4. Visita

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I primi giorni senza di lui furono durissimi. Non potevo fare una telefonata o ricevere un messaggio. Inoltre, dato che non facevo parte della sua famiglia dovetti inviare una richiesta formale per incontrarlo durante i colloqui che erano a disposizione dei detenuti. Avrei dovuto ripetere la procedura ogni volta. Gli educatori della comunità mi aiutarono molto in questo, secondo loro io rappresentavo davvero la sua ultima possibilità. Un giorno, mentre ero a fare il mio turno di volontariato il don che seguiva i ragazzi mi fermò per parlarmi.
"Anna, tu sei una ragazza sveglia." disse. "Mi raccomando stai vicina a Zac. Lui ha bisogno di te. Poi sai... studiando legge potrai fargli capire meglio con il tempo quanto sia importante non mettersi nei guai."
Annuii. "Penso di provare qualcosa per lui." Ammisi.
Il prete sorrise. "Questa è una cosa bella. Zac ha bisogno di bellezza nella sua vita, soprattutto dopo tante cose brutte."

Dopo quella conversazione trascorsero altri due giorni. Finalmente ricevetti la tanto attesa telefonata: la casa circondariale mi aveva concesso il permesso di andare al colloquio.

Il giorno dell'incontro indossai un vestito nero aderente, mi truccai bene e curai i miei capelli: volevo essere ancora più bella di come mi ricordava.
Il don fu estremamente gentile e decise di accompagnarmi presso la struttura in cui era Zac in quel momento. Spense il motore e prima di lasciarmi andare si rivolse a me: "Ti aspetto qui fuori."
Lo ringraziai, scesi dall'auto e mi diressi verso l'ingresso. Una guardia mi vide e mi domandò di cosa avessi bisogno.
"Sono qui per il colloquio con un detenuto." Risposi.
"Nome?"
"Zaccaria Mouhib."
"Certo. Venga pure con me."
Mi indicò la strada e mi fece entrare in una stanza adibita agli incontri.
"Vado a prenderlo e torno." disse, dopo avermi fatta sedere.

Un paio di minuti dopo la guardia tornò con Zac accanto a lui. Non riuscii ad aspettare che si avvicinassero a me, mi alzai e corsi ad abbracciarlo.
Lui inizialmente non disse una parola e mi strinse fortissimo.
La guardia si rivolse a noi: "Per ora siete gli unici qui dentro, accomodatevi pure dove volete. Io sarò qui all'angolo per supervisionare."
Fu estremamente gentile, non me lo aspettavo.
Ci sedemmo l'uno di fronte all'altra ad uno dei tavoli adibiti per questi incontri.
Lui tirò un sospiro pesante.
"Mi sei mancata tantissimo. Non ho fatto altro che pensare a te." disse.
I miei occhi divennero subito umidi ed iniziai a piangere.
"No... ti prego non piangere..." Continuò lui con una voce bassa e con tono dispiaciuto. Prese entrambe le mie mani e mi guardò negli occhi.
"Sono proprio stupida." risposi. "ci ho messo più di un'ora per prepararmi e truccarmi così bene e ora rovinerò tutto."
"Tu non puoi rovinare mai niente. Anzi, sono io che non merito una come te." affermò.
"Perché dici così?" Il mio sguardo si fece molto serio ed interrogativo.
"Guardati... sei bellissima, studi legge, sei così buona. La prima cosa che hai fatto é stata chiedere di vedermi il prima possibile, cioè mai nessuna lo ha fatto per me." spiegò. "E non le biasimo." Proseguì. "Sei sicura di volere questo?"

Sospirai.
"Sì, perché io credo alla tua innocenza." affermai. "Le persone possono sbagliare ma questo non significa che non si possa cambiare vita."

I suoi occhi percorsero tutto il mio viso fino a posarsi sulle mie labbra.
"Sai..." spostò nuovamente lo sguardo "il mio avvocato ha detto che potrei avere i domiciliari. Domani ci sarà il processo. Verresti?" chiese.
"Certo che vengo." risposi prontamente. "Anche perché devo parlare con il tuo avvocato, per avere il permesso per venirti a trovare qualora decidessero di metterti ai domiciliari. Avrò bisogno di un permesso speciale."
Si sollevò dalla sedia e posò le mani sul tavolino che ci separava, poi allungò il collo verso di me, piegandosi appena e mi diede un bacio.
Inclinai leggermente la testa e cercai di trasformare un bacio abbastanza casto in un po' più spinto, accarezzando la sua lingua con la mia.
La guardia attirò la nostra attenzione battendo le mani.
"Ragazzi per cortesia, non esageriamo con le effusioni, grazie"
Zac sbuffò sonoramente.
Il tipo lo notò e aggiunse "Per me non ci sono grossi problemi, lo capisco, sono stato giovane anch'io. Però ci sono delle regole, quindi mi raccomando."
Ancora una volta nonostante la situazione si era mostrato gentile.
"Lui è il più bravo" disse Zac. "Ci tratta bene. É stato lui a dirmi che una persona aveva chiesto di vedermi qualche giorno fa. E poi ho scoperto che eri tu."
L'incontro andò avanti e quel tempo che avevamo a disposizione trascorse velocissimo.
Ancora una volta la guardia ci richiamò.
"Ragazzi mi dispiace ma il tempo a disposizione é terminato. Adesso dovete salutarvi."
Entrambi facemmo segno di sì con la testa. Zac mi strinse forte avvolgendomi con le braccia e mi diede un altro bacio.
"Ci vediamo domani in tribunale?" Chiese.
"Sì. Sarò lì con te." Promisi.
La guardia lo prese e lo riaccompagnò nella sua cella. Io presi le mie cose e mi diressi all'uscita, camminai poi fino al parcheggio dove il don mi stava aspettando.
"Grazie per avermi aspettata." Dissi con un tono estremamente grato e sincero.
"Figurati. Ci sono novità?" Chiese.
Lui teneva davvero tanto ai ragazzi della comunità. Li trattava come dei figli. Era una di quelle persone che aveva davvero la vocazione per fare del bene.

"Sí" risposi. "L'avvocato ha detto che proverà a spostarlo ai domiciliari. Domani ci sarà il processo. Verrai con me?"
Lui fece un'espressione di assenso.
"Certo. Ci andiamo domani. Speriamo vada tutto per il meglio." si augurò.
La strada verso casa fu lenta ed io mi sentivo vuota dopo quell'incontro. Sentivo già la sua mancanza, ma sapevo anche che era necessario avere pazienza. Dovevo riporre tutta la mia fiducia nella giustizia e nella decisione che il giudice avrebbe preso alla luce dei fatti.
Guardavo il paesaggio fuori dal finestrino. Gli alberi nelle campagne erano accarezzati dalla luce del tardo pomeriggio e il cielo aveva assunto delle sfumature rosee. Di solito quando una giornata si conclude con un bel tramonto il giorno dopo é bello. Ci auguravamo tutti quanti che sarebbe stato così.

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