CAPITOLO 4 - Le turbolenze

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- "Ahe... ahe! - si disse Don Livio, che ragionava coi suoi commensali. - ci dovrà pur essere un motivo!"

- Di che, cosa?" - chiese un giovane ragazzo, che essendo povero trovò riparo tra le mura dell'antico convento.

- "Io non potevo morire così...senza Dio, dovrebbe pur esserci un motivo." - ribadì il vecchio.

- "Hai dimenticato una cosa notevole." - disse un altro giovine, interrompendo il ragazzo che domandò prima, rivolgendo a Don Livio le parole: di che, cosa?

- "Che cosa, io non dimentico mai nulla!" - esclamò il vecchio prete, che cominciava ad essere un po' ansioso, non solo a trovare vergogna in qualcosa che vergogna non è; tant'è che il prete, iniziando a trovare tutto il peso sulle sue spalle, come se su di esse venissero posti dei possenti macigni, ritornò silenzioso, chiuso, solo al mondo.

Una mattina, quando la luce del sole emergente illuminava la facciata ed anche l'interno della chiesa, il Don Livio camminava tra i massicci scanni che taluni dominavano nella navata centrale, rivolti a ovest, opponendosi alla luce proveniente invece (come detto anche prima) da est. V'erano anche altri scanni: alcuni, che s'andavano mettendo in delle piccole cappelle, ove v'era posta in ognuna la statua d'un santo. Quel giorno Don Livio respirava un'aria di piena serenità, come se non avesse mai avuto problemi prima d'ora; aveva però il bisogno di dir qualcosa alla monaca con cui aveva parlato l'ultima volta poiché, ragionando di più su quel che lei gli aveva detto, voleva togliersi una curiosità che non lo lasciò dormire sereno. Ma, come detto prima, quella mattina era migliore, se non la migliore della sua vita, come se quel che non lo lasciava dormire, divenisse ben presto il contrario. Mentre la mente di Don Livio se la spassava con la positività del momento, non ebbe nemmeno il tempo d'andare dalla monaca, che subito vide dinanzi a sé un bambino; se ne stava silenzioso con le braccia conserte.

- "Perché sei qua?" - domandò il vecchio prete, ma nel mentre il bimbo si voltò di spalle a Don Livio, poi andò camminando sino ad una parete portante del convento, la passò attraversandola. Non appena accaduto tale fatto, un doloroso mal di testa devastò il vecchio prete, tant'è che si buttò a terra, gridando insistentemente tutto quello che gli passava per la zucca. La monaca, sentendolo piangere, nonché persino gridare, accorse sino al matroneo dicendogli: - "Oh, mio Dio, cos'è che le dà tanto dispiacere? Ma che dice, non la capisco... chiama la mamma... no... la nonna; o santo cielo, io non la capisco!

Oh, cielo, non muoia!"

Ma Don Livio, che nel mentre seguì attentamente quel che disse la vecchia monachella tra mille pensieri, tra mille paure, diceva tremendamente: - "Ho mal di testa, venga, crepo!"

La monaca giunse da lui, quando il doloroso mal di testa terminò improvvisamente; Don Livio tentò dunque di rialzarsi, ma non ci riusciva.

- "Mi aiuti... mi aiuti."- disse il vecchio prete col cuore che gli batteva a mille, rosso come un pomodoro.

Ma anche la monaca, che nel frattempo era scesa da matroneo, provò in tutti i modi di metterlo in piedi, cadde anche lei, che nemmeno una gru poteva rialzarli.

Rimasero parlandosi tutto il giorno, sino a che un'altra monachella, assai giovane, andando camminando nel matroneo, li vide.

- "Oh, signore. Oramai capisco da dove provenivano quelle grida! Avevo così tanta paura che per poco andavo in Paradiso se il Signore me lo concedesse. Ho dormito abbracciando un'antica crocetta, era dei miei bisnonni."

- "Aiutaci, mio Dio!" - gridava la monaca con le chiappe sul pavimento marmoreo.

- "Che faticaccia! Che faticaccia!" - esclamavano le monache ch'accorsero a sollevare i malcapitati.

DON ZUNINO LIVIONCELLOWhere stories live. Discover now