LAURA

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Ascoltalo, quel brivido.

Dai retta a quella strana sensazione, il corpo parla e spesso rivela verità che la mente prova a nascondere.

Martina G.





<Sei sicuro di voler andare al locale?>

Solo dopo esser rimasta sola con Marco mi resi conto di tutto. Era stata una giornata faticosa, e soprattutto avevo contribuito al perenne gioco insensato di Austin e tutto davanti a Marco. Sul momento non me ne ero resa conto, troppo presa dalla mia incontrollabile impulsività, ma in quel momento, con Marco davanti la lucidità mi fece quasi paura.

<Certo, però Laura, non mi piace molto quel tuo amico>

Aveva ragione, come poteva piacergli? per tutta la giornata aveva dovuto assistere a tutte quelle battutine indecenti.

<Non è un mio amico. È il fratello di Mia> Cercai di giustificare l'accaduto. Effettivamente non eravamo amici.

Fortunatamente, Mia non era ancora arrivata. Mi sarebbe dispiaciuto renderla partecipe dei pensieri di Marco.

<Va bene, non fa niente. Pensiamo a divertirci>

Un altro pregio del mio fidanzato era proprio quello. Saper disinnescare. Cosa che io, non ero proprio in grado di fare. Anzi, ho sempre cercato il confronto, a volte fino a litigare. Io volevo litigare, e non perché soffrissi di qualche strana forma di autolesionismo, ma perché io non riuscivo a non chiarire una situazione. Non riuscivo a lasciar perdere. Per me era molto meglio una brutta litigata piuttosto che una finta pace.

Nell'esatto momento in cui schiusi la bocca per prendere parola, Mia suonò il campanello lasciando così far cadere il discorso.

<Eccomi!> Esordì entusiasta.

Sorrisi guardandola sventolare una borsa piena di vestiti.

<Lo sai che non devi andare in gita per un mese vero?> Ridacchiai.

<Certo che lo so, ma ho portato qualche opzione> Ribatté euforica.

La amavo, era un vulcano di colori brillanti. Un concerto di note allegre.

<Va bene ragazze, ho capito la solfa. Lasciatemi preparare un attimo e poi il bagno è tutto vostro>

Guardammo tutte e due Marco e poi dopo un'occhiata di intesa ci defilammo in camera mia.

Era passata un'ora, ed eravamo ancora chiuse in camera. Mia aveva scelto un vestito blu cobalto che le risaltava alla perfezione le forme longilinee. Io invece, spinta anche dalla sua insistenza, avevo deciso di osare, indossando il famoso vestitino che avevo comprato.

Rimasi per qualche minuto a contemplare la mia figura riflessa sul grande specchio al centro dell'armadio. Il vestito mi arrivava sopra al ginocchio. Il tessuto nero fasciava le mie curve, senza però stringere troppo sul seno, ed il colore nero faceva a gare con i capelli.

<Trucco!> Esordì Mia con già i pennelli da trucco in mano.

<Penso di essere già appariscente così> La bloccai titubante.

<Assolutamente sì! questo volevi dire vero?> Sorrise maliziosa.

<Certo, proprio quello> La presi in giro.

Così, seppur tentennante, mi misi a sedere sul letto. Mia era davanti a me. Dapprima colorò le mie palpebre con un color rosa cipria poi le delineò con una riga sottile di eyeliner.

<Mascara>

Sembrava un chirurgo in piena operazione. Era concentrata e parlava da sola. Aveva un occhio chiuso e uno aperto. Era così buffa.

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