1. Il progetto

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Il mio professore di diritto penale ci aveva consigliato un progetto molto interessante: interfacciarci con ex detenuti o ragazzi che erano stati nel carcere minorile o ancora in comunità per comprendere ed analizzare le problematiche legate alla gestione e rieducazione dei suddetti soggetti.

Quel pomeriggio mi recai nel posto assegnato, che si trovava in una zona periferica. Si trattava di un edificio restaurato e rimodulato, tuttavia aveva un aspetto freddo e grigio, non sembrava assolutamente accogliente.
Entrai nell'androne e mi sedetti su una delle sedie che erano state adibite proprio all'ingresso, attendendo di essere chiamata da un momento all'altro.

"Può entrare."
Un uomo sulla sessantina con una barba folta e capelli sottili, corti e bianchi si rivolse a me per attirare la mia attenzione e mi fece cenno di entrare nella stanza.

"Si è offerto lui per questo progetto. Ha avuto un trascorso difficile, quindi ho pensato che fosse il soggetto più adatto per il tipo di analisi che lei cerca."

Rivolsi il mio sguardo sul ragazzo: era molto esile, aveva degli occhi nerissimi, profondi, uno sguardo sfuggente. Indossava una felpa e dalle maniche intravedevo i tatuaggi che aveva sulle braccia.

"Ciao. É vero, ho chiesto io di far parte del tuo progetto perché l'ho trovato bello." Cominciò. "Comunque... sono Zaccaria."

Mi avvicinai al tavolo e mi sedetti per metterlo più a suo agio.

"Vi lascio al vostro progetto allora. Buon lavoro." disse l'uomo e alzando il passo uscì e lasciò che la porta si chiudesse alle sue spalle.

Sistemai i fogli e il quaderno sul quale prendere gli appunti sul tavolo.

"Sono Anna, molto piacere." Allungai la mano e lui fece lo stesso, ricambiando la mia stretta e sorridendo appena.
"Senti, so che hai già parlato con il gestore, però devo ricordati che dovrò registrare la nostra conversazione proprio per non dimenticare nulla quando andrò a scrivere il tema per il progetto. Va bene per te?" Domandai, mentre sistemavo il cellulare alla mia destra, prima di dare inizio alla registrazione.

Lui annuì.

"Bene." Aprii l'app delle registrazioni e premetti il tasto rec e rivolsi nuovamente il mio sguardo verso di lui.

"Sentiti libero di condividere la tua esperienza nella sua totalità, perché come ben sai questo contributo sarà anonimo, nessuno saprà che si tratta di te, a parte me."

"Va bene" rispose. "Sai, ho accettato di farlo perché quando fai qualcosa di sbagliato la gente smette di vederti come una persona."
Sollevò leggermente il braccio e si passò una mano fra i capelli per scostarli leggermente dal viso.
"Intendo dire... é bello che ti preoccupi di queste cose".

Sorrisi abbassando la testa.
"Quando ho cominciato il mio percorso come studentessa di giurisprudenza il mio desiderio era quello di cercare di lavorare per un mondo più giusto. La disumanizzazione di chi ha sbagliato é un argomento importante per me." Ribattei.
"In ogni caso, veniamo a noi."
Lui annuii nuovamente e mi diede l'opportunità di porgli tutte le domande che avevo preparato. Il tempo volò e arrivarono velocemente le venti, quindi il gestore dell'edificio ci disse che doveva chiudere. Raccogliemmo le nostre cose e ci dirigemmo verso l'uscita.
"Grazie per avermi raccontato tutte quelle cose, sarà molto utile." Dissi, mentre infilavo la giacca.
"Senti..." esordì. "Hai fretta o ti va un kebab?" si morse delicatamente il labbro inferiore.
"É da un sacco di tempo che non lo mangio. Mi piacerebbe molto ma non ho soldi con me..." risposi amareggiata. "É che... non pensavo di restare fuori e così ho portato solo i documenti."

Fece spallucce. "E che problema c'è? Offro io." affermò deciso e rise appena.
"Ma no, non mi sembra giusto" dissi.
"Insisto."
Afferrò la mia mano inaspettatamente e mi trascinò verso la fine del vicolo in cui effettivamente c'era un piccolo locale dove servivano panini e piadine kebab con patatine.

Mi fece sedere e andò a prendere l'ordinazione. Non mi fece nemmeno alzare un attimo, portò tutto al tavolo.
"Grazie." dissi con un'espressione molto grata.
"Ma..." aggiunsi "ora che diciamo sei tornato alla tua vita normale hai una fidanzata?"

Lui scosse la testa.
"No. Quando ero dentro non mi ha scritto nessuno. Nemmeno i miei amici. Inoltre mi hanno spezzato il cuore così tante volte che mi sono stancato."

"Capisco." Riuscii a dire solo questo. La sua storia era davvero complessa e difficile, per questo ero stranita dal fatto che si fosse subito fidato di me.
Chiacchierammo a lungo. Fu una lunga conversazione in cui parlammo di moltissime cose. Mi disse che la musica gli aveva cambiato la vita e che se non fosse stato per quella sarebbe stato ancora in strada.

Uscimmo e andammo a fare una breve passeggiata. Arrivammo sulla spiaggia e ci sedemmo a guardare la calma del mare illuminato da pochi fari a dalle stelle.
Accese una sigaretta e iniziò a fumare.
"Tu fumi?" Mi chiese.
"No.. in realtà no."
Buttò fuori il fumo e lo soffiò sul mio viso.
"Immaginavo. Sei troppo una brava ragazza." Ridacchiò. "Almeno sai cosa significa quando qualcuno ti soffia il fumo sul viso?" chiese con uno sguardo furbo.

I suoi occhi così scuri ed intensi mi scrutavano ed io non riuscivo a staccare i miei dalle sue labbra così carnose e rosee.
Mi voltai, arrossendo e cercando di non farglielo notare. "Beh" iniziai "in realtà..."
Ritornai a guardarlo, ma non riuscii neanche a finire la frase perché le sue labbra toccarono le mie. Percepii la sua barbetta pungermi il mento e il calore della sua mano sulla guancia sinistra.
Mi sottrassi appena.
"Forse ho esagerato." Disse "Scusami."
"No, non è questo." risposi "é che... devo andare adesso."
Presi la borsa e mi misi in piedi.
"Grazie per la cena e per tutto ma adesso devo andare." Risposi in maniera sbrigativa.
"Mi dispiace..." disse e si mise le mani nelle tasche guardando per terra. Era visibilmente a disagio.
Feci qualche passo verso la strada che avrebbe dovuto riportarmi a casa. Poi però tornai indietro, a passo svelto. Lui mi guardò con aria interrogativa.
Lasciai la borsa per terra e mi avvicinai a lui, con entrambe le mani afferrai il suo viso e, stavolta fui io a baciarlo. Lui ricambiò.
"Adesso devo proprio andare."
Lui annuii.
"Tanto domani dobbiamo finire la seconda parte del progetto no?" Chiese.
"Si."

Mi allontanai piano dopo averlo salutato. Non avevo mai sentito una connessione così con qualcuno, era la prima volta in assoluto.

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