13. Ali d'acciaio

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Luglio 2018

Niki sparì dalla mia vita anche lui così come Cece, ma con meno gradualità. Anzi, fin troppo dall'oggi al domani.

Mi sembrò di perdere, insieme a loro, anche un pezzo di me stessa.

Per fortuna, mi era rimasto Riccardo.

Se n'erano andati tutti.

Anzi; avevo sacrificato tutti, proprio per non dover perdere lui. Forse, infatti, era lui l'unico per cui mi sarei davvero sentita morire se mi avesse detto addio per sempre.

Ma non potei fare a meno di chiedermi se non fosse semplicemente perché la routine con lui era più forte che con chiunque altro; che con Niki non avevo avuto il privilegio di costruirne altrettanta. E ciò mi spinse anche a chiedermi: se stavo così male ad averlo perso dopo così poco tempo da quando l'avevo conosciuto, chissà come mi avrebbe distrutta il perderlo dopo anni di frequentazione. Non ci sarebbe stata più alcuna differenza tra lui e Riccardo.

Ma era davvero solo abitudine? Oppure...

Riky aveva chiesto spiegazioni sul perché non frequentassi più Celeste ma, al mio costante rifiuto di parlarne, aveva rispettato il mio riserbo. Avrà pensato che fossero cose nostre, non poteva certo sospettare di essere proprio lui il motivo del nostro litigio.

La settimana successiva a quella del mio compleanno cadeva il giorno del nostro anniversario, il 18 luglio. Fece di tutto per farsi spostare sul volo per Tokyo, invece di quello diretto a Bangkok, e passò insieme a me ben cinque giorni ininterrotti. Un lusso!

La mattina di mercoledì mi viziò con un dolce buongiorno e un'abbondante colazione a letto, cornetto caldo e cappuccino all'italiana, un mazzo di camelie rosa e un cofanetto con una catenina placcata in oro bianco che custodiva il ciondolo di un piccolo aeroplano.

«Al mio angelo dalle ali d'acciaio» ripeté ad alta voce quanto recitava il biglietto con cui aveva accompagnato i regali.

Risi e gli passai un piccolo scrigno di velluto scuro a mia volta. Pensai che la profilazione di Google doveva averci inquadrato meglio di quanto avessimo mai potuto fare noi stessi: ci eravamo regalati la stessa cosa.

«Sei tu il mio pilota» sorrisi, allungandomi ad agganciare la catenina che avevo acquistato per lui attorno al suo bel collo muscoloso.

«Allora» ghignò lui soddisfatto, «lasciati guidare verso il posto perfetto per una principessa delle nuvole.»

Non credevo intendesse letteralmente.

Invece mi bendò e mi condusse con decisione in mezzo al pazzo caos di Tokyo per almeno un'ora, prima che riuscissi a farmi un'idea di dove fossimo diretti grazie agli annunci della fermata della metro e dell'ingresso alla venue di destinazione.

Ma, anche quando divenne ormai chiaro dove ci trovavamo, lui attese ancora prima di liberare la mia vista dal setoso impedimento.

Mi fece strada verso quello che immaginai essere un ascensore e, solo quando fummo in cima, mi permise di aprire gli occhi sulla vista dell'intero parco di Disneyland.

Rimasi interdetta per qualche istante, prima di rivolgergli un'occhiata interrogativa. «Credevo che non si potesse salire fin sopra alla torre del castello!»

Ero già stata lì tante altre volte in passato con Cece, ma mai mi era capitato di vedere qualcuno affacciato da così in alto.

Riccardo ammiccò con un occhiolino complice. «Infatti non sarebbe possibile... ma ho chiesto il favore alla fidanzata di un mio collega che lavora qui da anni.»

Ali d'acciaio e taiyaki di mezzanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora