II: Sanremo.

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Febbraio 2022.

Il peso del Festival iniziava a farsi sentire e le responsabilità finite a carico di Alessandro pure.

«Mi si scolla la testa» disse Alessandro massaggiandosi le tempie sul letto nella camera d'hotel.

Era solo. Pensava al giorno successivo, o meglio a quella sera dato che erano le tre del mattino, all'inizio del suo secondo Festival o terzo, contando Sanremo Giovani.

Ma sentiva il cervello spento, la pelle che si scollava dal cranio, gli occhi infuocati. Era davvero felice?

Nonostante fossero passati tre anni, nella sua testa rimbombava Soldi, il suono delle mani del pubblico al ritornello, il momento esatto della vittoria contro Ultimo, i flash, i coriandoli, le interviste sul suo papà, le domande scomode.

Era felice di collaborare con quel matto di Riccardo, di aver scritto Brividi, ma continuava a pensare ad altro. Altro era il Festival del 2019. Altro era l'album che stava iniziando a scrivere, il cui nome era sconosciuto persino a lui. Altro era Marco.

Marco. Marco non lo sentiva da tanto tempo, da quella sera in cui a casa di Alessandro si erano guardati in faccia con gli occhi pieni di lacrime, il più grande gli aveva sussurrato di fidarsi. E quel "mi fiderò" si era trasformato in una canzone.

No, basta. Cancellare.

C'era un Festival a cui pensare. Erano ormai passate le tre del mattino, era tornato da poco dai primi festeggiamenti. E Riccardo? Lo aveva lasciato fuori a qualche locale di cui ricordava a stento il nome. Lo aveva salutato dicendo "sono stanco, vado in hotel a dormire, non fare tardi" come farebbe un fratello o come farebbe un padre. Tutto ciò che Alessandro non aveva mai avuto.

La pandemia, tutta quella situazione scomoda, era scomoda ancora lí, dopo due anni. Chiedevano ai fan di indossare la mascherina, i festeggiamenti erano ridotti, ma cercavano di divertirsi.
O almeno, Alessandro cercava di fare divertire Riccardo.

Poi, mentre continuava a pensare, bussarono alla porta.

«Chi é?».
«Ale...sei sveglio?» chiese Riccardo sussurrando.
«Si» disse aprendo la porta.

Lo guardò, era rosso in viso e aveva gli occhi lucidi come se avesse pianto.
Aveva bevuto, forse era brillo.

«Che c'è?» disse Alessandro poggiandosi sulla porta.
«Mi chiedevo se posso dormire qui. Ho paura. Ho ansia. Mi sta divorando. Magari se dormo con te...».

Alessandro lo guardò inerme.

«Mh, qual è il problema? Vai in camera tua, metti il pigiama e vieni qui».

Riccardo sorrise e andò verso la sua stanza, mentre Alessandro appannò la porta.

«Mi toccherà chiudere» disse guardando i fogli sparsi sul letto.
«Ci lavorerò direttamente a Milano» disse accartocciandoli rovinosamente uno ad uno.

«Ale? Perché accartocci questi fogli? Cosa sono? Canzoni?» disse Riccardo chiudendo la porta alle sue spalle.

«Richi, cazzo! Mi sono messo paura».

»Cos'è?» chiese con voce curiosa, prendendo un foglio rimasto ancora intatto.
«Nei letti degli altri» lesse ancora con voce sempre più curiosa, quasi fastidiosa alle orecchie di Alessandro.

«Sei in camera mia, ciò non ti autorizza a farti i cazzi miei!» disse prendendogli il foglio dalle mani. Gettò tutto. Non aveva salvato niente e Riccardo ci rimase male.

«Ma cazzo bro! Scusa! Ma se erano i tuoi lavori per quale cazzo di motivo li butti così?» chiese sedendosi sul letto.
«Tanto ho tante cose simili salvate a casa sul mio Mac. Tranquillo» disse spegnendo la luce. Accese la lampada sul comodino e si infilò sotto le coperte.

«Sai Richi, sei proprio un bambino» disse guardandolo in faccia.
«E perché mai?».
«Perchè i bambini mettono il naso in cose che non gli riguardano» disse ridendo. Poi spense la luce della lampada. «Buonanotte Richi».
«Buonanotte stronzo» disse girandosi dall'altro lato.

So che ti fa strano quando chiamo un amico «fratellino» | Mahmood & BlancoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora