Capitolo 10

186 13 8
                                    

Chiudo la porta di casa e mi accascio contro quest'ultima. 

Ho guidato per tutto il tragitto tremando, in preda a mille pensieri, dubbi e domande senza risposta.

E ancora adesso continuo ad essere agitata: il mio respiro è irregolare e la mia testa sta scoppiando.

Mi accovaccio per terra stanca e lascio uscire fuori tutte le emozioni che stavo reprimendo dentro di me.

Sono una persona che non dimostra i propri sentimenti, che siano belli o brutti.

Tutti rimangono dentro di me, nel profondo e li schiaccio così forte che avvolte fanno fatica ad uscire.

Quando piango mi concedo di 'esplodere' e di far uscire tutto ciò che ho dentro.

Così me lo concedo, concedo alle mie lacrime di scorrere ricordandomi che anche io sono umana, che, anche se non voglio, io provo delle emozioni.

Concedo a tutto lo schifo che mi riempie la testa di uscire. Finalmente mi concedo un po' di serenità.


Dopo più di un'ora decido di alzarmi.

Se mia mamma mi avrebbe visto così sicuramente mi avrebbe cucinato la sua torta di mele e mi avrebbe obbligato a fare un po' di giardinaggio.

"Le piante ti capiscono, fidati, se tu fai stare bene loro con un po' d'acqua, loro faranno stare bene te" mi ripeteva ogni volta, anche se l'unica cosa che mi tirava davvero su il morale era semplicemente la sua presenza.

Adesso però sono sola, quindi ricorro all'unico metodo che conosco: mi asciugo le lacrime e accendo la mia cassa bluetooth.

La collego al mio IPhone e faccio partire la mia playlist con all'interno le mie canzoni preferite di The WeeKnd.

Oltre la moto, la musica era l'unica cura che conoscevo, la soluzione a tutto.

Sono arrabbiata? Ascolto la musica. Sono triste? Ascolto la musica. Confusa? Musica. Nostalgica? Musica.

È inspiegabile la sensazione che provo quando una canzone (ovviamente del mio grande amore The WeeKnd) parte.

È come se improvvisamente non fossi sulla terra ma in un altro mondo fatto di me e la musica.

Riusciva a farmi ragionare, a farmi dimenticare tutto e a farmi stare bene.

Molte persone per questo vanno da uno psicologo ma d'altronde: se hai una buona playlist e una moto, a cosa ti serve un terapista?

Così, stesa sul divano, con la cassa affianco a me, mi lascio cullare dalla voce angelica del mio cantante preferito, che riesce a farmi cadere in un sonno profondo nonostante la luce che invade prepotentemente la stanza.

Happily ever after? Il mio lietofineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora