Cap 13- La Nostra Storia: da qui abbiamo finito e continuato- Part 2

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Lexa e Clarke si trovavano in una stanza, quest'ultima cercava di curare al meglio le ferite della bruna; stavano in silenzio, la bruna osservava la bionda mentre le fasciava la mano con la delicatezza di una piuma, aveva paura di parlarle ma sapeva di doverlo fare « Scusa..» disse solamente non avendo il coraggio di dire altro « Fai bene, mi hai fatto venire un infarto. Potevi morire. Anzi, pensavo fossi morta» disse arrabbiata Clarke mentre finiva di rattoppare Lexa« Scusa. Non potevo lasciare che ti facessero del male» Clarke la guardò seria « Sarà sempre così con te?» chiese, Lexa sotto quello sguardo serio e penetrante cominciò ad agitarsi, sentiva la gola stringersi, il cuore battere forte e il terrore che la sua risposta potesse allontanarla per sempre « Io, non lo so.. Spero di no. Perché?» chiese spaventata dalla bionda, Clarke notando il terrore nel volto di Lexasi intenerì, vide come quella bella bruna ci tenesse a lei, ma doveva farle pagare la paura che lei stessa aveva provato qualche minuto prima « Perché penso che dovrò farci l'abitudine» disse Clarke sorridendo, facendo rilassare Lexa.

Il bussare della porta distrasse le ragazze, Raphael fece capolinea entrando « Scusate se disturbo

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Il bussare della porta distrasse le ragazze, Raphael fece capolinea entrando « Scusate se disturbo. Vorrei parlare con te Lexa» Clarke fece per alzarsi e lasciarli soli quando la mano della bruna la fermò « Resta» le disse e Clarke, vedendo quello sguardo supplicarla nel restare, si rimise a sedere, Lexa sollevata nell'averla li vicino a lei, le diede la forza e il coraggio di affrontarlo « Certo, parliamo» Raphael chiuse la porta « Allora, come vanno il braccio e la mano?» « Stanno bene» rispose fredda Lexa« Ah.. bene.. Tuo fratello? Sta bene? Ho sentito che lo avete nominato prima» « Si sta bene. Ormai è grande» « Capisco. Non è con te, come mai?» « Non è voluto venire» « Oh capisco» rispose triste.

L'atmosfera era tesa e pesante, Lexa era arrabbiata col padre e lui in imbarazzo e in difficoltà, Clarke lo sentiva, lo vedeva, sapeva cosa stesse passando la sua ragazza e non sapeva come aiutarla. Le strinse la mano, Lexa la guardò e Clarke addolcì il volto cercando di dirle di andare avanti, di parlare con lui; Lexa capì e sospirando parlò « Perché te ne sei andato papà? Perché ci hai lasciati? Mi hai lasciato..» chiese triste « Non volevo farlo. Ho dovuto.. Quando tua è morta ho sofferto tanto, non riuscivo ad andare avanti, ad andare in giro con la consapevolezza di non avere nulla. Tu non sai cosa significa non possedere nulla, cosa significa guardare il palazzo sapendo di meritare di più. Essere chiamato straccione»disse Raphael infuriato. Quelle parole colpirono Lexa« Ti sbagli, lo so è come» ribattè delusa « Io volevo il meglio per voi. Volevo tornare a casa con qualcosa, non a mani vuote. Ma poi le settimane divennero mesi e i mesi, anni..» finì il padre abbassando lo sguardo. Lexa sospirò« Io non volevo ricchezze.. volevo un padre» « Come potevo tornare sapendo di non riuscire a darvi niente, sapendo che sareste morti di fame?!» disse incalzando la voce « Pensi che per me sia stato facile papà?! Ero una bambina, mi hai lasciata ad occuparmi di un bambino da sola. Sai che vuol dire non sapere che fare ogni volta che piange, pensare anche solo per un momento di lasciarlo andare e pensare a me? Ho avuto anche questi pensieri perché capitavano giorni che non riuscivo a portare niente a casa ne per me ne per lui.. ho sofferto papà, ho dovuto lottare con le unghie e con i denti per non far morire ne me, ne Aden di fame o di freddo o dalla strada. Avevo bisogno di te! Avevo bisogno di qualcuno che mi insegnasse a diventare donna, a sopravvivere.. ma l'ho fatto da sola.. ho dovuto» confessò Lexa arrabbiata, sputando fuori tutto quello che sentiva, liberandosi dal peso che portava dentro. Clarke rimase scioccata dalle parole della sua ragazza, non sapeva questi dettagli della sua infanzia e sicuramente neanche il piccolo Aden. Le faceva male sapere che avesse sofferto così tanto, si era ripromessa dalla prima volta che si aprirono l'una a l'altra, sopra quell'albero, che avrebbe fatto di tutto per non farla soffrire, per darle ciò che le era sempre stato negato. Adesso avrebbe fatto di più.

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