Capitolo Dieci

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Ghali
"E se ti rifiuti?" aveva provato a dire. La risposta purtroppo la conosceva già: non esisteva il rifiuto con Alberto. Non era concepibile. L'aveva capito da piccolo al primo "no" che aveva osato pronunciare. Alberto aveva sogghignato e si era sfilato la cintura nera e spessa che portava in vita. Si era ricordato quel dolore nella schiena per mesi, imparando che allo "zio Alberto" i no non piacciono. "Scherzi vero?" rispose la voce di Alessandro, a confermare i suoi pensieri. "E che farai? Veramente lascerai che ce lo tirino dentro? Non possiamo fargli questo Ale, non centra nulla Marco in tutta questa manfrina" continuava senza freno. "Gha nemmeno io voglio tirarcelo dentro, è per questo che siamo a telefono. Ci deve essere una scappatoia, una via d'uscita, qualcosa". Sapeva perfettamente dove stava andando a parare: suo padre. "Te lo scordi Ale, non ci pensare nemmeno". Non voleva assolutamente rivederlo, non dopo aver visto sua madre piangerlo come se fosse morto e chiudersi in casa per la vergogna per mesi. "Io ho sposato un brav'uomo e quel brav'uomo è morto" gli aveva detto, accarezzando la testolina piena di capelli ebano di Ghali, le lacrime agli occhi. Crescendo si era portato dietro quel risentimento di madre, maturando un forte affetto e senso di protezione verso di lei. Tornare da suo padre valeva a dire farle un torto così grande che non sapeva nemmeno se l'avrebbe mai perdonato. "Non te lo sto chiedendo per farci un pic-nic Gha, te lo chiedo perchè è l'unico che può aiutarmi" continuava Alessandro, incurante dei mille pensieri di Ghali. Imprecò a bassa voce prima di accettare "E va bene diavolo, chiedo di vederlo. Ma nel frattempo devi reggergli il gioco e presentarglielo. La domanda di colloquio richiede tempo per essere approvata e non possiamo rischiare, non so quanto ci vorrà. Cerca di rallentare le cose e di non fargli capire che sei in contatto con me" concluse. Alessandro dall'altro capo del telefono mormorò un "si" smunto prima di riattaccare. Ghali si passò le mani sul viso e si stese sul letto: erano le sei e mezzo del mattino, poteva provare a dormire un pò. Poi avrebbe dovuto fare una telefonoata pesante, pesantissima.

Alessandro
Riattaccò di colpo, lanciando il telefono sul divano nell'ampio soggiorno. Si guardò attorno. A che diavolo serviva avere tutti quei soldi se poi era come un cagnolino addomesticato? Alberto chiamava ed il cagnolino Alessandro correva. Alberto ordinava ed il cagnolino Alessandro eseguiva. Aveva cercato di allontanarsene, aveva creduto di esserci riuscito ed invece si era solo illuso. Alberto non aveva avuto bisogno e lui si era convinto di averla scampata. Che idiota. Rilesse l'ultimo messaggio di Marco. Quanto avrebbe voluto parlarne davvero, confidarsi. Con Marco non avrebbe avuto difficoltà, lui era sempre comprensivo e lo avrebbe di certo supportato. Eppure non poteva, non doveva farsi scappare nemmeno una sillaba al riguardo. Doveva soltanto sperare che tutto andasse per il verso giusto e che Marco non lo scoprisse mai. Facile a dirsi vero?

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Spazio Autrice. Buona Pasqua a tutti! Perdonatemi se impiego tempo ad aggiornare, spero di poterlo fare più spesso e spero che la storia vi piaccia! <3

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