LAURA

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Voglio addosso le tue mani, voglio vivere a colori.

Dimmi che quell'emozione ritornerà, ancora e ancora.

Alessandra Amoroso.



Mi allontanai un attimo dai miei amici, volevo vedere il mare, volevo vederlo da vicino.

Concentrai tutta l'attenzione sui suoi movimenti, lenti, beati. Ed il colore? aveva la notte tra le onde. La luna, ballava un lento sulla sua superficie.

Silenzio, ero persa nel silenzio più bello e calmo del mondo.

Caos, ero inciampata nel rumore più agitato del mondo.

Una scossa di adrenalina, mista ad agitazione, imbarazzo e confusione si impossessò di me, della mia capacità di ragionare, di muovermi, di pensare.

Il silenzio del mare venne rapito dal rombo di una moto. La sua moto. Urlava il suo nome. Era lui.

Mi guardai in giro, e dopo poco, forse per spirito di sopravvivenza mi ritrovai a tornare verso Mia.

<Tutto bene?> Mi chiese, scrutando ogni minimo dettaglio del mio volto.

<Stammi vicino per favore>

<Devi dirmi qualcosa?>

<Dovrei dirti tante cose, ma non ora andrei ancora più in agitazione>

<L'avete fatto vero?>

<Sì>

Confessai, cercando di tenere a bada le emozioni che quel pensiero continuava a farmi provare.

Presente le famose "farfalle nello stomaco?" oppure il famoso "vuoto alla stomaco"? Ecco, erano niente a confronto di ciò che sentivo solo nel sentirlo nominare.

<Lo sapevo>

Sbuffai arrendevole.

<Dai non ci pensare adesso devi solo divertirti>

Così, provai a calmarmi, a divertirmi insomma.

Mi accomodai su uno dei tronchi posizionati intorno al falò non curante che quel movimento mi avrebbe fatto alzare il bordo del vestito.

Accavallai le gambe, e ci cascai subito.

Diamine, si era seduto difronte a me, i suoi occhi, erano indomabili. Ci caddi subito dentro quella tempesta.

Lo osservai osservarmi, e le mie guance pizzicarono una volta giusta quella conclusione, non mi stava semplicemente osservando, mi stava scrutando, in ogni minimo dettaglio. Giuro che potevo sentire la serietà con la quale il suo sguardo passò dalla mia scollatura, ai miei fianchi e le mie gambe per poi incastonarsi nelle mie iridi.

E rimasi a boccheggiare inerme davanti a lui.

Non c'era più il falò, il mare, tutti i ragazzi intorno a me, c'erano quei due dannati occhi, c'era quel viso tirato, quella mascella squadrata, quelle labbra, c'era lui.

E poi c'ero io, incapace di guardare altrove.

E poi, mi disse qualcosa, con lo sguardo mi indicò il cellulare ed io capii subito.

Una notifica.

Non mi guardare. Non mi parlare. Stammi lontana.

Quel messaggio voleva dire tanto come niente, il modo in cui lo aveva scritto, così freddo e allo stesso modo carico di tensione, di paura mi aveva fatto irrigidire e anche innervosire sinceramente.

Puoi non guardarmi. Puoi non parlarmi. Puoi starmi lontano.

Risposi.

Non posso. È per questo che devi farlo tu.

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