l'inzio del suo inferno

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Annette, come il giorno precedente, si avviò verso la scuola. Era da sola, come sempre, e con meno entusiasmo rispetto al giorno prima, sebbene fosse un po' felice per il tema che aveva scritto e che apprezzava molto.

Prima di entrare a scuola, vide Celine e il bambino che l’aveva umiliata più volte il giorno prima, vicino all’ingresso principale. Per errore, Annette lanciò loro un’occhiata rapida, rendendosi subito conto dello sbaglio. Avrebbe dovuto continuare a guardare per terra, ignorandoli del tutto.

Annette aveva sempre temuto Celine e, dal giorno prima, iniziava a temere anche quel bambino. Non era la paura di subire violenza fisica a spaventarla, ma il timore di un attacco verbale. Conosceva bene Celine, sapeva quanto amasse deriderla e discriminarla.

Le due avevano frequentato l’asilo insieme e, che Annette ricordasse, erano state amiche fino a quando non iniziarono la scuola elementare. Il loro rapporto si deteriorò gradualmente, e Annette non riuscì mai a comprenderne il motivo. In seconda elementare, però, avvenne la rottura definitiva: Celine diffuse la voce che Annette avesse un ritardo mentale e che fosse meglio starle lontano per non "contagiare" le altre. Disse anche che la vedeva spesso infilarsi le dita nel naso e poi leccarsele.

Da allora, Celine iniziò a deridere Annette in ogni occasione, facendola diventare oggetto di scherno costante. Celine, che esercitava un ruolo da leader tra le compagne, impediva a chiunque volesse avvicinarsi ad Annette di farlo, rimproverandole e mettendole contro tutte le altre. Per questo, Annette non riuscì mai a stringere amicizie durante gli anni delle elementari. Celine non l’aveva mai colpita fisicamente, ma le sue parole erano ugualmente dolorose. Anche quel bambino non sembrava il tipo che avrebbe usato le mani, ma Annette temeva terribilmente ciò che avrebbe potuto dirle.

Quella mattina, però, le cose presero una piega diversa. Il bambino e Celine notarono l’occhiata di Annette e si avvicinarono velocemente.

Celine disse: "Annette, perché ci stavi fissando? Non hai di meglio da fare?"

Il bambino aggiunse: "Anche io, al tuo posto, mi limiterei a guardare gli altri, perché se dovessi guardarmi allo specchio, dalla paura morirei d'infarto." Poi continuò: "Comunque, rispondi a Celine. Perché ci stavi fissando? Qualunque sia la ragione, una come te, con un aspetto orribile, non ha il diritto di guardarci."

Celine riprese: "Hai capito, Annette? Ti è chiaro? Perché ci stavi fissando? Anche se non sai parlare, un minimo riesci a dire, anche se è orribile sentirti pronunciare qualsiasi parola."

Il bambino concluse: "Orribile come il tuo aspetto."

Travolta da un senso di tristezza accumulata, Annette scoppiò in un pianto incontenibile. Tra le lacrime che le rigavano il viso, riuscì a dire una sola parola, "basta", senza balbettare e con fermezza.

Immediatamente preoccupata per la reazione di Celine e del bambino, rimase sorpresa quando loro, inaspettatamente, non reagirono affatto e si allontanarono in silenzio verso la loro aula.

Annette provò una gioia immensa per essere riuscita a pronunciare quella parola senza balbettare, una soddisfazione che solo chi non è balbuziente può comprendere. Era felice di essersi fatta rispettare e pensò, ingenuamente, che Celine e il bambino avessero smesso perché avevano visto le sue lacrime e, presi da un moto di compassione, si erano pentiti.

Arrivata in classe, il maestro Austero raccolse i compiti assegnati il giorno prima. Annette era fiera del suo tema, finché il maestro disse: "Alunni, il tema che avete scritto non sarà valutato subito, o almeno non da me. Selezionerò io i compagni a cui dare il vostro tema, che avranno l’obbligo di custodirlo e leggerlo. Non ci saranno favoritismi nella valutazione, che avverrà a metà anno o quando io deciderò."

Annette fu da un lato delusa che il suo lavoro non sarebbe stato corretto dal maestro Austero, soprattutto dopo la brutta figura del giorno precedente. Dall’altro lato, però, tirò un sospiro di sollievo sapendo che non avrebbe dovuto leggerlo davanti a tutti e, quindi, balbettare.

Mentre il maestro spiegava le divisioni in colonna, Annette fu assalita da una nuova preoccupazione: e se il suo tema fosse finito nelle mani di Celine o, peggio ancora, di quel bambino? Tra i due, non sapeva chi temesse di più.

Durante la pausa ricreativa, Annette rimase in aula, guardando fuori dalla finestra una nuvola dalla forma curiosa che le ricordava qualcosa, anche se non riusciva a capire cosa. Rimase lì per via di ciò che era successo il giorno prima. Le compagne mormorarono sul fatto che fosse strana, ma quella volta Annette decise di non darci peso. Aveva superato una piccola battaglia.

Ignorava, però, che rispondere educatamente a quegli insulti avrebbe scatenato un'ondata di violenza ancora maggiore, che l’avrebbe colpita durante l'anno, non solo verbalmente, ma anche fisicamente. Annette credeva ingenuamente di essersi liberata per sempre degli insulti.

Tornò a casa quel giorno felice, pranzando addirittura con un brodo vegetale che le avevano lasciato.

Il giorno seguente si diresse a scuola con la sua cartella, ma prima di entrare ricevette un pugno nello stomaco che la fece cadere, seguito da una serie di calci forti. I suoi occhiali si frantumarono in mille pezzi. Erano Celine e il bambino a colpirla.

Mentre le sferrava calci, Celine le disse: "Non osare mai più dirci basta." Il bambino aggiunse: "Testa di zucca, ora vattene, non venire a scuola oggi, altrimenti continueremo a pestarti. Non ti vogliamo vedere, come nessuno vuole vederti."

Annette, questa volta, obbedì e, con il sangue che le usciva dal naso e i capelli in disordine, si allontanò, senza sapere bene dove andare, vagando con un forte mal di testa.

Camminò per ore fino a raggiungere un piccolo parco fiorito, il suo luogo del cuore. Al centro del parco c’era una fontana, il cui suono dell’acqua la confortava. Rimase lì seduta su una panchina per diverse ore, piangendo come sotto una tempesta. Quando tornò a casa, fu accolta dai rimproveri della madre per non essere andata a scuola.

La madre di Annette era stata contattata dalla scuola per avvisare dell’assenza della figlia. Dopo averla rimproverata, la madre aggiunse parole dure: "Vuoi rimanere un’imbecille per sempre?". Ma, mentre parlava, notò i lividi su tutto il corpo di Annette e, forse mossa da un senso materno, le chiese: "Come stai? Ti è successo qualcosa?"

Annette, terrorizzata all’idea di parlare, annuì con la testa. Dopo un po’ di insistenza, confessò alla madre di essere stata vittima di un atto di bullismo. Temendo che la madre potesse dirle "hanno fatto bene perché sei tu quella sbagliata", fu sorpresa di sentirle dire: "Domani andrò a parlare con il preside perché ciò non accada più." Non ricevette né una carezza né un abbraccio, ma quelle parole e quella presa di posizione le riscaldarono il cuore.

Tuttavia, Annette non sapeva che la madre lo faceva solo per evitare altre chiamate dalla scuola. Il giorno successivo, la madre parlò con il preside, e il giorno seguente...

l'amore ignotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora