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Matteo
"Ero stato chiaro, l'università non deve essere un ostacolo per la tua carriera, se ti tiene troppo impegnato forse devi rivalutare le tue scelte. Devi ricordarti che quest'anno ci sono gli Europei! Se andrà avanti così non ti darò la possibilità di trasferirti ed allenarti a Roma."
Queste erano le parole del Mister che mi risuonavano nella testa dopo il nostro incontro.
Ci eravamo incontrati quella mattina nella sua camera d'hotel. Ero arrivato preparato, sapevo che aveva ragione, quello era l'anno in cui finalmente per la prima volta avrei avuto la possibilità di essere convocato con la Nazionale. Fino a quell'anno avevo giocato con la Nazionale Under21, ma le due cose non erano minimamente paragonabili. Giocare gli Europei sarebbe stato un sogno che diventava realtà, e io dovevo far in modo di essere tra i 30 convocati per quell'anno, in un modo o nell'altro. Sapevo quindi che c'era un'unica cosa da fare: tenermi il più possibile lontano da Sara. Sapevo anche però che l'avrei dovuta chiamare, le avrei dovuto dare una spiegazione. Le cose tra di noi erano strane, anche se ci conoscevamo da meno di un mese sapevamo entrambi che la nostra non fosse una mera amicizia, non sicuramente una di quelle da cui ti allontani con assoluta semplicità. Quella mattina mi aveva mandato un messaggio, un altro, probabilmente vedendo che io non avevo risposto a quello della sera prima.

"Buongiorno, non so se stamattina sarai libero, immagino sarai pieno di impegni in vista della prossima! Quando puoi però chiamami, ti vorrei sentire e poi ti vorrei parlare di una cosa. Un bacio"

Era dalle 9 di quella mattina, da quando l'avevo ricevuto mentre parlavo con il Mister, che non facevo altro che fissarlo, senza sapere bene cosa rispondere, se chiamarla o meno. Non avevo idea di cosa volesse parlarmi, non sapevo neanche se fosse un argomento che avrei potuto sopportare in quel momento, ma nonostante ciò la chiamai. Mi rispose subito, al primo squillo.
"Buongiorno campione, come stai?" Riuscivo a percepire il suo sorriso anche dall'altra parte del telefono. Non era facile mascherare il mio malcontento però, e anche se le avevo risposto che stavo bene, lei non ci mise un attimo a capire che non era la verità.
"Non sembrerebbe dalla tua voce, è successo qualcosa? Con Alessandra magari?"
Magari fosse solo Alessandra il problema..

"No Saretta, non é successo niente con Ale, niente di diverso dal solito almeno. Ho parlato con il mister stamattina, mi ha detto che mi vede sottotono, che l'occasione che mi sta dando non devo sprecarla così e che se l'università mi tiene troppo impegnato, forse non è il caso di continuare."
"Non esiste, non puoi lasciare, o almeno non adesso. Sei praticamente alla fine!"
"Potrei metterla in pausa, lasciare e riprendere dopo il campionato o dopo gli Europei se mi dovessero convocare, ma non credo succederà mai, non se continuo così. Di questo passo non credo che il mister mi convochi neanche alla prossima partita di campionato."

Percepivo che non la stesse prendendo bene, che sentirmi abbattere così non le facesse piacere ma se avesse scoperto quale altro era il problema, sarebbe stata ancora peggio. Così cercai di cambiare argomento, non me la sentivo neanche io di intraprendere quel discorso in quel momento.
"Cosa mi dovevi dire, di cosa mi volevi parlare?"
La sentii sospirare, sapeva che il discorso non era concluso, che in un altro momento l'avremmo riaperto.
"Ieri sera ho parlato con Simone, so che ciò non lo giustifica, ma mi è sembrato molto dispiaciuto per come si è comportato. Credo ti voglia parlare ma penso non ne abbia il coraggio. Ho la sensazione si vergogni tanto, di tutto."

Simone mi mancava, non era passato un giorno dalla nostra ultima conversazione in cui non l'avessi odiato, in cui non avessi desiderato tirargli un pugno in faccia, ma nonostante ciò nella mia testa rimaneva mio fratello, quella persona con cui si cresce e si litiga, ma con cui non è mai troppo tardi per fare pace. In questa occasione però non riuscivo, non riuscivo a pensare a come una nostra conversazione potesse andare avanti. Delle scuse sarebbero state abbastanza? Mi sarei dovuto scusare anche io?  Non sarebbe stato facile far finta che non fosse successo niente, di questo ne ero sicuro. Ci misi tanto a rispondere, Sara credo mi sentisse sospirare dall'altro capo, ero lì intento a riflettere che mi risvegliai solo quando Sara mi richiamò, in mente però non avevo solo il pensiero di Simone, ma stavo anche pensando alle parole di Sara, in macchina. E se Sara provasse qualcosa per me? Fu questa la mia preoccupazione più grande in quel momento. Non potevo farla stare male, d'altronde eravamo solo amici e poi io dovevo concentrarmi sulla mia carriera e su Alessandra. E così mi uscirono di getto quelle uniche parole che forse non avrei voluto pronunciare mai. "Non credo sia il caso di continuare a sentirci."
Bastava solo quello, sapevo che lei aveva capito, aveva capito quello che mi stava passando per la mente in quel frangente di secondo e fu così che mi rispose solamente "Capisco, immaginavo sarebbe successo. Forse hai ragione. Ci vediamo all'università, sempre se non decidi di smettere" e mi chiuse il telefono.
Non riuscivo a credere di averlo fatto, di aver chiuso i rapporti con l'unica persona che mi aveva fatto stare bene da tempo a questa parte. Ma ormai era fatta, dovevo andare avanti, e soprattutto seguire Muriel, che dall'altro lato del corridoio mi chiamava per ricordarmi degli allenamenti.

