Prologo

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10 Agosto, 2023.

Mi guardai attorno.

Ascoltai il dolce suono delle onde infrangersi lentamente sulla riva, bagnandola di schiuma bianca, mentre dei gabbiani sorvolavano quel cielo colorato.

L'alba si rifletteva sul mare, tingendolo di arancione. In lontananza, riuscivo ad intravedere un gruppo di ragazzi tuffarsi da una barca.

Invece io, seduto a terra con le ginocchia al petto come un coglione, guardavo quella meraviglia mentre non facevo altro che pensare alla merda che era diventata la mia vita in così poco tempo, da un giorno all'altro.

Ero finito lí per caso, dopo aver corso per metà città cercando di porre fine alle voci che continuavo a sentire nella mia testa, ma in quel momento non avevo alcuna intenzione di andarmene: il mare era sempre stato il posto in cui mi sentivo al sicuro, come se lì non potessi essere giudicato.

Un tocco leggero sulla mia spalla mi scosse da quello stato di trance. Credendo fosse stata una folata di vento, non ci feci molto caso e la ignorai.

Quando però una mano mi toccò nuovamente e con più forza, mi girai di scatto, confuso.

Credevo di essere solo.

Alla mia vista comparve una ragazza.

«Cosa stai facendo?» mi domandò.

La fissai sbalordito: era di una bellezza mai vista, addirittura incredibile, a parer mio. I capelli ricci e castani arrivavano fino a metà della sua schiena abbronzata, mentre gli occhi color nocciola erano illuminati dal sole che sorgeva.

«Sto guardando l'alba.» risposi quasi balbettando. Lei sorrise.

Che coglione, fin lì c'era arrivata.

«L'alba non si guarda mai da soli.» disse a mo' di proverbio, come se ripetesse parole già dette.

«Mi siederò con te.» aggiunse, per poi raggiungermi e mettersi a terra al mio fianco.

Osservai ogni sua mossa, come se fossi ammaliato dalla sua figura. O forse, semplicemente, lo ero.

«Ti vedo pensieroso.» affermò dopo essersi seduta composta vicino a me, probabilmente aspettandosi una mia conferma o spiegazione.

Mi limitai ad alzare le spalle, mentre una folata di vento mi travolse scompigliandomi leggermente i capelli.

«Parli poco: mi piace. Come ti chiami?» sorrise addolcendo lo sguardo.

Sarà stupido, ma posso giurare che quel sorriso alleggerì il peso che portavo sul cuore.

«Dean.» dissi.

«Aurora.» si presentò.

«Non sei di qui, vero?» domandai, nonostante la risposta fosse piuttosto ovvia.

Scosse la testa ridacchiando. «Vengo dall'Italia. Ho studiato qui qualche mese, ma ho il volo di ritorno tra un paio d'ore.» spiegò.

Alzai le sopracciglia, sorpreso.

Non me l'aspettavo.

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