Prologo

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«Che cosa sei disposta a fare per inseguire i tuoi sogni?»
Era la domanda che i miei genitori mi ponevano sempre quando ero solo una bambina, pronti ad appoggiarmi in qualsiasi scelta prendessi. Loro erano le persone più brillanti che conoscessi, non si erano mai permessi di impormi limiti, né per lo studio né per la mia vita personale. Volevano solo che stessi bene, che fossi felice.

E quando gli comunicai che avrei voluto frequentare la facoltà di infermieristica nella mia città, rimasero increduli. Pensavano che avrei approfittato della loro bontà, che mi sarei trasferita in qualche paese stratosferico, caricando tutte le spese sul conto in comune.
Ma non faceva proprio parte dei miei piani.

Avevo voglia di studiare, di costruire la mia indipendenza, di avere una casa tutta mia. E ad oggi, ci ero riuscita. Avevo realizzato tutti i miei obiettivi e ne andavo fiera.

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«Millie, quando la smetterai di farmi la bua con quella?» domandò il bimbo seduto sul lettino, aspettando che finissi di preparare la siringa. In quel periodo ero stata assegnata al reparto di pediatria e avevo avuto modo di prendere confidenza con tutti i piccoli pazienti ricoverati.

Mi piaceva stare a contatto con loro, ma ogni volta che vedevo le loro condizioni il mio cuore si sgretolava in mille frammenti. Piccole creature costrette ad affrontare mali così grandi. «Manca poco poco, Mark» lo rassicurai, con un brillante sorriso sul volto.

Era stato ricoverato a causa di una leucemia, un tumore delle cellule staminali da cui hanno origine le cellule del sangue. Accanto a lui c'era la mamma, visibilmente preoccupata per le sue condizioni di salute.

«Posso farti una domanda?» chiese, osservando con attenzione il liquido che stavo inserendo nella siringa. «Tutte quelle che vuoi, piccoletto» risposi, lanciandogli un fugace sguardo. «Secondo te di che colore ricresceranno i miei capelli?» domandò, pensieroso.

Mi voltai verso la sua direzione, inarcando un sopracciglio. Non capivo che cosa volesse dirmi. «Le medicine mi hanno fatto cadere i capelli neri, quindi adesso come ricresceranno? A me piacciono blu» affermò, lasciandomi senza parole per un attimo.

Scossi la testa per riprendermi dall'enorme vortice di riflessione in cui ero caduta. Per via della chemioterapia aveva perso tutti i capelli, ma nonostante tutto, non si scoraggiava. Pensava che sarebbero ricresciuti di un altro colore. «Anche se dovessero ricrescere neri, potremo colorarli del colore che preferisci» dissi, cercando di non dargli false speranze.

«Adesso chiudi gli occhietti», afferrai la sua pelle fra l'indice e il pollice, sollevandola per formare una piega cutanea. Poi, infilai l'ago con un movimento svelto e deciso, somministrando il liquido. «Wow, ormai sei diventato come Spider-man» sorrisi, sfilando l'ago.

«Non ho la tutina come lui però» si imbronciò, incrociando le braccia. Trattenni una risata. «Lo so, tu ne hai una molto più bella» accennai un altro sorriso, uscendo dalla stanza.

Presi un bel respiro, buttando giù l'aria nei polmoni. «Ti prego Dio, è così piccolo» sussurrai, sperando che le sue condizioni potessero avere dei miglioramenti. Levai i guanti, gettandoli nell'apposito cestino.

Guardai l'orologio, erano già le due del pomeriggio. Questo significava solo una cosa: la pausa pranzo con Grace. Una ragazza che si era nutrita di un'infinità di pazienza per restarmi accanto, una delle poche persone che era riuscita a guadagnarsi la mia fiducia, che non aveva ceduto alla mia diffidenza.

Il mio corpo aveva proprio bisogno di rigenerarsi, di acquisire nuove energie. E lei era la persona perfetta per questo, insieme ad una bella piadina acquistata dal negozietto accanto. Sfilai il giubbotto dagli appendini e lo indossai, allacciandolo fino al collo. Subito dopo, corsi fuori dall'ospedale per poter raggiungere la mia amica.

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