CAPITOLO 8 - Donato e i mendicanti

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Secondo le dichiarazioni d'alcune delle sue sorelle, in specie le più grandi, Don Livio stese dai cinquanta, se non ai cento racconti per bambini, ma non ne rimane nessuno; bruciò tutto, ogni cosa. Ma il motivo preciso non si è mai saputo. Ne resta solo una di storia, ritrovata tra i vecchi appunti di Livio, che teneva nascosti in angolo buio e desolato di casa sua. Solitamente, anche in anzianità, il buon don Livio lavorava nel suo studio conciliando, alle volte, i suoi studi colla sua immaginazione, dedicandosi nella giusta ispirazione, a scribacchiare qualche raccontino a casaccio su d'una sua vecchia agenda. Dopo la simpatica sepoltura del vecchio prete Don Livio, un nome di già conosciuto sostituì la leggenda di paese del Zunino, Don Donato. Il buon Donato brillante allievo del prete di cui precedentemente si è raccontato, soleva di frequenza passar le giornate o coi mendicanti, o con gli orfanelli. Si traduceva come un uomo gentile e calmo, anch'egli di fede come il Livioncello, di tono delicato e (qui un carattere distintivo completamente positivo) pignolo. Si potrebbe riflettere, almeno secondo le dichiarazioni date sin ad ora, che anche Don Donato, pressappoco rivedendosi in Zunino Livio, potesse aver il successo della gloria eterna a contatto con Dio. Ma, all'apparenza complesso e di poco senso, capitava che Donato si reputasse dotato di potente intelligenza.

Ma la gravità della situazione non nasceva in questo modo, giacché capitava che lo dicesse con decisione senza alcun segno di ripensamento, ad alta voce.

Inizialmente, l'Edino non ebbe alcuna funzione determinante nel romanzo (che qui è quasi concluso), ma lo si vedrà spessissimo nella rimanente parte della storia che racconteremo. La mattinata luminava il pendio d'uno degli otto colli (ammessi nel capitolo risalente alla descrizione del vecchio convento, edificio governato dal Zunino Livioncello), quando avanti ad una della viuzze che conducevano al paese, sedeva Edino, che di spalle al sole cocente, ammirava il mondo in tutta la sua maestosità ed eleganza. Don Donato nel mentre, s'inclinò dalla finestrella del convento, anch'egli dedito a veder chi vi passasse, quando vide il bambino (di sedici anni) immobilizzato, come ipnotizzato dalla bellezza, nonché della grandezza, che gli stava davanti.

– "Ragazzotto ammaliato! – gridò Don Donato.

– Venga... che abbiamo nuove visite."

Ma Edino non si smosse d'un centimetro, ed il prete clamò: - "Edinooo! Abbiamo nuove visite, vieni... e stai pronto!"

Il giovinotto Edino camminò dal giovane prete, e non appena lo vide a pochi passi da lui gli domandò: - "Chi sono queste nuove visite di cui ha parlato?"

– "M'hanno avvisato... dei mendicanti giungeranno qui a breve." A quel punto Edino, al settimo cielo, sgattaiolò fuori dalla stanza di Don Donato, e camminando nei corridoi del matroneo. andò a passo svelto nello studio del trapassato Don Zunino Livioncello, frugando negli scaffali colmi di libri d'ogni tipo.

Edino ne passò di tempo con quel cristiano, e conosceva della sua innata passione dello scriver novelle di insegnamento. Spostando le sudate carte egli vide un libro gigantesco, d'oltre mille pagine.

Il volere dell'appena sedicenne Edino si basava nella lettura del romanzo medioevale ai futuri abitanti di paese: i mendicanti provenienti da mondi ignoti, dimenticati.

– "Ah! – si disse il giovane. – Non sapevo che la fiabetta romanzata fosse stata scritta dal buon Don Zunino Livioncello! Adesso lo dico a Don Donato..."

(...)

– "Uh! Non ho mai visto una fiaba d'una tale... dimensione!"

– "Sai che intrattenimento!" – ridacchiò Edino.

Giunto il tempo della venuta dei mendicanti, Edino attendeva impaziente i due. Da quanto s'era capito i mendicanti eran ben due ognuno dei quali racconterà la sua storia, esponendo al meglio le sue idee ed opinioni. L'Edino, stanco e non capace ti tener gli occhietti aperti, stava andando a rannicchiarsi nel suo letticciolo, e quando a malapena sonnecchiava, udì d'altra parte il buon Don Donato in un dialogo con qualcuno. Il giovane sedicenne, ammaliato dal linguaggio del tizio di cui non conosceva il cognome, s'accinse ad origliare dalle scalinate quando, una volta che si decise di approfondir la situazione mostrandosi ai loro occhi, Don Donato esclamò: - "Edino... Edino! Vi son le nuove visite di cui ti ho parlato... vieni!"

DON ZUNINO LIVIONCELLOWhere stories live. Discover now