CAPITOLO 10 - Come in cerca di fortune

7 1 0
                                    

Per monte dei due fiumi i vecchi del paesello di Pietralta indicavano quel lembo di terreno piccolo e insignificante delineato da due lunghi fiumi: il Rigamonti ad est e il lunghissimo Divisorio ad ovest.

Il Rigamonti era un fiume che nasceva dalla montagna vicina non molto lontana dalla costa alta e rocciosa, da cui il nome del paese di Pietralta, perché sorgeva su d'una altura comunicante con la costa, da rendere l'agglomerato di case difensivamente potente.

Infatti nella montagna v'erano tante piccole stradette sotterranee, che gli abitanti del paese conoscevano a menadito.

Ciò significava che qualvolta qualcheduno sapesse del paesello e dei suoi insignificanti segreti poteva accedervi facilmente.

Qualvolta lo straniero volesse appunto accedervi doveva esser accompagnato da qualcuno suo conoscente.

Nel caso taluni avessero preparato un'imboscata per provar a metter fuoco e fiamme e per trovar qualcosa di cui non si sa veramente la propria esistenza, il paesello predisponeva oltre rupi alquanto alte e spigolose una possente cinta muraria che non permetteva che qualche stralunato vi potesse casualmente irrompere.

Tuttavia il paesello aveva una rilevantissima carenza, ossia la complicazione di coltivare e di produrre cibo abbondante o avanzante per tutti i suoi abitanti.

Molto spesso difatti v'era tale problematica che si dovette anzitutto ricorrere a delle frequenti importazioni di cibo e successivamente eseguire un minuzioso lavoro artificiale per coltivare quei pochi spazi di terra non troppo fertili ma nemmeno del tutto inutili.

Ma come mai fino ad ora ci siamo tanto dilungati nella descrizione di Pietralta e perché abbiamo fatto anche riferimento a un qualcosa di cui non si conosce l'esistenza?

La persone che abitavano nel paese di Pietralta ritenevano di custodire in una delle grandi grotte presenti ai piedi un tesoro consistente in monete d'oro zecchino e altri antichi manufatti risalenti a non so quale epoca.

Per questo solevano essere tanto arroganti i cittadini di quel paese.

Eppure qualcosa si nascondeva.

Neanche gli stessi cittadini sapevano dove potesse essere il tesoro, ma erano ad ogni modo convinti chi vi fosse veramente. Questi erano anche aggressivi o semmai scortesi con il prossimo.

Le difese non servirono a nulla quando un'abitante di paese prese di nascosto, una volta trovato il tesoro, tali ricchezze allontanandosi in cerca di nuove fortune.

Tra i tanti cittadini del paese ve n'era uno chiamato Vittorio Aquitani detto d'Oltremare.

Ma se per Vittorio la vita non era che una squallida insignificante presa di posizione, la situazione peggiorò, ancora di più, quando seppe d'esser stato accusato.

Ebbene, miei seguaci, la madre innanzi quieta e calma diventò di seguito la peggior pestilenza, il peggior nemico del nostro carissimo Vittorio Aquitani.

Infatti appena la madre capì che il tesoro ch'aveva reso famoso il paesello di Pietralta fosse stato rubato, scatenò una volta per tutte i lamenti dei suoi compaesani accusando in primo luogo suo figlio.

Voi che m'ascoltate avete saputo sin dai primissimi passi che qualcheduno avesse insolitamente rubacchiato il famosissimo tesoro tenuto nascosto per generazioni e generazioni. Ma il bello è un altro!

Se tutti i bighelloni se la presero con il giovane d'Oltremare udite, la madre del nostro giovane Vittorio se n'andò via con l'amante e vi dirò di più, con colui che rubò il tesoro.

L'Aquitani si ritrovò dunque in una situazione catastrofica, all'apparenza impossibile da superare.

Eppure d'Oltremare era dotato d'una intelligenza sopraffina se non di più.

V'è una cosa importante di cui non ho parlato prima, ma m'appresterò a farlo ora.

Vittorio era un ragazzo, in poche parole, coi suoi punti di forza e le sue debolezze, di sedici anni. Ritengo sia fondamentale rimarcare tale concetto perché, a primo sguardo, il giovane pareva un anziano. E vi dirò di più, più che anziano, un vecchio solitario e di poco senno!

Pareva il contrario, o l'esatto opposto, in due parole.

Ci tengo a proseguire nella mia narrazione, soffermandomi nel prosieguo proprio sui suoi punti di forza come sulle sue determinanti debolezze.

In quei giorni al giovane venne stravolta la quotidianità per vari motivi.

In primo luogo per le continue pressioni attuate sia dai vecchi che dai giovani di quel paese, famoso per il suo tesoro. In secondo luogo poiché si ritrovò in un contesto diverso dalla sua abituale situazione.

Mi spiego meglio, se in un primo momento egli soleva starsene da solo ogni giorno, ora doveva prima liberarsi delle continue, schiaccianti accuse impostegli dai suoi compaesani.

Un giorno, o meglio dire all'imbrunire di un giorno nel quale il nostro dové nascondersi e resistere alle suddette prevaricazioni, egli scappò via chiedendosi innanzi dove potesse essere la madre, che non vedeva di già da molto tempo. Si preparò, al contempo, vestendosi invernale portando con sé un pugnale nel caso dovesse difendersi dalle ingiurie o almeno far finta di farlo.

Sì, miei seguaci, l'Aquitani non era affatto crudele anche se alle volte pareva il contrario, in specie nei periodi peggiori della sua vita nei quali, sentendosi giù di morale, pareva più di un pazzo senza senno! Si noti che il Vittorio, pur essendo l'asociale della situazione, era anche il più aperto ad accuse e ingiurie, oltretutto false e ingiuste.

Nel mentre Vittorio partì, portando con sé talcosa in un sacco, l'acqua nella bisaccia il sopraindicato pugnale e un bastone di legno per tenere da lui lontani i cani lungo il suo viaggio.

Costui ebbe la fortuna di non essere visto da nessuno perché quegli stolti si stavano allora preparando per prenderlo e riempirlo di pugni e brucialo non appena pronto il falò di paese.

Ma non appena i veri nulla facenti arrivarono s'accorsero di rincorrere il nulla dopo ore ed ore, comprendendo anche che il d'Oltremare fosse oramai scappato.

Nel mentre Vittorio s'accucciò sotto un albero di mele udendo in lontananza le strilla delle vipere dalla lingua biforcuta di quell'orrendo, fascinoso paese.

– "E ora dove vado?" – domandò tra sé.

Proprio in quel momento vide passare un pastorello, un po' più vecchio di lui forse di venti anni, che dopo averlo salutato gli chiese dove stesse andando.

– "Che vai facendo, mio compare?" – chiese il buon pastore, tremante dal freddo, scalzo e per lo più con problemi di sordità.

– "Nulla, mi ritrovo in vesti da pellegrino perché scappo da quel paese di mezzi pazzi!"

– "Vorresti dire il paesello invalicabile?

E come sei scappato?" – s'apprestò a dire stupido e curioso.

– "Lascia stare meglio che non ci pensi, tu che vai facendo?" – domandò l'Aquitani.

– "Me ne sto portando le pecore al pascolo." – disse incominciando a tremare dal freddo.

E Vittorio Aquitani lo notò, che prendendo la coperta di lana nel suo sacco, gliela diede e il pastore fu molto felice.

– "Mille grazie, venga con me!" – disse il pastore.

E i due partirono come in cerca di nuove fortune.

DON ZUNINO LIVIONCELLOWhere stories live. Discover now