Sara
Chiusi quella chiamata con le mani che mi tremavano, qualsiasi cosa ci fosse tra di noi, seppur una semplice amicizia, in quel momento era finita. Probabilmente non l'avrei nemmeno rivisto all'università, dovevo semplicemente levarmelo dalla testa, non sarebbe stato così difficile. Non riuscivo neanche ad essere arrabbiata, alla fine cosa avevamo condiviso? Qualche caffè al bar? Qualche lezione? Mi aveva fatto conoscere qualche giocatore, si, e mi ero anche fatta odiare dalla sua fidanzata, ma più di questo non c'era nulla. Mi dispiaceva solo per mio padre perché non avevo fatto in tempo a farli incontrare, ma ormai era andata così.

Sì era fatto tardi, era quasi passata ora di pranzo, andai quindi in cucina; Giulia era seduta sulla sedia, quasi accasciata sul tavolo in realtà. Non aveva una bella cera, probabilmente la sera prima aveva bevuto un po' troppo, e ciò mi venne confermato dal suono strascicato della sua voce e dalla puzza di alcol che facevano i suoi capelli.
Immaginai non avesse voglia di cucinare, ma era domenica, non potevamo di certo accontentarci di una piadina. Mi misi immediatamente ai fornelli, forse sarebbe stata l'unica cosa a tirarmi su da quello che era successo. Anche Giulia si era accorta che c'era qualcosa che non andava; probabilmente non troppo tempo fa il mio atteggiamento sarebbe risultato più che normale, ma da quando avevo conosciuto Matteo era difficile che io uscissi da camera mia senza sorridere. Quel ragazzo aveva portato un po' di vita nelle mie giornate, ma ripensandoci avrei dovuto saperlo che, anche se calciatori, i ragazzi sono sempre ragazzi: ci mettono poco a farti stare male.
Non ci volle poco a far sì che Giulia si facesse raccontare tutto e che, come me, lo insultasse per il semplice motivo di essere un uomo, ma sollevò una domanda che ancora non mi ero posta, ossia: perché?
Non avevo riflettuto su quale potesse essere il motivo, se non Alessandra. Sicuramente si era reso conto che non valeva la pena litigare con la sua storica fidanzata per una ragazza conosciuta da poco all'università. Ma a Giulia questo discorso non convinceva, era sicura ci fosse qualcosa di più. A me, ad essere sincera, non importava, l'unica cosa di cui ero sicura è che non l'avrei rivisto almeno per altri 15 giorni se non in televisione. Non volevo vederlo, questo era certo, ma per colpa sua non avrei smesso di guardare le partite della mia squadra preferita.

I giorni seguenti passarono veloci, tra una lezione e l'altra, un caffè al bar con Giulia e del tempo con il mio migliore amico. Eravamo finalmente riusciti a ritagliarci qualche giorno per noi, per qualche passeggiatina lungo il Tevere come ci era sempre piaciuto fare. Gli avevo raccontato cosa era successo con Matteo, avevo visto nei suoi occhi un pizzico di fastidio; ero sicura che non volesse che io ci rimanessi male, ma fortunatamente aveva evitato di commentare o aggiungere qualcosa. I ricordi però riaffioravano, riaffioravano ogni volta che bevevo un caffè al bar, erano riaffiorati quando eravamo passati davanti il locale della festa ed erano riaffiorati quando Simone e Giulia avevano insisto per salire al Gianicolo per 'prendere un po' d'aria e godere della vista', come avevano detto loro.  Ogni singola parola che mi aveva detto, ogni suo singolo gesto, li stavo rivivendo tutti in quel momento nella mia testa. Era stato difficile non mandargli un messaggio, un solo, singolo messaggio con scritto 'Perché?', volevo sapere il motivo, d'altronde ne avevo diritto. Decisi però che l'avrei fatto una volta rivisto, se mai l'avessi rivisto; volevo che mi dicesse la verità ed ero sicura che guardandomi negli occhi non avrebbe potuto mentirmi.

Quel giorno, se ancora ci penso, neanche ci volevo andare all'università, le lezioni di quel giorno erano così noiose che avevo paura che mi sarei addormentata sul banchetto. Avevo parlato con mio padre, che mi aveva convinto che 'blah blah blah, è importante per il tuo futuro' e cazzate simili. Mi aveva anche chiesto quando gli avrei fatto conoscere Pessina, perché sia mai chiamarlo per nome. Gli avevo promesso che l'avrei fatto a breve, probabilmente quando sarebbe tornato dalle trasferte e l'avevo salutato.
Ripensandoci erano passati 10 giorni dall'ultima volta che avevamo parlato, e se devo essere onesta, ogni mattina mi svegliavo controllando il telefono in attesa di un messaggio. Ogni mattina, ogni mattina tranne quella. Se non fosse stato per mio padre quel giorno non avrei neanche pensato a Matteo. Quando però, seduta al mio solito posto al bar, qualcuno si sedette di fronte a me non potei far altro che ammette a me stessa che la sua voce mi era mancata tanto, perché quando avevo alzato la testa dal cellulare credevo di sognare quando avevo sentito queste esatte parole "Immagino che da quando non ci sono io venire al bar sia più triste".

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 21 ⏰

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