"Buonanotte, Andrew." Fu tutto quello che dissi dopo aver notato i suoi tratti velarsi di quella che a me pareva essere preoccupazione.
Mi lasciò le mani ed io mi allontanai di poco da lui, indietreggiando verso il cancello di casa mia: mi guardava implorandomi di crederlo, di ascoltarlo. Ma come potevo anche solo pensare che fosse una cosa seria se non mi aveva neppure fornito una spiegazione? "Fallo e basta." Non è una delucidazione.
"Già." Mormorò strisciando le scarpe per terra, come se dovesse pulire l'asfalto da tutti i sassolini.Curvai le labbra in un debole, quasi invisibile sorriso, ma lui non lo vide perché era troppo impegnato a guardare verso il basso evitando il mio sguardo. Aprì il cancello, facendo scattare la serratura per poi spingerne una metà per poter entrare nel piccolo giardino.
Rivolsi nuovamente lo sguardo verso Andrew che aveva gli occhi puntati al cielo; così, facendogli da specchio, sollevai anche i miei come se, facendo in questo modo, potessi incontrare le sue iridi azzurre di riflesso all'immenso cielo sopra di noi.
Il "mare fluttuante", dal blu intenso che sembrava mescolato al nero, era costellato da tanti piccoli puntini luccicanti che, incastonati nel vasto manto bluastro, sembravano brillare di diversi colori, variando dal rossastro al giallo per poi passare al bianco puro.
Quando abbassai lo sguardo, fissandolo davanti a me, Andrew non c'era più: si poteva scorgere solo la sua sagoma allontanarsi nel buio a passi lenti, ma decisi.
Chiusi il cancello, provocando un rumore sordo e veloce, per poi aggrapparmi alle sue sbarre, guardandolo scomparire nel vicolo scuro e cupo.
Sospirai sommessamente, facendo scivolare le mani lungo barre del cancello e rivolgendo lo sguardo al pavimento irregolare che permetteva, all'erbetta verde vivace, di spuntare tra un mattone e l'altro.
Voltatami, entrai in casa per poi chiudermi la porta alle spalle. La casa era, ovviamente, immersa nel silenzio più totale ma, ben presto, una suoneria molto familiare si diffuse fino ad arrivare alle mie orecchie: il mio cellulare.
Mi apprestai subito a raggiungere il piano superiore per poter porre fine al suono incessante; arrivata in camera mia, notai prontamente il dispositivo vibrare allegramente sul materasso, immerso nelle candide coperte.
Fortunatamente riuscì ad afferrarlo prima che la suoneria cessasse. "Che diamine di fine hai fatto?" "È più di un'ora che ti cerchiamo!" "Oddio! Sei viva?"
Allontanai il cellulare dall'orecchio prima che le voci ad ultrasuoni mi privassero del prezioso dono dell'udito. Roteai gli occhi al cielo sentendo le esclamazioni che fecero, una in seguito all'altra, Jasmine, Josh ed Emily."Si, sono viva e sono appena arrivata a casa." risposi calma, lasciandomi sedere sul letto.
"Perché non hai risposto prima?" la voce preoccupata di Jas si appropriò del cellulare per poi lasciare spazio a quella di Emily "E soprattutto perché sei sparita?"
"Non ho risposto prima perché avevo dimenticato il cellulare a casa e sono sparita perché..." nella mia mente passarono velocemente le immagini dei momenti trascorsi forzatamente con Jeremy, ma non mi andava di spiegare tutto, così mi limitai a giustificarmi aggiungendo "la musica era troppo alta e non mi stavo sentendo tanto bene."
Dall'altro capo ci fu un attimo di silenzio, come si stessero guardando per decidere se credermi o meno. Finalmente qualcuno parlò: Josh. "E non potevi semplicemente avvertirci invece di farci preoccupare così tanto?" il suo tono era duro e intransigente: l'avevo fatto stare veramente in pensiero. "Avete ragione, scusatemi. È solo che... vi stavate divertendo e non mi andava di disturbarvi, in qualche modo." Ed era vero: non volevo rovinare quella serata, ma non avevo neppure previsto che succedesse tutto questo.
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You could be my only cure
FantastikChristine è una ragazza come tante: simpatica, allegra e amante della vita. Tuttavia la sua esistenza è destinata a cambiare radicalmente in seguito ad una tiepida notte d'estate. Le sue giornate saranno piene di bugie, le quali con il tempo si accu...