MIKE

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Vorrei che tu trovassi la medicina giusta. 

Che trovassi il coraggio di fidarti, di vivere. 

Vorrei che tu, caro amico mio ti conceda il lusso di essere felice.

Martina G.


<Qui gatta ci cova> Attirai l'attenzione di Mia con fare malizioso.

<Dici?> Commentò, sapendo di mentire la biondina con fare indifferente.

Dai, era palese che anche lei aveva percepito qualcosa.

Ero sicuro al mille per mille che quei due la stavano combinando grossa. Lei era andata in bagno e lui casualmente si era dimenticato qualcosa in aula.

<Mike. Andiamo> Con passo spedito e, visibilmente incazzato nero Austin fece la sua comparizione.

Era tirato come un filo ad alta tensione, smuoveva le mani meccanicamente e il respiro era chiaro sintomo di agitazione e nervosismo.

Allungai lo sguardo dietro la sua figura imponente e tesa e notai Laura, pallida come un lenzuolo e con un andamento indeciso e assente.

Confermato. L'hanno combinata grossa.

<Austin calmati! Laura che succede?> Mia scattò sull'attenti.

Anche lei come me, conosceva bene il maschione che avevamo davanti e conosceva i chiari segnali che i suoi muscoli tesi urlavano.

I suoi occhioni cristallini puntarono prima il fratello, che, come sempre non la degnò di alcuna spiegazione poi sulla piccola mora dagli occhi spaventati.

<Mike muovi ti ho detto.> Era agitato, nervoso, continuava a saettare ordini severi.

Lo guardammo tutti sgomenti. Con fare scattoso si portò una sigaretta alla bocca e non curante del fatto che fosse in un luogo chiuso la accese inspirandone una bella boccata.

<Non si fuma in mensa> Squittì un'insegnante da lontano, aggiudicandosi un'occhiata furibonda dal diretto interessato che, senza degnarsi di spiaccicare una parola si avviò verso l'uscita.

Lo seguimmo tutti di corsa, Mia era vicina a Laura intenta a chiederle delucidazioni, Austin fremeva di rabbia. Consumò la sigaretta in mezzo secondo.

<Mi volete dire cos'è successo?> Puntai Laura che, diversamente dal solito era impietrita come una statua, guardai poi il mio che amico che, frenetico continuava a fare avanti e indietro mentre torturava la folta e spettinata chioma nera con la mano.

Mi avvicinai a lui, cercai di calmarlo, ma niente, sembrava preso da un raptus indomabile.

<Vieni con me o vado da solo. Decidi> Sbottò.

<Ti prego, vai con lui> Supplicò la sorella agitata per le indecifrabili intenzioni del fratello.

<Vai in macchina, arrivo subito>

A quel punto Invitai Austin a raggiungere la mia macchina, e, usando la stessa scusa che lui prima aveva rifilato a me, colsi l'occasione per avvicinarmi alle ragazze.

<Laura, per favore, dimmi cos'è successo. Devo saperlo, devo capire cosa ha in mente quel pazzo> Stavo quasi per pregarla.

Dovevo saperlo, dovevo anticipare le sue mosse. Non volevo dirlo, non erano affari miei, ma io ero a conoscenza di molte cose, tra cui, l'esistenza di una denuncia.

Anni fa, Austin era stato arrestato, non mi aveva mai spiegato niente, neanche un piccolo dettaglio, ma quella notte, ero stato io ad andare a pagargli la cauzione e a tirarlo fuori di li, limitando il danno ad una sola denuncia. In più, nel corso degli anni aveva rischiato altre denunce non per spaccio ma per aggressione, in quelle occasioni, per grazia divina ero riuscito a farle ritirare. Però ricordo bene le parole del comandante. Un'altra cavolata e butto la chiave.

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