14 - Insieme siamo al sicuro

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-Atlas

"Beh, è accogliente", commenta Leila non appena restiamo da soli nella piccola stanza da letto. "Mi sento come se le pareti mi stessero abbracciando".

Essendo atta ad ospitare diversi clienti ogni notte, l'arredamento della camera non ha alcuna personalità in particolare. Vi è solo un letto al centro della stanza, due comodini in legno e uno scrittoio premuto contro la parete opposta al letto. Le tende sono marroni come quelle al piano di sotto, così come il copriletto.

Niente in confronto a ciò a cui è abituata Leila, che non ha mai dormito in un letto che non fosse quello del palazzo degli angeli o dei demoni. I prossimi giorni non le piaceranno affatto. In guerra ho dormito anche per terra, condividendo la stessa tenda con altri soldati, dunque posso dire di aver visto di peggio.

Sedendomi al bordo del letto, le prendo la mano e la faccio avvicinare a me, finché non finisce seduta a cavalcioni sulle mie gambe. Appoggiando le mani sulle mie spalle, Leila si guarda intorno ancora per un attimo prima di incontrare il mio sguardo.

"Sei stato altre volte qui?"

È una domanda innocente all'apparenza, ma che mi strappa un sorrisetto. "Un paio di volte, sì".

"Mhm...", Leila annuisce mentre le poso le mani sui fianchi, ma solo dopo averle tolto il mantello e averlo abbandonato dietro di me sul letto. "Anche dopo avermi conosciuta?"

"Dimmi cos'è che vuoi sapere e te lo dirò".

Mia moglie distoglie lo sguardo e al contempo le sue guance si colorano di rosso. Non dice nulla, ma mi sentirei in colpa a stuzzicarla ancora a lungo.

"Dalia è solo una vecchia amica", esordisco e sento immediatamente i suoi muscoli tesi rilassarsi sotto il mio tocco. "Ma siamo stati a letto insieme una volta, tanto tempo fa".

Era il sedicesimo compleanno di Alina. Dalia, facendo parte all'epoca di una famiglia nobile, era fra gli invitati al ballo che mio padre fece organizzare in onore di mia sorella quella sera. Io avevo bevuto un po' più di quanto potessi reggere, lei anche. Ci siamo incontrati nelle cucine deserte e, anche se lei non avrebbe dovuto essere lì da sola e io mi trovavo lì solo per cercare qualcosa che attenuasse l'effetto del vino, abbiamo iniziato a parlare. Insomma lei era lì ed io ero lì, eravamo due ragazzini in preda agli ormoni e l'alcool ci aveva resi più stupidi e irresponsabili. Non ricordo neanche bene come, ma nel giro di poco tempo le sue labbra erano sulle mie e io la stavo spogliando.

Quando mi sono svegliato la mattina seguente e ho realizzato che le mie azioni avrebbero pregiudicato il futuro di Dalia, mi sono recato a casa sua e le ho chiesto di sposarmi, non certo perché mi fossi invaghito di lei. Per dovere. Perché era la cosa giusta da fare. Dovevo prendermi la responsabilità delle mie azioni.

"No, non vi sposerò", questa è stata la sua risposta. "Non voglio diventare regina e poi, preferisco essere 'rovinata' che sposare qualcuno che non amo. Sono certa che un'altra donna sarà più che felice all'idea di diventare vostra moglie un giorno, ma non io".

"Non temete di essere ripudiata?"

"No, almeno sarei libera da tutte queste stupide regole. Ho bisogno di una sola cosa da parte vostra".

Quando le voci inevitabilmente iniziarono a circolare, Dalia perse tutti i pretendenti che le giravano intorno come avvoltoi e, come previsto, la famiglia l'allontanò per non 'macchiare il loro buon nome'. Così l'aiutai a fuggire dalla capitale e acquistai per lei questa locanda. L'essere vista come una mia amante -anche se non lo è davvero- le permette di usare il mio nome come protezione. In più, il fatto che ogni tanto, in passato, mi facessi vedere qui per assicurarmi che stesse bene alimentava ancora di più questa bugia.

The Other Twin 2 || La Maledizione del CristalloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora