PROLOGO

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Fin da bambini ci insegnano che le storie finiscono sempre con un bel "e vissero felici e contenti", potrei anche essere d'accordo, ma nessuno si è mai soffermato più di tanto a pensare a quanto dolore può passare tra l'inizio e la fine di ogni storia. Chi inventa storie, non pensa mai al personaggio, pensa a piazzargli un melodramma per poi risolverlo con uno schiocco di dita. Beh, vi assicuro che in questa storia, la mia storia, nessuno schioccherà mai le dita per me.

A dirla tutta non saprei dire se questa è la mia storia, o la sua, chi lo sa. Sono semplicemente un ragazzo a cui il lieto fine a quanto pare è stato declassato dalla propria storia senza chiedere il permesso.

Ho Quattordici anni, e ho male ai muscoli, corro sempre, sorrido mentre il cuore piange, penso ad ogni modo possibile per vivere, ma la vita è dura, ed io ho paura di lei, il tempo vola veloce, proprio come veloce devo correre io ogni santo giorno, correre così veloce che in un battito di ciglia è arrivato il mio diciottesimo compleanno e mi ritrovo qui, a scrivere di te, senza conoscerti, senza sapere se mai ti troverò tra le giornate della mia triste ed arresa vita, ma in questo momento mi fa bene parlare di te, parlare come se prima o poi ci sarai tu, a tendermi la mano e ricordarmi che tutto è possibile, e so già che farò casini, so già che sarò sempre incazzato, arrogante, stronzo, scontroso e con tanto bisogno di imparare ad amare.

Ed eccomi qui, Austin Thomson, con un sorriso sfacciato stampato in viso e tanti casini in testa, questo è il mio viaggio che non inizia a ventiquattro anni, ma inizia a Diciotto, davanti a quella dannata casa dalle finestra grandi.

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