AUSTIN

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Ci sono persone in grado di staccarti dal mondo, di spegnere la luce e farti vedere l'arcobaleno nel buio, ci sono persone con l'animo talmente potente da farti credere che almeno in quel momento, vicino a loro tutto è possibile. Ed è una bella sensazione.

Martina G.


Il suo corpo era disarmante, il suo viso illegale, tutto di lei era per una condanna, una condanna a cui non riuscivo più a tenere a freno. Quel suo modo di guardare il mondo, di renderlo bello e innocente, quasi mi faceva credere che quel mondo fosse davvero come lo vedeva lei, e questo mi faceva paura più di tutto il resto.

Tutto di lei mi faceva perdere il controllo, la ragione. Non riuscivo a non desiderarla, non riuscivo a togliermi quel suono, quella voce idilliaca, cristallina, non riuscivo a rinunciare al suo modo di pronunciare il mio nome.

Ero devastato dal contro senso, dalla voglia e dalla paura. Lei era quello, era voglia di illudermi di provare a sapere come era fatta la libertà, ma era anche paura, di schiantarmi di nuovo, di trovarmi ancora più incatenato di prima, paura di perdere quel piccolo affranto di vita vera, di svegliarmi un giorno e avere l'ennesima conferma di quanto la mia vita non fosse altro che una stupida ricompensa per qualcun altro.

Dovevo rallentare e lo sapevo, la stavo illudendo, anche se lei non lo diceva, io quel terrore lo sentivo picchiarmi in testa, in continuazione. Ero terrorizzato all'idea di poterla vedere soffrire per me.

Non era facile, non era facile per niente. Quando eravamo insieme, era come stare in una bolla, dove tutto era possibile, ma quando il nostro momento finiva, e tutto tornava alla realtà di quella bolla mi rimaneva solo la consapevolezza di ciò che ero. Quello sbagliato per lei, per me, per tutto, quello ero.

Quel giorno, avevo deciso di raggiungerla, di andare da lei per provare a salvarla, avevo percepito quei tagli nel suo cuore, nel suo arcobaleno avevo intravisto tracce di nero. E quel giorno me lo sentivo, sentivo che doveva essere portata via da quelle persone. E poi, insomma avevo bisogno della nostra bolla.

E così, mi ritrovai li, a guardare la piccolina dagli occhi troppo grandi diventare rossa per l'imbarazzo.

Per tutto il giorno in testa avevo un unico pensiero, quello di farmi uccidere da quella ragazza incanto in ogni maniera possibile. Perché lei forse non lo sapeva, non sapeva che ogni suo movimento, ogni suo sguardo era per me un colpo davvero difficile da superare, lei non lo sapeva del potere che aveva, era in grado di farmi uscire dagli schemi, di farmi volare in altro, sulla Luna.

Ed era proprio per quel motivo che almeno nei momenti come questo, lei meritava il meglio, perché era diversa da tutto e da tutti ed io non volevo trattarla come se non valesse niente.

Anche se la mia indole era quella, anche se la mia vita era quella, con lei, involontariamente mi comportavo in maniera diversa. Cercavo di rendere il tutto meno brutale, volgare e severo. E tutto questo mi terrorizzava, perché io non ero così, e non lo sarei mai stato, io ero stronzo, menefreghista, guardavo le donne con disprezzo, le cercavo e le volevo per far star zitto il mio ego, le avevo in torno perché ero obbligato, ma lei, cazzo lei la volevo intorno e basta.

Gocce d'acqua le scivolarono sul viso, sul collo e sul seno, più le gocce le toccavano la pelle più io andavo in tilt.

<Austin.. io..> Non sapeva cosa fare, era in imbarazzo, ma io avevo bisogno di vederla in quel modo.

Mi avvicinai per un attimo a lei accarezzandole il mento <Una storia piccola, pensa ad una storia..> Puntai la sua bocca respirandoci sopra.

<..Devi aprire le gambe..>  Continuai mordendole un labbro.

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