13 - Dalia

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-Leila

"No, assolutamente no", sento dire ad Atlas in lontananza, mentre mi stringo nel mantello dal tessuto caldo.

Cyra, come me, osserva lui e David discutere. Il cavallo fermo al mio fianco, di cui stringo le redini fra le dita, nitrisce quasi come fosse seccato tanto quanto me.

"Sa combattere", sta dicendo David, "e non posso lasciarla qui da sola".

Rivolgo un'occhiata fugace alla chioma ramata di Cyra, le cui ciocche uscite fuori dall'acconciatura vengono scompigliate dal vento freddo della mattina. Mi chiedo dove abbia imparato a combattere, se l'abbia fatto in segreto anche lei. Ho conosciuto sia il padre che il fratello il giorno delle nozze e quei due personificano alla perfezione lo stereotipo degli angeli con il quale tutti noi demoni siamo cresciuti. Non le avrebbero mai permesso di prendere in mano una spada.

"Perché farle rischiare la vita è molto meglio..."

"È una mia decisione e lei mi ha supplicato di venire".

"Non l'ho supplicato", borbotta Cyra più a sé stessa che a me, digrignando i denti.

"Io sono il re".

"E io sono suo marito".

Santa Dea, per quanto intendono continuare ancora?

"Avete finito?", li richiamo con un'alzata di occhi al cielo. "State solo perdendo tempo".

Entrambi si voltano verso di noi con le braccia conserte. Senza proferire parola, ma sbuffando, David si avvicina per montare sul suo cavallo e far poi salire sua moglie dietro di lui. Atlas fa lo stesso e, non appena cingo le braccia intorno al suo busto, fa partire al galoppo l'animale.

"Dove stiamo andando?"

"Vedrai quando saremo lì".

Nel giro di qualche ora, la pineta della foresta che circonda la capitale si trasforma nuovamente in stradine in pietra, piccole case in mattone, angeli che percorrono le strade indaffarate. Ci fermiamo quando giungiamo di fronte a un edificio a due piani piuttosto trasandato. Il muro di mattoni, un tempo di un bianco tendente al crema, ora in alcune zone è diventato quasi nero, probabilmente per la cenere del camino che vi si è depositata sopra negli anni. Le tende marroni sono chiuse, non lasciandoci vedere attraverso le finestre.

Nonostante sia solo ora di pranzo, la strada intorno a noi è quasi deserta.

Atlas mi aiuta a smontare da cavallo, per poi legarlo ad una apposita staccionata, così come ha fatto David.

"Cos'è questo posto?"

Il re ignora la mia domanda, impegnato a sistemarmi il mantello in modo che copra quasi del tutto il mio corpo. Non mi lamento; il mio abbigliamento deve sembrare piuttosto ridicolo, come anche quello di Cyra. Ho dovuto prendere in prestito degli abiti di Atlas per viaggiare comoda e i suoi pantaloni non mi sono ancora finiti intorno alle caviglie solo grazie alla cintura che li tiene stretti. Dopo di che Atlas mi solleva il cappuccio, mettendomelo sulla testa e facendomi così incurvare la fronte.

"Stammi vicina, d'accordo?"

Annuisco, confusa. David e Cyra attendono fuori, assicurandosi che nessun passante abbia la geniale idea di rubarci i cavalli. Quando Atlas apre il portone in legno, lo seguo all'interno dell'edificio. La porta si chiude e lo spiraglio di luce del sole che illuminava l'ingresso svanisce. Ora l'unica illuminazione è data da alcune lanterne appese alle pareti.

Vi sono vari tavoli sparsi per la stanza, ai quali sono seduti solo alcuni uomini che mangiano o bevono, o entrambe. Altri ancora sono radunati in gruppetti e giocano a carte. Le cameriere che portano i piatti o i boccali contenenti chissà quale bevanda non sono certo vestite secondo il decoro degli angeli. Le loro gonne di una sfumatura più chiara del pavimento di legno sono lunghe quasi fino ai piedi, lasciando scoperte solo le punte degli stivali, ma la scollatura sul seno è piuttosto abbondante rispetto a quanto credevo fosse permesso.

The Other Twin 2 || La Maledizione del CristalloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora