperare la memoria presto," disse con voce dolce, mettendomi una mano sul braccio con gentilezza. "So che siete stato un musicista straordinario, e il vostro talento sarebbe una luce nel buio di questa festa."
Mi sentii come se un peso sempre più grande si posasse sulle mie spalle. Non solo dovevo fare i conti con la mia amnesia e con la sensazione di essere intrappolato in un labirinto di segreti, ma ora dovevo anche confrontarmi con le aspettative degli altri nei miei confronti.
Guardai oltre la principessa, verso le porte principali del castello che ora sembravano così lontane e irraggiungibili. La mia mente era tormentata da pensieri confusi e dalla sensazione di essere prigioniero di qualcosa di molto più grande di me.
Improvvisamente, il principe Philip prese sua sorella da parte, con fare un po' brusco e la allontanò. Non sentii cosa si dissero, ma Philip era visibilmente infastidito.
Mentre camminavo verso la mia camera, i passi pesanti riecheggiavano nel corridoio deserto del castello. La tensione nel mio petto non accennava a diminuire, mentre riflettevo sulle parole della principessa Cassandra e sulla sua insistenza nel farmi ricordare un passato che sembrava irrimediabilmente perduto.
Entrai nella stanza e mi lasciai cadere pesantemente sulla sedia accanto alla finestra. Il chiarore della luna filtrava attraverso le tende, proiettando un bagliore pallido sull'arredamento austero della stanza. Mi sentivo intrappolato in un labirinto senza via d'uscita, circondato da misteri e segreti che sembravano oltrepassare i confini della mia comprensione.
Mentre ero perso nei miei pensieri, un lieve bussare alla porta mi fece sobbalzare. Mi alzai lentamente dalla sedia e mi avvicinai alla porta, chiedendomi chi potesse essere a quell'ora tarda della notte.
"Chi è?" chiesi con voce incerta, sperando che non fosse il principe Philip o qualcun altro a cui dovevo dare spiegazioni che non avevo.
"Gabriel, sono io, Cassandra," risuonò la dolce voce della principessa dall'altra parte della porta. "Posso entrare?"
La mia mente era in tumulto. Non sapevo se fossi pronto ad affrontare un'altra conversazione con lei, ma alla fine cedetti alla curiosità e aprii la porta lentamente.
Cassandra entrò nella stanza con un sorriso gentile, i suoi lunghi capelli biondi cascavano morbidi sulle spalle. Mi guardò con occhi pieni di compassione mentre si avvicinava a me.
"Gabriel, posso vedere che sei tormentato da pensieri oscuri," disse con voce morbida, porgendomi una mano con gentilezza. "Sono qui per te, se hai bisogno di parlare."
Sospirai, mi sedetti sul mio letto e lei mi imitò.
"Cassandra, non capisco cosa sta succedendo," confessai con voce sommessa, cercando di trovare le parole giuste per esprimere la mia confusione. "Non ricordo nulla del mio passato, e ogni tentativo di recuperare la memoria sembra essere vano. Mi sento come se fossi intrappolato in un labirinto di segreti e bugie, e non so come uscirne."
La sua mano si strinse gentilmente intorno alla mia, trasmettendomi un senso di calma e rassicurazione. "Gabriel, capisco che la tua situazione sia difficile," disse con dolcezza, i suoi occhi verdi fissi nei miei. "Ma devi sapere che non sei solo. Io sarò qui per te, per aiutarti a superare qualsiasi ostacolo possa presentarsi sul tuo cammino."
Mi sentii improvvisamente meno solo, meno smarrito nel labirinto dei miei pensieri.
"Grazie, Cassandra," risposi con gratitudine, stringendo la sua mano con forza. "Significa molto per me sapere che posso contare su di te."
Cassandra sorrise teneramente, i suoi occhi brillavano di speranza. "Non c'è bisogno di ringraziare, Gabriel," disse con gentilezza. "Ciò che conta è che ci sosteniamo a vicenda nei momenti di bisogno."
La principessa mi abbracciò calorosamente. Quell'abbraccio fu tanto forte. Le sue labbra sfioravano la mia guancia destra, sembrava volersi avvicinare molto a me.
Mi guardò negli occhi, sorrise, poi pian piano accorciava le distanze tra noi. Le sue labbra si posarono quasi sulle mie, quando un tonfo terribile, improvviso mi fece sussultare.Mi alzai di scatto, ansimando dalla paura. Corsi fuori per cercare di capire che cosa fosse successo, e ritrovare l'enorme lampadario della sala da ballo completamente frantumato a terra.
La scena che si presentò davanti ai miei occhi era spaventosa: il lampadario, una magnifica creazione di cristalli scintillanti, giaceva in frantumi sul pavimento, mentre pezzi di vetro riflettevano la luce fioca delle candele.La principessa Cassandra mi raggiunse poco dopo, visibilmente scossa dalla vista del disastro. "Gabriel, che cosa è successo qui?" chiese, guardandomi con occhi pieni di preoccupazione.
Scossi la testa, incapace di fornire una risposta immediata. "Non lo so," risposi onestamente, scrutando attentamente i detriti alla ricerca di indizi su ciò che poteva aver causato il crollo. "Dobbiamo chiamare qualcuno per ripulire questo disastro."
Mentre ci chinavamo per raccogliere alcuni frammenti di vetro, un grido risuonò dall'altra parte della sala. Ci voltammo entrambi di scatto e vedemmo una figura in lontananza, una figura che sembrava muoversi con rapidità furtiva.
Senza esitazione, mi ptecipitai verso quella direzione, determinati a scoprire chi fosse responsabile di questo incidente. La figura si allontanava rapidamente, era sinistra e sconosciuta. Sembrava muoversi con una strana agilità, quasi sfidando la gravità stessa. Non riuscivo a distinguere i suoi lineamenti nel buio del corridoio, la mia vista si stava appannando. Il frastuono del vetro frantumatosi poco prima, improvvisamente, riempì la mia testa, i miei timpani. Strinsi gli occhi e mi tappai le orecchie, vedevo dinanzi a me una maschera bianca, inquietante, poi del sangue, poi una veste. Urlai dal dolore.
Un attimo dopo, mi ritrovai nella mia stanza. Avevo la bocca secca ed ero leggermente sudato.
"Che succede?" Biascicai.
"Signor Gabriel, si è finalmente ripreso!" Esclamò il dottor Brown.