Le parole del Mister risuonavano nella testa di Matteo dopo il loro incontro: "Ero stato chiaro, l'università non deve essere un ostacolo per la tua carriera. Se ti tiene troppo impegnato, forse devi rivalutare le tue scelte. Devi ricordarti che quest'anno ci sono gli Europei! Se andrà avanti così, non ti darò la possibilità di trasferirti e allenarti a Roma." Si erano incontrati quella mattina nella camera d'hotel del Mister. Matteo era arrivato preparato, consapevole che il suo allenatore aveva ragione. Quello era l'anno in cui avrebbe potuto essere convocato per la Nazionale. Fino a quel momento, aveva giocato solo con l'Under 21, ma giocare agli Europei sarebbe stato un sogno che diventava realtà. Doveva fare di tutto per rientrare tra i 30 convocati, in un modo o nell'altro. Sapeva che l'unica cosa da fare era tenersi lontano da Sara, ma sentiva anche che doveva chiamarla e darle una spiegazione. Le cose tra di loro erano complicate. Sebbene si conoscessero da meno di un mese, entrambi sapevano che la loro non era una semplice amicizia, non una di quelle che si possono interrompere facilmente. Quella mattina, Sara gli aveva inviato un messaggio: "Buongiorno, non so se stamattina sarai libero, immagino sarai pieno di impegni in vista della prossima! Quando puoi però chiamami, ti vorrei sentire e poi ti vorrei parlare di una cosa. Un bacio."Era dalle 9 di quella mattina, da quando aveva ricevuto il messaggio mentre parlava con il Mister, che Matteo fissava il telefono, indeciso se chiamarla o meno. Non aveva idea di cosa volesse parlarle, né se fosse un argomento che avrebbe potuto affrontare in quel momento. Nonostante ciò, decise di chiamarla. Rispose subito, al primo squillo. "Buongiorno campione, come stai?" La voce di Sara era calda e Matteo riusciva a percepire il suo sorriso anche dall'altro capo del telefono. Non era facile nascondere il suo malcontento; anche se rispose che stava bene, lei colse immediatamente che non era la verità. "Non sembrerebbe dalla tua voce. È successo qualcosa? Con Alessandra magari?" Magari fosse solo Alessandra il problema, pensò Matteo."No, Saretta, non è successo niente con Ale, niente di diverso dal solito almeno. Ho parlato con il mister stamattina; mi ha detto che mi vede sottotono, che l'occasione che mi sta dando non devo sprecarla così e che se l'università mi tiene troppo impegnato, forse non è il caso di continuare.""Non esiste, non puoi lasciare, o almeno non adesso. Sei praticamente alla fine!" "Potrei metterla in pausa, lasciare e riprendere dopo il campionato o dopo gli Europei se mi dovessero convocare, ma non credo succederà mai, non se continuo così. Di questo passo non credo che il mister mi convochi neanche alla prossima partita di campionato." Percepiva che non le stava piacendo sentirlo così abbattuto. Se avesse scoperto quale fosse il vero problema, sarebbe stata ancora peggio. Così cercò di cambiare argomento; non si sentiva neanche lui pronto per quel discorso. "Cosa mi dovevi dire? Di cosa volevi parlare?" La sentì sospirare. Sapeva che il discorso non era concluso e che in un altro momento avrebbero dovuto riprenderlo. "Ieri sera ho parlato con Simone. So che ciò non lo giustifica, ma mi è sembrato molto dispiaciuto per come si è comportato. Credo ti voglia parlare, ma penso non ne abbia il coraggio. Ho la sensazione si vergogni tanto, di tutto." Matteo sentì un nodo nello stomaco. Simone gli mancava. Non era passato un giorno dalla loro ultima conversazione in cui non lo avesse odiato o desiderato di prenderlo a pugni, ma nonostante ciò rimaneva sempre suo fratello. Con lui era difficile non litigare, ma era anche difficile non fare pace. In quel momento, però, non riusciva a pensare a come una loro conversazione potesse andare avanti. Delle scuse sarebbero state abbastanza? Avrebbe dovuto scusarsi anche lui? Non sarebbe stato facile far finta che non fosse successo niente, ne era sicuro. Ci mise del tempo a rispondere; sentiva che Sara percepiva il suo silenzio dall'altro capo. Le parole di Sara, in macchina, tornavano a fargli visita: e se Sara provasse qualcosa per lui? Quella fu la sua preoccupazione più grande. Non voleva farla stare male; del resto, erano solo amici e lui doveva concentrarsi sulla sua carriera e su Alessandra. E così, all'improvviso, gli uscirono di bocca quelle parole che forse non avrebbe mai voluto pronunciare: "Non credo sia il caso di continuare a sentirci." Bastava solo quello; sapeva che lei aveva capito, aveva colto quel pensiero che gli era balenato in mente in un attimo. La sua risposta fu semplice: "Capisco, immaginavo sarebbe successo. Forse hai ragione. Ci vediamo all'università, sempre se non decidi di smettere," e poi le chiuse il telefono. Non riusciva a credere di aver fatto una cosa del genere, di aver chiuso i rapporti con l'unica persona che gli aveva fatto stare bene in quel periodo. Ma ormai era fatta, doveva andare avanti, soprattutto seguire Muriel, che dall'altro lato del corridoio lo chiamava per ricordargli degli allenamenti.---
