"Mai avere rimpianti: se è andata bene è meraviglioso, se è andata male, è esperienza. Ogni volta che cadi raccogli qualcosa".
Oswald Avery«Ho paura» sussurrai ancora una volta, rannicchiata tra le braccia di mamma. «Lo so, tesoro. Ma il dottor Rodriguez è il migliore, lo sai anche tu» mi ricordò, stringendomi a sé. Sentivo un vuoto nel petto incredibile, le gambe tremanti e le braccia pesanti.
«Hai ragione» dissi, annuendo. Ma dentro di me continuavo a sentirmi impotente, inutile. Nonna stava male e io non potevo fare altro se non attendere in quella orrenda sala d'attesa con le pareti grigie. Provavo le emozioni che ogni giorno mi raccontavano i pazienti.
Rimasi bloccata per quattro lunghe ore in un limbo di sensazioni inspiegabili, finché non vidi Michael uscire dalla sala operatoria. Scattammo tutti e tre in piedi, in attesa di sapere come fosse andato l'intervento. Una scarica di adrenalina mi travolse. «Ci vorrà un po' di tempo, ma si riprenderà completamente» disse, facendo fuoriuscire da me un rumoroso sospiro di sollievo.
Ero così felice che avrei voluto toccare il cielo con un dito, ma dovetti trattenermi. «Grazie per tutto quello che ha fatto per mia madre, dottore» esclamò papà, stringendogli la mano. «Dovere, signore» rispose lui, mantenendo una certa professionalità.
«Michael, permetti una parola?» chiesi, pronta a esplodere di felicità. «Prego» mi indicò la strada per il corridoio, vicino ai ripostigli. «Ci vediamo dopo» salutai i miei genitori con un bacio sulla guancia e dopo aver seguito il dottore, mi guardai attorno.
«Dimmi tutto, Minnie» accennò uno di quei suoi soliti sorrisi provocatori, intenzionato a intrappolarmi. Aveva la schiena appoggiata a una delle tante porte del camerino e uno sguardo che esprimeva tutto quello che stava provando. Posai lo sguardo sui suoi occhi per esaminarli con attenzione e poi lo posai sulle sue labbra carnose.
Sembravo essere intrappolata in un limbo temporale, senza via di uscita. L'eccitazione subentrò in me, riempiendomi di adrenalina. Così, stanca di seguire sempre la testa, lo feci. Afferrai le sue labbra e le incastrai fra le mie, in un bacio ricco di desiderio.
«Abbiamo già rinunciato ai principi morali?» domandò, contento di avermi fatto perdere il controllo. «Stai zitto, perché potrei ripensarci» sussurrai, accarezzando il suo volto. «Non lo farai» rispose, impadronendosi delle mie labbra ancora una volta.
Nessuno dei due sembrava intenzionato a smettere di dar sfogo alla passione. Nessuno dei due voleva fermarsi o ripensarci. Proprio per questo ero preoccupata; l'ultima volta diedi la colpa all'alcool, questa volta solo ai miei pensieri. Perché la verità è che lo volevo.
In poco tempo, le attenzioni che mi aveva concesso divennero fondamentali. Come se qualcosa mi avesse unito a lui, come se non ci fossero dodici anni di differenza. Come se non potesse essere mio fratello.
Si staccò dalle mie labbra per aprire la porta a cui poco prima era appoggiato e mi invitò ad entrare. «Benvenuta nella tana del lupo, infermiera» ghignò, posando le mani sui miei fianchi. Azzerò la distanza presente fra di noi, tanto da poter sentire il cuore battere e il respiro accelerato.
«Mi preoccupa così, dottore» ricambiai il ghigno, posando a mia volta le mani sul suo petto. «Sono clemente con le ragazzine spaventate» rispose, attribuendomi un aggettivo che non mi rappresentava per niente. «Non sono una di loro» ribattei, infastidita.
«In questo caso...» con una velocità disumana mi girò, facendo in modo che gli dessi le spalle. «Piegati» sussurrò dentro il mio orecchio, creando dei brividi in tutto il mio corpo. Assecondai la sua richiesta, poggiando i gomiti sulla scrivania.
STAI LEGGENDO
Heal me
Chick-LitTanti sono i segreti che si insinuano fra pareti di un ospedale, specialmente quando la morte è dietro l'angolo e la speranza tarda ad arrivare. Michael e Camille, due anime vittime di un amore frastornato. Vittime di un amore che sembra fare più m...