Dopo aver chiuso quella chiamata, Sara si sentì le mani tremare. Qualsiasi cosa ci fosse tra loro, anche se solo una semplice amicizia, in quel momento era finita. Probabilmente non l'avrebbe nemmeno rivisto all'università; doveva semplicemente toglierlo dalla testa, non sarebbe stato così difficile, si ripeté. Non riusciva nemmeno a sentirsi arrabbiata; alla fine, cosa avevano condiviso? Qualche caffè al bar? Qualche lezione? L'aveva fatto conoscere a qualche giocatore, sì, e si era anche fatta odiare dalla sua fidanzata, ma più di questo non c'era nulla. Le dispiaceva solo per suo padre, perché non aveva fatto in tempo a farli incontrare, ma ormai era andata così.Era quasi passata l'ora di pranzo, quindi andò in cucina. Giulia era seduta sulla sedia, quasi accasciata sul tavolo. Non aveva una bella cera; probabilmente la sera prima aveva bevuto un po' troppo, e la puzza di alcol nei suoi capelli lo confermava. Sara immaginò che non avesse voglia di cucinare, ma era domenica e non potevano di certo accontentarsi di una piadina. Si mise immediatamente ai fornelli; forse sarebbe stata l'unica cosa a tirarla su da quello che era successo. Anche Giulia si era accorta che c'era qualcosa che non andava. Prima, il suo atteggiamento sarebbe risultato più che normale, ma da quando aveva conosciuto Matteo, era difficile che Sara uscisse dalla sua camera senza sorridere. Quel ragazzo aveva portato un po' di vita nelle sue giornate, ma ora capiva che, anche se erano calciatori, i ragazzi erano pur sempre ragazzi: ci mettevano poco a farti stare male. Non ci volle molto perché Giulia le chiedesse cosa fosse successo e, come lei, cominciasse a insultare Matteo per il semplice motivo di essere un uomo. Ma Giulia sollevò una domanda che Sara non si era ancora posta: perché? Non aveva riflettuto su quali potessero essere i motivi, se non Alessandra. Sicuramente Matteo si era reso conto che non valeva la pena litigare con la sua storica fidanzata per una ragazza conosciuta da poco all'università. Ma Giulia non era convinta; era sicura che ci fosse qualcosa di più. A Sara, sinceramente, non importava: l'unica cosa di cui era certa era che non l'avrebbe rivisto almeno per altri 15 giorni, se non in televisione. Non voleva vederlo, ma per colpa sua non avrebbe smesso di guardare le partite della sua squadra preferita.I giorni seguenti passarono veloci, tra una lezione e l'altra, un caffè al bar con Giulia e del tempo con il suo migliore amico. Finalmente riuscirono a ritagliarsi qualche giorno per loro, per una passeggiata lungo il Tevere come amavano fare. Sara raccontò al suo amico cosa fosse successo con Matteo e vide nei suoi occhi un pizzico di fastidio; sapeva che non voleva che lei ci rimanesse male, ma fortunatamente evitò di commentare. I ricordi riaffioravano ogni volta che beveva un caffè al bar, ogni volta che passava davanti al locale della festa o quando Simone e Giulia insistevano per salire al Gianicolo a "prendere un po' d'aria e godere della vista", come dicevano.
Ogni singola parola di Matteo, ogni gesto, tornavano a riviverle nella mente. Era stato difficile non mandargli un messaggio, un solo, singolo messaggio con scritto "Perché?", perché voleva sapere il motivo, d'altronde ne aveva diritto. Decise però che lo avrebbe fatto una volta rivisto, se mai l'avesse rivisto; voleva che lui le dicesse la verità e sapeva che guardandola negli occhi non avrebbe potuto mentirle.
Quel giorno, in realtà Sara nemmeno ci sarebbe voluta all'università. Le lezioni erano così noiose che temeva di addormentarsi sul banco. Aveva parlato con suo padre, che le aveva detto "è importante per il tuo futuro" e altre frasi simili. Le aveva anche chiesto quando le avrebbe fatto conoscere Pessina, come se fosse un animale domestico. Gli aveva promesso che l'avrebbe fatto a breve, probabilmente quando fosse tornato dalle trasferte, e l'aveva salutato.Ripensando a tutto, erano passati circa 10 giorni dall'ultima volta che avevano parlato e, per essere onesta, ogni mattina si svegliava controllando il telefono in attesa di un messaggio. Ogni mattina, ogni mattina tranne quella. Se non fosse stato per suo padre, quel giorno non avrebbe neanche pensato a Matteo.
Ma quando, seduta al suo solito posto al bar, qualcuno si sedette di fronte a lei, non poté fare a meno di ammettere a se stessa che la sua voce le era mancata tanto. Quando alzò la testa dal cellulare, pensò di sognare quando sentì queste parole: "Immagino che da quando non ci sono io, venire al bar sia più triste."
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We are young - Matteo Pessina
FanfictionMatteo, giovane calciatore , si trova a un crocevia tra il sogno di essere convocato per gli Europei e le complicazioni della sua vita personale. Mentre lotta per dimostrare il suo valore, il suo cuore è diviso tra Alessandra, la sua fidanzata, e Sa...